40. Messaggero degli dei.

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Quella mattina mi svegliai controvoglia, sapendo cosa avrei dovuto affrontare.
L'appuntamento.
Non avevo assolutamente voglia di incontrare qualcuno, ma dovevo farmi forza. Dovevo vivere come faceva Noah, prendendo tutto alla leggera.

Ma chi volevo prendere in giro?
Non ero quel tipo di persona, non lo ero affatto, ma mi alzai comunque dal letto.
Fumai una sigaretta ed evitai la colazione come ormai facevo da giorni, poi mi diressi in bagno dove, ignorando completamente il mio riflesso nello specchio, feci una doccia calda. Ustionante, a momenti.
Insaponai il mio corpo minuto un'infinità di volte prima di sciacquarlo. Sospiravo continuamente, tenevo le mani poggiate contro le mattonelle per reggermi in piedi perché non ci riuscivo più da sola.
"No, ovviamente non è perché mangio poco", mi ripetevo. Ma ormai, neanche io credevo alle mie stesse parole.
Tamponai la mia pelle con un asciugamano, indossai l'intimo e poi andai in camera alla ricerca di qualcosa da mettere.

Dopo vari minuti di ricerca, decisi di indossare un semplice maglioncino a collo alto rigorosamente nero e un paio di jeans del medesimo colore.
Una linea spessa di eyeliner copriva le mie palpebre, poi un filo di mascara e un bel po' di rossetto bordeaux. Come al solito, Converse ai piedi e anelli alle dita, uscii di casa incamminandomi verso la stazione dell'autobus.

Quando finalmente arrivai davanti al bar dove lavorava Ermes, lo vidi seduto su una panchina lì vicino con due bottiglie di vino tra le mani.
"Benissimo, iniziamo col botto", pensai.
Mi avvicinai cautamente tenendo le mani nelle tasche del giubbotto, quando Ermes si alzò dalla panchina e con sguardo confuso mi mostrò le bottiglie.

«Ho sete, aiutami a decidere» disse serio.
Sollevai un sopracciglio ancora un po' scossa dalla sua strana richiesta, poi indicai una delle due bottiglie.

«Ma non sarebbe meglio bere un po' di sana vodka?» chiesi tastando le tasche dei jeans alla ricerca delle sigarette.

«Il vino è più elegante per un giorno come questo» fece spallucce, lasciando la bottiglia che non avevo scelto sulla panchina.

«Oh, fanculo l'eleganza. È un giorno di merda, questo. Senza offesa» aggiunsi scocciata, portando la sigaretta tra le labbra.

«Pensa che io avevo previsto di passarlo a bere col mio cane» aprì la bottiglia e me la porse, poi la portai alle labbra.

«Mi sono quasi pentita di aver comprato un altro pacchetto di Marlboro questa mattina» mentii rigirando la sigaretta tra le dita.

«Dovresti smetterla di fumare» disse schietto, iniziando a camminare lungo un grande viale.
«Però non ci siamo ancora presentati» rifletté subito dopo.

«Scusa, hai ragione. Sono Faith» feci un cenno col capo, poi risposi alla sua precedente affermazione.
«Oh ma io avevo smesso, non ho fumato per sei mesi. Poi tutto è andato a puttane e quindi eccoci qui» brontolai senza entusiasmo.

«È un piacere, Faith. Io sono Ermes -preparati alla battuta del cazzo-, messaggero degli dei» fece un buffo inchino che mi fece sorridere.

«Mi è piaciuta» sghignazzai, notando il suo sguardo contento.
Ermes aveva gli occhi di un verde cristallino, mentre i capelli scuri erano tenuti in ordine dal gel.
La mascella scolpita e il naso dritto rendevano il suo profilo quasi divino.
«Perché non mi dici qualcosa di te?».

«Non mi piace molto, si allontanano tutti quando ne parlo» disse serio, senza tradire nessuna emozione.

«Già, anche a me succede lo stesso» buttai fuori un po' di fumo, poi feci spallucce.
«Ma io non sono quel tipo di persona, quindi se vuoi puoi dirmi tutto. Ti ascolto» scalciai un sassolino con la punta della scarpa.

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