Capitolo diciotto (5 di 5)

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«L'anello fu il dono amorevole di una madre al figlio» le rivelò. «La tradizione era questa, niente di più, oltre alla leggenda. L'anello è donato ai figli, in ricordo, per essere il simbolo dell'amore con cui si è stati concepiti dai propri genitori».

Poi chinò il capo e le baciò prima una mano, poi l'altra.

«Non importa se ora deve tornare al re legittimo, perché tu sei figlia di tua madre e lei lo ha donato a te prima di morire» proseguì con passione. «Non la ringrazierò mai abbastanza per averti permesso di vivere. Mai abbastanza. Perché tu mi hai salvato il giorno stesso in cui siamo scampati da quella tempesta e ho capito che mi stavi a cuore, più di quanto avrei voluto ammettere con me stesso dall'inizio».

Le parve di perdere ogni parola e ogni pensiero. Era tutto vero. Non poteva esserci altro...

Fece per dire qualcosa, ma era talmente ammutolita da non trovare una risposta adatta.

«Ti amo ed è per questo che lascio l'anello a te» aggiunse Harun. «Perché sei l'altra del mio cuore e della mia anima. Sei la mia alba d'Oriente, di perla, che risplende all'orizzonte e ha portato una nuova luce nel mio mondo fatto di violenza, di cicatrici e di notti senza luna né stelle».

Zara non riuscì a credere a ciò che udì. Harun la amava. Desiderava tanto che quella dichiarazione fosse vera, ma la realtà era solita sbatterla in faccia ogni fatto nudo e crudo per com'era. Quindi cercò di scostarsi, ma lui le impedì di spostarsi.

«Tu...» gracchiò.

Con un singulto si interruppe, allorché vide un sorriso soddisfatto comparire sulla bocca del re.

«Oh, Zara, è stato così difficile prendere quella decisione allora, di tenerti qui contro la tua volontà e per questo mi sentivo in colpa» le confessò. «Andai contro tutto e tutti all'epoca...».

In silenzio, lei studiò quell'espressione appagata, la luce intesa di quegli occhi scuri e comprese.

«E perché eri così distaccato in questi ultimi giorni?» gli chiese con una grande pena nel cuore.

«Perché ti avevo causato solo altro dolore» rispose. «Vederti in quello stato è stato come vivere un incubo a occhi aperti».

E quella fu la replica che lei cercava e quella consapevolezza la privò del fiato mentre una sottile speranza cominciò a colmarle il cuore.

«Ne hai passate troppe» aggiunse Harun, il tono leggermente più basso. «Credevo che fossi stufa e avessi raggiunto il limite della sopportazione...».

Senza nemmeno pensarci, Zara liberò le mani dalla sua presa e gli accarezzò il viso.

«Meglio così» gli sussurrò a fior di labbra. «Perché non ho intenzione di lasciarti, non m'importa cosa diranno o penseranno gli altri».

Si guardarono per un breve attimo. E disse quelle due parole che non aveva mai rivolto a nessuno, tranne che a Harun.

A quel punto lui la prese tra le braccia e la baciò.

Il tempo parve fermarsi, rallentare il suo incedere crudele, mentre trovarono conforto nelle braccia dell'altro: finalmente erano una cosa sola.

«La tua spalla...» mormorò Harun, ora preoccupato.

«Sto bene» rise lei. «E il tuo braccio?».

«Una quisquilia» minimizzò lui con un sorrisetto. «In questo momento, mi sento in grado di sollevare il mondo come Atlante».

«Perciò puoi aiutarmi ad affrontare quella folla lì fuori» affermò con rinnovata preoccupazione. «Da quello che sta accadendo, le mie origini non godono di una bella popolarità al momento...».

«Non preoccuparti, hayati» la rincuorò. «Il paese ti adora, al di là di chi sei veramente e in quale religione credi».

«Dici sul serio?» sussurrò lei, speranzosa.

«Be', in fondo, hanno compreso tutti il mio amore per te» aggiunse Harun divertito. «Il fatto che Farik – lui sempre il primo a parlare e organizzare conferenze stampa – non abbia mai voluto confermare il pettegolezzo di palazzo è servito a confermare i sospetti di tutti».

Lei sorrise, certa che il vecchio consigliere avrebbe dovuto affrontare l'irritazione del re dopo la sua uscita pubblica alla conferenza stampa.

«E anche Dunab lo aveva colto» le svelò Harun, portandosi la mano in cui indossava l'anello e baciandole le dita con estrema dolcezza. «Molto prima di me...».

«Prego?» ribatté lei, battendo le palpebre per ben due volte.

«Quel jinn travestito di Dunab ha fatto tutto da solo» sbuffò con divertimento. «Non gli ho chiesto nulla e non avrebbe mai osato disubbidire a un ordine se non avesse notato come fossi rimasto colpito da te quando ti ho trovato in quella casupola nel deserto».

«Dovremo ringraziarlo, allora» suggerì ridacchiando.

Lui rise, per poi diventare serio.

«Non esistevano più l'amore, la speranza e la tenerezza nel mio mondo» replicò, baciandole la fronte. «Se ho preso la decisione di perdonare è grazie a te...».

Zara sorrise. Infine si protese per baciarlo ancora.

Più tardi si mostrarono in pubblico e la folla accorsa poté constatare senza ombra di dubbio che il re aveva trovato l'incastro perfetto per la sua anima. E, anche se incredibile, era una donna che aveva seguito le orme di Sherazade, dimostrando ancora una volta che l'amore e il perdono non erano un miraggio, bensì una realtà. E soprattutto una scelta. 

* *


Alba di Perla [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora