(7.4)

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Il mattino seguente, Tenryu si svegliò tardi. A scuoterlo fu il suono del maestro Mutsu che batteva sulla struttura di legno della porta di camera sua: "Signorino, svegliatevi o farete tardi!"

Tenryu si sfilò dal futon ancora mezzo addormentato, si mise in piedi e camminando a fatica andò ad aprire la porta.

"Eccomi, eccomi..."

Tenryu fece scorrere la porta e varcò la soglia, trovandosi Mutsu davanti.

Si svegliò completamente vedendo l'espressione stupefatta e spaventata del suo precettore.

"Ma... signorino, cosa avete fatto ai capelli?"

Tenryu andò a guardarsi nello specchio appeso su una parete della sala.

I suoi bei capelli lisci e neri erano ora lisci e bianchi per intero. Non solo: anche i suoi occhi avevano cambiato colore. Non erano più neri ma intensamente arancioni, come le foglie d'autunno o come la lava delle viscere della terra; e quando Tenryu si spaventò e si preoccupò per quella trasformazione, quegli occhi divennero rossi come il fuoco.

Tenryu non seppe spiegare a nessuno cosa fosse successo. Del resto, provare a spiegare che i propri capelli e i propri occhi hanno cambiato completamente colore perché sono stati inceneriti da un drago rosso in un sogno non sarebbe stato molto utile.

Comunque, non ce ne fu nemmeno il tempo. Tenryu fu vestito di nuovo con i suoi splendidi abiti da lutto tutti neri. I suoi nuovi capelli bianchi ora spiccavano ancora di più, ma non seppero che fare, per cui glieli pettinarono e glieli lasciarono così.

Lo portarono al tempio del palazzo per il funerale; era una cerimonia privata, ma fu comunque affollata da tutto il personale della casa imperiale. Sua madre ricevette un nuovo, lunghissimo nome, ma lui non lo volle nemmeno conoscere: per lui sarebbe sempre rimasta la principessa Akine.


Alla fine del funerale, la bara fu caricata su un carro funebre per portarla al crematorio; quello fu il momento in cui l'estate gelò di nuovo. Fino ad allora, quel funerale era sembrato a Tenryu molto irreale, forse un sogno nel sogno. Quando portarono via sua madre dal tempio, lui capì che era proprio tutto vero; davanti a quell'orribile consapevolezza, non bastò l'afa di agosto a salvare la stagione. Tenryu singhiozzò, e perse il proprio cuore nella neve di un terribile inverno.

Quel freddo invisibile lo fece tremare. Si chiese se davvero avrebbe avuto la forza di salire anche lui su quel carro con suo padre, come prevedeva il protocollo. Non lo sapeva, ma non era ancora il momento. Si mise fuori dalla soglia del tempio ad aspettare. Non avendo nulla da fare, cominciò a invidiare con gli occhi le nuvole nel cielo.

Fu così che Tenryu vide comparire in mezzo al proprio sguardo un grosso aereo di linea. Stava scendendo; presto sarebbe atterrato nel grande aeroporto della capitale. Tenryu non aveva mai preso un aereo in vita sua. Pensò che sarebbe stato davvero bello poter lasciare tutto, la bara, il palazzo, l'imperatore, e quindi sparire, prendere quell'aereo che presto sarebbe ripartito per un posto lontano, andare via, via, dovunque ma via.

Tenryu guardò quell'aereo e in quello sguardo mise tutta la sua anima e la sua disperazione; forse per questo, qualcuno lo ascoltò. Si attivò uno dei tanti processi misteriosi del nostro universo, uno di quelli in cui l'energia del cosmo unisce due punti dello spazio e del tempo e li collega in ciò che noi chiamiamo coincidenza, semplicemente perché siamo così piccoli e ignoranti da non saper cogliere le ragioni e le forze che legano due eventi tra di loro.

Infatti, a bordo di quell'aereo e proprio esattamente di quello, un altro ragazzino guardava le nuvole dal finestrino. Non poteva certo vedere Tenryu, né il funerale della principessa Akine, e a dire il vero, nonostante si trattasse dei membri della casa imperiale di Orientalia, non aveva neanche il minimo sospetto della loro esistenza. Ma era triste anche lui, e pensava: chi sono io? Sono davvero un mostro?

Su quell'aereo come in tutta la sua vita precedente, Bicchan si sentiva un mostro nel corpo e nello spirito. Era depresso e angosciato come un tredicenne sradicato da casa e scaraventato in una nazione diversa, dalla parte completamente opposta del pianeta.

Eppure, in qualche modo, due terribili tristezze avrebbero presto fatto una curiosità timida e poi una felicità più grande, costruendo un'amicizia che sarebbe davvero valsa tutta quella pena.

In fondo, il bello e il brutto della vita è il suo essere bella e brutta insieme: soffrire e gioire sono due parti inscindibili dell'esistenza. C'è, è vero, chi una volta felice non riesce a gioire appieno, sapendo che prima o poi potrebbe succedere qualcosa di brutto. Ma è molto più importante sapere che per quanto sia grande il freddo che si sente dentro di sé, prima o poi l'inverno passerà e tornerà l'estate.

Da secoli, da millenni, da sempre, l'estate sogna l'inverno e l'inverno sogna l'estate. L'estate non è altro che il sogno che l'inverno fa quando dorme, quindi esiste già dentro di esso; e se di una cosa possiamo essere certi, è che ciò che l'universo è in grado di sognare prima o poi diventerà realtà.

章末 (fine del capitolo)


L'angolino finale di Konan: Questo è ciò che Tenryu voleva raccontare sin dal principio; ci sono voluti sei episodi perché ne trovasse la forza. Che un po' di quella forza possa assistere chiunque si trovi di fronte a una delle esperienze quasi universali della vita, quella di perdere i genitori.

Aiuto! C'è un drago nel congelatore!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora