(3.3)

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Il giorno dopo, nella placida quiete della domenica mattina, fecero un nuovo tentativo. Tornarono nell'archivio, ripresero il librone e controllarono qualsiasi cosa potesse essere associata al numero sette: la pagina sette, il giorno sette del settimo mese, il settimo anno di regno di ogni imperatore... Non trovarono niente di utile.

Alla fine, tornarono da Mutsu. Tenryu provò a chiedere a lui.

"Mutsu! Lo spirito ci ha detto di chiamarsi sette. Ma come può una persona chiamarsi sette? Per di più, una persona che dà fuoco a tutto quello che trova!"

Mutsu lo guardò male: per lui la risposta era ovvia. "Signorino, quando vi insegnavo le nostre arti tradizionali voi dormivate, vero?"

Non era vero, anzi a Tenryu da bambino le arti tradizionali piacevano molto, però ogni tanto Mutsu era contento di cogliere in fallo il suo principino. Gli piaceva tentare di demolire un po' la sua ostinata sicurezza, anche se non ci riusciva mai.

Mutsu gli diede la soluzione. "Non ricordate la storia della verduriera Oshichi?"

Tenryu ebbe un'illuminazione. Da bambino gli avevano persino fatto vedere la recita: era una tradizionale storia di burattini, con tanto di accompagnamento musicale con lo shamisen in sottofondo. All'epoca gli era molto piaciuta, anche se adesso quelle cose non gli interessavano più, anzi gli sembravano una noia mortale: avrebbe preferito una chitarra elettrica.

Era una storia dei tempi antichi e come tutte le antiche storie di Orientalia era una storia triste.

Oshichi aveva sedici anni ed era la figlia di un verduriere. Quando la città aveva preso fuoco in un grande incendio, Oshichi si era rifugiata nel tempio, dove aveva conosciuto un giovane che studiava e viveva lì e se ne era innamorata follemente. Così, per poterlo rivedere, aveva dato di nuovo fuoco alla città per potersi rifugiare di nuovo nel tempio. Dare fuoco a una capitale di legno non è gentile, così Oshichi era stata catturata e avevano bruciato lei.

"Davvero bruciavamo vive le ragazze di sedici anni?", chiese Tenryu sbigottito. Lui, in effetti, ne aveva quindici e mezzo.

"Sì, signorino", rispose Mutsu, "dai sedici anni in su si poteva essere condannati a morte."

Assunse un'espressione pensosa. "Ah... erano proprio tempi bui! Adesso siamo molto più civili: oggi, per poter essere impiccati, l'età minima è di diciotto anni."

Kenshin, che ne aveva diciannove, si accarezzò il collo per sicurezza.

Mutsu percepì una certa perplessità dei ragazzi e prese le difese del sistema. "In realtà fu lei a scegliere di morire. Il giudice le diede la possibilità di dichiarare di avere quindici anni, così non sarebbe stata punibile. Lei preferì dire la verità e confermare che ne aveva sedici, rimettendoci la vita. Fu molto onorevole."

Tenryu non capiva cosa ci fosse di onorevole nel morire per amore a sedici anni: probabilmente niente. Se uno non muore, per quanto sul momento sembri impossibile, prima o poi l'amore ritornerà; ma se muore, quando mai potrà ritrovare un po' di amore?

Così, intuì il motivo per cui quella ragazza era ancora nel mondo terreno. Anche se non era stata bruciata dentro il palazzo, in qualche modo il suo spirito aveva fatto visita al centro assoluto del potere di Orientalia, perché è troppo facile prendersela col boia, quando spesso la responsabilità principale è di chi gli arma la mano. Comunque, il suo amore era nato ed era stato spezzato dal fuoco; per darle pace, probabilmente avrebbero dovuto darle l'amore.

Tenryu chiese ancora consiglio. "Mutsu, secondo te possiamo aiutarla a trovare l'amore?"

"Dipende", rispose il vecchio. "Non c'è qualcuno che le piace?"

Entrambi guardarono Kenshin.

Kenshin protestò. "Non si può fingere di amare qualcuno che non si ama. È crudele, è sbagliato."

Gli altri continuarono a guardarlo intensamente.

Kenshin sospirò. "Vediamo cosa possiamo fare."


Quella notte, Tenryu e Kenshin tornarono ancora una volta sulla riva del laghetto.

I ciliegi erano sempre magnifici, ma ormai avevano iniziato a sfiorire; la terra attorno a loro era coperta da un tappeto di petali sfiniti. Il potere dell'hanami era ormai alla fine.

Del resto, l'innamoramento più forte, quello che rapisce l'anima e stordisce i sensi, non dura che un battito del cuore. È un privilegio che molti, ma non tutti, ricevono almeno una volta nella vita; talvolta più di una volta, talvolta parecchie. Spesso l'innamoramento diventa amore e dura a lungo; altrettanto spesso, sfiorisce subito insieme ai ciliegi.

Eppure, loro si trovavano ora di fronte a un amore mancato che aveva resistito per centinaia di anni, bloccato in quello stato anormale dalla crudeltà degli uomini. Se l'innamoramento è piacere e sofferenza insieme, quella sofferenza doveva essere stata immensa.

Kenshin non mostrava mai le proprie emozioni, o forse non ne aveva proprio; eppure, di fronte a quella scena, provò il sincero desiderio di dare pace a quella ragazza. In fondo, pensò, sarebbe potuto bastare un bacio.

Guardò Tenryu. "Senti... ci lasceresti soli?"

"Tu e... lo spirito della ragazza?"

"Sì."

Tenryu si allontanò e si mise dall'altro lato del laghetto. Vide Kenshin alzarsi in piedi, inchinarsi al ciliegio e dire qualcosa; poi le luci si spensero.

Dopo qualche secondo, gli alberi di ciliegio cominciarono ad agitarsi tutti insieme. I petali divennero luminosi e rischiararono la notte; un meraviglioso bagliore circondò il laghetto. I pochi fortunati che a quell'ora non stavano ancora dormendo videro un cerchio di luce alzarsi dal cuore del palazzo imperiale; anche se loro non lo potevano sapere, era lo splendore di un'anima innamorata che poteva finalmente trovare pace.

La luce vibrò e festeggiò a lungo, poi cominciò a concentrarsi e ad addensarsi in un punto solo; uno a uno, gli alberi ritornarono nel buio, fino a che solo il ciliegio sotto cui si trovava Kenshin rimase completamente illuminato.

Tenryu era lontano e non lo poté vedere bene, ma gli sembrò che Kenshin avesse gli occhi chiusi e un sorriso largo e felice che non gli aveva mai visto prima.

Impercettibilmente, con soddisfatta lentezza, la luce divenne sempre più tenue. Kenshin si sedette sotto l'albero di ciliegio e guardò in alto, aspettando che quello spettacolo si concludesse.

Infine, la gloria luminosa di quel miracolo svanì, e tornò la finta luce delle lampade elettriche. Tutti gli alberi di ciliegio riapparvero; erano completamente sfioriti, ma pronti a mettere le foglie e ad affrontare un'altra calda estate. Per terra, un mare di petali bianchi e rosa circondava il laghetto.

Tenryu ripercorse il cammino di pietra e si avvicinò a Kenshin. Era seduto, contento, sorridente.

Tenryu era curiosissimo. "Cosa le hai detto?"

"Le ho chiesto se volesse baciarmi."

"E poi? L'hai vista?"

"No, ho solo sentito una sensazione meravigliosa, dentro e attorno a me. Non l'ho vista, non saprò mai che aspetto avesse... ma è stato un bellissimo bacio."

Così, da quella sera, non ci furono più apparizioni di spiriti attorno al laghetto dei ciliegi; ma il grande ciliegio conservò ancora a lungo qualche segno di bruciatura, perché le fiamme di quell'amore impossibile non venissero dimenticate troppo presto.

章末 (fine del capitolo)


L'angolino finale di Konan: Mais oui, l'amour! Può esistere una storia in stile manga senza che qualcuno s'innamori? Beh sì, può esistere, ma in tal caso ci pensano le fanfiction! Detto questo, spero che questo fantastico mistero su un antico spirito innamorato vi sia piaciuto. Se conoscete una persona a cui piacciono le storie d'amore, fategliela leggere: aspetto commenti! E lasciate una stellina, grazie: fa sempre piacere!

Aiuto! C'è un drago nel congelatore!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora