27. È fatto così.

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Mi accarezzò delicatamente i capelli, mentre un'altra lacrima rigava il mio volto pallido e stanco.
Mi stringeva a sé mentre singhiozzavo avvolgendo la maglietta tra le dita tremolanti.
Cameron mi baciò la fronte, poi si alzò dal divano e mi porse un tovagliolo che afferrai dopo poco.
Si inginocchiò davanti al mio viso ed accennò un sorriso, raccogliendo con il pollice una lacrima sfuggita al mio controllo.

«Ti va se andiamo a prendere un po' d'aria in giardino?» sussurrò porgendomi la mano, che strinsi volentieri senza però smettere di piangere.
Quella mattina scappai a casa di Cameron senza preavviso, presi un autobus e bussai davanti la sua porta.
Sapevo che sarebbe stata l'unica persona in grado di aiutarmi, ma non appena aprii bocca per dire qualcosa scoppiai in lacrime.

Quando arrivammo in giardino, ci sedemmo su una vecchia altalena che usavamo sempre da bambini, poi Cameron mi porse una bottiglietta d'acqua.
«Te la senti di spiegarmi cos'è successo?» chiese delicatamente, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Cameron era la persona più buona e gentile che conoscessi, non avrebbe fatto del male neanche a una mosca.
Sapeva come aiutarmi, qualsiasi fosse il problema. Era come un fratello maggiore per me.

«È...Noah» mormorai con voce flebile, stringendo tra le mani la bottiglietta.
Era colpa di Noah se stavo in quel modo.
Era colpa sua se non riuscivo a smettere di piangere da giorni.

Cameron attese che ripresi a parlare, senza mai distogliere lo sguardo dal mio.
Apprezzavo davvero il fatto che mi ascoltasse senza interrompermi, era una qualità che ben pochi possedevano.

«Tre giorni fa è stato il nostro primo mese insieme, sai quanto io ci tenga» mi sentii una bambina in cerca di affetto in quel momento e probabilmente era così.
«Mi ha scritto una lettera, è bellissima Cam» sussurrai ripensando alle parole che Noah aveva inciso su quel foglio.
«Ma ora non sono più tanto sicura di quello che aveva scritto» deglutii sentendo gli occhi pizzicare.
«Aveva detto che era certo che avremmo passato molti altri mesi insieme, ma...» mi interruppi. Non sapevo più cosa dire, come continuare.
Un nodo in gola impedì a quelle parole di lasciare la mia bocca.

«Ma?» l'espressione di Cameron si rabbuiò e quasi mi sentii in colpa.
Stavo rovinando anche la sua di giornata per colpa dei miei stupidi problemi di cuore, eppure sentivo come se in realtà a lui non pesasse ascoltarmi.

«Ma sono passati tre giorni e...io non lo sento né lo vedo da allora. So che tutti hanno bisogno dei propri spazi, ma non è più qui. Né a casa mia, né a casa sua. Il suo telefono è sempre spento, non gli arrivano i messaggi e io...» anche questa volta non riuscii a completare la frase.
Dannato nodo in gola.

Cameron mi si avvicinò e mi strinse in un abbraccio, nonostante la catena di ferro gli provocasse dolore al petto.
«Hai pensato di chiamare qualche suo amico? Magari è successo qualcosa e non ha con sé il telefono» suggerì allora, mostrandomi il suo lato positivo.
Cameron provava ad aiutarmi, ci provava davvero, così accennai un sorriso e mi congedai per qualche minuto.
Mi aveva fornito la soluzione su un piatto d'argento.
Afferrai il telefono dalla tasca destra del jeans che indossavo e composi il numero della persona che reputavo più idonea per poter risolvere quel piccolo problema.

«Faith?» rispose stranito dopo un paio di squilli. La sua voce era delicata e sempre rilassata, nonostante fosse sotto pressione.

«Ehi, Ryan. Scusa il disturbo» mormorai imbarazzata, mordicchiandomi il labbro.
«Volevo solo chiederti una... un'informazione, ecco» formulai allora, attendendo una risposta.

«Si tratta di Noah?» sospirò, lasciandomi perplessa. Come faceva a saperlo? Perché aveva sospirato?

«Sì. Ecco, vedi, io non riesco a rintracciarlo in nessun modo. Sono andata a controllare anche a casa sua, ma di lui neanche l'ombra» sentii il panico assalirmi nuovamente, così mi costrinsi a trattenere il respiro. Era una tecnica che Paige mi aveva insegnato tanti anni fa e che mettevo in pratica tutte le volte in cui non volevo scoppiare in lacrime.

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