Capitolo sei (9 di 9)

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La rena rossa aveva assunto un colore quasi violaceo alla luce della luna.

Il sultano di Shahiba, Agib, strisciò lungo una delle dune e, non appena fece capolino, strinse le palpebre concentrandosi sul suo obiettivo.

Le due sentinelle di guardia all'ingresso se ne stavano immobili in una guardiola improvvisata, cercando di riscaldarsi dal gelo notturno con il calore del fuoco che guizzava sotto lo sferzare potente del vento. Altre guardie controllavano la piccola costruzione nel deserto, distante circa dieci chilometri dalla capitale del regno, i resti di un castello cui all'interno si intravvedeva il guizzo di qualche lampada.

Agib doveva riconoscerlo, il re aveva organizzato un bel piano congeniato: quell'edificio si trovava nel nulla e spesso i turisti lo intravedevano durante le carovane organizzate dalle agenzie turistiche, credendo fossero solo un po' di ruderi in basalto.

Nessuno pareva sospettare che, poco dietro l'angolo, un'ala integra di quella struttura fosse adibita alla temporanea reclusione di terroristi e criminali di guerra.

Il sultano Agib aveva scoperto quel luogo soltanto perché era riuscito a dedurre l'identità di uno degli uomini che pagavano i soldati all'interno della costruzione e lo aveva seguito, anche grazie all'uso di un segnale telefonico. Da quel momento, aveva adoperato la tecnologia e li avevano individuati. Adesso, tuttavia, il tempo stava per scadere: avrebbe dovuto agire in fretta, prima che arrivassero le guardie reali da Amonn e prelevassero il prigioniero, portandolo via con sé.

La posta in gioco era alta e, per riuscire a realizzare il piano che aveva in mente, necessitava di quell'uomo al suo fianco, Ghaleb al-Zu'bi.

Agib era riuscito a insinuarsi nella corazza creata dal giovane e ottenere informazioni su Karim al-Rashid, ultimo e unico discendente della tribù più potente e antica del paese: se fosse rimasto ucciso, gli anziani del clan avrebbero addossato la colpa al sovrano provocando una profonda crisi politica.

Era pur vero che il regno della Palestina Orientale era una monarchia costituzionale, ma le tribù erano ancora importanti e ogni persona del reame era in parte di origine beduina e andava persino orgogliosa di manifestarlo con chiunque.

Malgrado ciò, avvicinando il giovane Ghaleb attraverso un forum, Agib lo aveva spinto a condurre i suoi cosiddetti amici infedeli tra le sue braccia e poi ucciderli; tuttavia, Karim era stato in grado di fermarlo: il ragazzino si era dimostrato scaltro, una vera volpe del deserto, dimostrandogli che il bambino che aveva avuto timore del sangue potesse sopravvivere.

E così Ghaleb aveva fallito. Ciononostante, Agib era pronto a salvarlo, convinto che la sua mano guidata dal volere supremo di Allah: lui non voleva altro che quel giovane portasse il compito affidatogli a compimento e le sue doti di provetto hacker gli sarebbero sempre tornate utilissime in futuro, nella loro guerra contro gli infedeli e gli impuri come la ragazza con l'anello.

Le sentinelle all'esterno della costruzione sonnecchiavano.

Il sultano fece cenno al suo secondo, Massud, il quale trasmise l'ordine a Yamed, con il compito di seppellire un esplosivo a est della struttura. Gli altri combattenti fecero partire i proiettili avvelenati allo stesso tempo, abbattendo le guardie.

A quel punto, lui scattò in piedi. In capo a pochi secondi, correva sopra i corpi febbricitanti dei nemici per salire i gradini che conducevano all'ingresso. In un solo istante, gli altri lo raggiunsero. Al contempo si scambiarono un cenno del capo: erano pronti ad affrontare qualunque sorpresa si sarebbe presentata mentre lui si sarebbe occupato di Ghaleb.

Con un calcio il sultano spinse la porta che si spalancò con uno cigolio sinistro, e gli bastò un'occhiata per comprendere che il ragazzo non fosse lì. Doveva essere in un'altra stanza, dedusse, alla fine.

Veloce, il fucile di precisione stretto nelle mani, si fiondò all'altra porta e la socchiuse: un ragazzo si volse a guardarlo, con un accenno di peluria sul volto e indosso una tuta da carcerato.

I loro occhi s'incatenarono per un istante che parve quasi infinito.

Al sultano Agib bastò poco per capire che quello fosse un bagno e il giovane non avesse alcun bisogno di utilizzarlo. Stava cercando di tentare la fuga: era riuscito a socchiudere la piccola finestra in alto, nonostante le mani fossero legate da manette di puro acciaio.

Forse non sapeva che non vi fossero luoghi in cui fuggire, ma era certo che sarebbe scappato lo stesso. Da ciò che scorse nei suoi occhi, ormai non più quelli di un adolescente, il sultano comprese che fosse un uomo pieno di risorse, impavido, che avrebbe preferito farsi sparare alla schiena nel tentativo di dare il suo contributo attivo alla Jihad.

In tal modo, Agib si slanciò in avanti e lo afferrò per un braccio.

Ghaleb boccheggiò: «Voi...».

«Hai combattuto valorosamente» gli disse. «Vieni con me».

Un fremito di soddisfazione gli corse lungo il corpo quando gli occhi del ragazzo si incatenarono ancora ai suoi, quasi gli parve di rivedere il volto di una persona del suo passato, ma si scosse di dosso quel disorientamento. Quello non era il momento di distrarsi.

Il suono improvviso di spari squarciò la notte, bloccandolo per una frazione di secondo. Dovevano essere arrivati i soccorsi, dedusse mentre trascinava Ghaleb con lui.

Agib avrebbe voluto accorrere in aiuto dei suoi guerrieri, ma non poteva farlo, tutti loro si erano uniti alla missione con la consapevolezza di quale sarebbe stato l'obiettivo.

Con un gesto repentino estrasse una chiave dalla cinta dei pantaloni, recuperate sempre grazie al suo contatto, e gli sfilò le manette dai polsi, per poi aiutare Ghaleb a sollevarsi verso la finestrella del bagno.

L'attimo successivo erano fuori.

«Seguimi» gli ordinò.

Iniziarono a correre.

Augurandosi che gli altri uomini non fossero più nel raggio di cento metri, il sultano recuperò il dispositivo dalle tasche del gilet, anche se sapeva che non aveva la certezza di raggiungere il luogo in cui aveva nascosto i cavalli.

Per il momento, rifletté, premendo il pulsante centrale, doveva concentrarsi sull'incolumità di Ghaleb e la realizzazione ultima di tutti i suoi obiettivi.

Poi la bomba esplose con un potente boato alle loro spalle. 

* * 

Alba di Perla [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora