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Due anni e un mese prima, Bicchan era arrivato in Orientalia solo da poche ore; affrontava la prima sera nella sua nuova casa.

Bicchan era triste, spaventato, sconvolto come può esserlo un nemmeno quattordicenne piccolo, intelligente e sensibile che si sente sbagliato già nel luogo in cui è nato e che viene preso e spedito verso l'ignoto. Aveva pianto per gran parte del volo; aveva sperimentato una di quelle notti artificiali e abbreviate che vive chi attraversa il mondo in aereo da ovest a est. Non aveva quasi dormito, era stanco e alterato. Così, aveva pianto all'aeroporto, aveva pianto sul treno che lo portava in città, aveva pianto entrando nella sua nuova casa, e alla fine i suoi genitori avevano deciso di provare a calmarlo nell'unico modo che spesso funzionava: con del buon cibo.

"Ti piacerebbe mangiare un piatto buonissimo di Orientalia?", aveva chiesto suo padre.

Bicchan, tra una lacrima e l'altra, non era convinto.

Suo padre aveva insistito. "È come le cotolette impanate, ma meglio."

Alla fine, Bicchan aveva ceduto e l'avevano portato in un ristorante specializzato in tonkatsu. Quando l'aveva mangiato, l'aveva trovato ottimo: se l'era fatto portare tre volte. Alla fine quindi era contento; le nuvole del pianto si erano finalmente allontanate, le lacrime avevano cessato di scendere, e un vago e timido sole era ritornato sul suo volto. Aveva allora tirato fuori un modellino di aereo; glielo aveva regalato la hostess durante il volo, cercando invano di farlo smettere di soffrire.

"Questa roba è buonissima", aveva chiesto Bicchan a suo padre, "come si chiama?"

"Tonkatsu!"

"Bene! Anche il mio aereo adesso si chiama Tonkatsu."

Così Bicchan era tornato a casa contento, e aveva deciso che quel modellino di aereo gli avrebbe ricordato che in Orientalia c'erano anche cose belle; e lo tirava fuori ogni volta che era triste.


Alla fine del racconto, Tenkun era sorpreso. "Ma quel modellino di aereo è..."

Aveva intuito bene; Bicchan confermò. "Sì, è quello che ti ho regalato un mese fa."

"Ma come mai, se era così importante?"

"È per quello che te l'ho dato! Che senso ha regalare una cosa poco importante? Se dev'essere un bel regalo, dev'essere il miglior regalo che uno possa donare. Ti è servito?"

Ora era Tenryu a essere toccato. "Sì, molto. Mi ha fatto stare tranquillo, ma..."

Un pensiero gli uscì dalla testa e si accavallò al precedente. "Tu credi al destino e alle coincidenze?"

"No", rispose Bicchan. "Sono solo normali casi statistici."

Tenryu fece un sorriso strano, come quello di chi pensa che il suo amico abbia ancora molto da imparare sui misteri del mondo. "Io invece sì. Sapevo che il periodo era lo stesso, ma quando ho scoperto che eri arrivato qui esattamente lo stesso giorno..."

Ancora un altro pensiero gli uscì dalla testa; d'istinto, decise di seguirlo. Si rivolse alla sua guardia.

"Kenshin, secondo te riusciamo a portarlo fin sotto le magnolie senza che si accorgano di noi?"

Fu il turno di Kenshin a essere sorpreso, e anche parecchio. "Dici da..."

"Sì."

"Capisco", disse la guardia. "Proviamoci."


Bicchan fu posizionato in mezzo, tra Kenshin e Tenryu; gli dissero di guardare sempre in terra, in modo da non mostrare il viso e da non far vedere subito che era un estraneo, per di più straniero.

Partirono a passo di carica, affiancati e stretti in tre, intenzionati a non fermarsi per nessun motivo. Attraversarono un paio di cortili; nessuno fece caso a loro. Poi si addentrarono nei giardini privati; erano deserti. Finalmente si rilassarono.

Arrivarono davanti a un denso boschetto di magnolie, attraversato a malapena da un piccolo sentiero.

Kenshin si fermò lì.

"Se vuoi, vieni pure", gli disse Tenryu.

"No, andate da soli. È meglio se siete soltanto voi due. Io resto qui a controllare che nessuno vi disturbi."

Tenryu prese Bicchan e se lo portò attraverso il boschetto.

Dall'altra parte c'era uno spazio quasi nascosto, chiuso tra le magnolie e il muro del palazzo; uno spazio in cui era impossibile finire per caso.

Proprio contro il muro, in un angolo, protetta da una tettoia di legno, c'era una piccola stele con un lungo nome inciso sopra. Bicchan non era ancora molto esperto di Orientalia, ma sapeva che quello era un altare per ricordare un morto, anche se era strano che si trovasse all'esterno.

Tenryu gli fece cenno di avvicinarsi. C'era anche una fotografia; mostrava il volto di una donna bellissima. Bicchan si avvicinò e lesse il nome scritto sotto l'immagine: principessa Akine Kaedeyama.

Sussultò.

Si fece coraggio e chiese: "È tua madre?"

"Sì", rispose Tenkun.

Davanti agli antenati solitamente ci sono molte offerte; frutta, riso, dolcetti, acqua, persino un bicchierino di sake. È compito dei discendenti curarsene e cambiarle regolarmente.

In questo caso, però, qualcuno aveva lasciato proprio in mezzo al vassoio un'offerta alquanto strana: un modellino di aereo.

Tenkun gli spiegò. "Sei arrivato qui proprio il giorno del suo funerale e questo per me significa qualcosa. Adesso, quando vengo qui e ho delle brutte idee, penso a te e a quello che mi hai detto; anche quando sono triste, c'è sempre un futuro verso cui volare."

Mise una mano sul modellino, lo prese e gli fece fare un piccolo salto in avanti, poi lo fece decollare e girare per l'aria in cerchio, e poi salire e scendere e volare in alto verso il cielo e tornare giù verso la terra. Fece anche il rumore del motore: "Rrrrr...."

Non sembrava un quasi sedicenne, men che meno un principe; sembrava più un bambino di pochi anni. Ma in fondo, di fronte a uno dei grandi e inevitabili dolori della vita come la perdita di un genitore, tutti sono indifesi come un bambino; avere sei, sedici o sessant'anni fa davvero poca differenza.

Alla fine, Tenkun posò di nuovo il suo modellino proprio al centro del vassoio. "Ti dispiace se lo tengo lì?"

Bicchan era commosso per davvero. "No", riuscì soltanto a dire. "È tuo."

"È anche tuo", rispose Tenkun.

Anche se in Orientalia il contatto fisico non è poi così frequente, i due ragazzi si abbracciarono e si tennero stretti. Forse non era vero che era stato il destino a farli incontrare, forse due anni prima si erano conosciuti per caso; forse erano diventati amici solo perché erano entrambi soli, entrambi troppo diversi da tutti gli altri.

Eppure, in quel momento sentirono dentro di loro, in fondo al cuore, che la loro amicizia era grande e lo sarebbe sempre stata; e che di fronte al freddo, al triste e al brutto che tutti gli esseri umani prima o poi devono sperimentare nella vita, poche cose sono importanti quanto avere accanto a sé un vero amico.

章末 (fine del capitolo)


L'angolino finale di Konan: Oggi non ho niente da aggiungere: di fronte a certe cose, tutti i Paesi e tutti i mondi sono uguali. Se volete, potete lasciare un commento o una stellina.

Aiuto! C'è un drago nel congelatore!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora