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«E 'l piccoletto?» chiede Manuel poggiando il borsone sulla prima fila di spalti, poi ne sale due e si siede accanto a Simone.

«È andato a casa con Chicca —si era stancato di stare qui perché tutti i suoi amici se ne sono andati.» mente perché probabilmente arrossirebbe troppo nel raccontare la verità dei fatti.

«Mh, capisco.» annusice. Prende una sigaretta, precedentemente girata, e se la infila in mezzo alle labbra. «Scusa se non mi so fatto sentire in sti giorni, ho avuto un po' de casini da risolve.»

Simone cruccia lo sguardo, preoccupato. «Ora è tutto ok?» domanda alzando lo sguardo.

«Si, si, niente di che.» sorride. «Non —non c'entrava nulla la cosa della piscina ... volevo fatti sape questo.» chiarisce con voce bassa.

Simone sorride leggermente e si sente il petto meno peso. Forse era stato fondamentale venire a conoscenza di quel dettaglio.

«Mh.» annuisce.

«Allora? T'ha fatto così schifo vede una partita de calcio?»

«Non troppo dai, -ride- anche se, ad esser sincero, il numero nove è un po' scarsino, eh.» lo prende in giro.

«Ah ah ah.» lo guarda per una frazione di secondo e, nella mente, gli arriva un'idea. «Fammi vede le tue de capacità calcistiche allora, vieni su.»

«Ora?»

«Seh, ora.»

Così Simone si sente prendere per la mano: è costretto a correre giù per le scale, come fa Manuel, per non rimanere troppo indietro.

Il maggiore raccatta una palla da un angolo del campo e la fa rotolare sul pratino finché non sbatte contro la punta dei mocassini dell'altro.

Simone prova a tenere il gioco per qualche passaggio ma, evidentemente, è in grosse difficoltà tant'è che quasi inciampa nei proprio piedi.

Manuel si lascia scappare una risata e «fatti dire che sei 'n po' impedito Simò.» gli dice mentre si avvicina a lui, lo squadra ben bene e si sofferma qualche secondo di troppo sulla chioma ricciola e corvina.

«Perché mi osservi?»

«Nun te sto osservando.» mente. «Stavo pensando che mo i capelli disordinati li hai tu.»

Al che Simone si porta la mano sinistra tra i ricci per constatare ciò che ha detto l'altro: a lui non sembrerebbe, a dire il vero.

«Non è vero.» pigola.

«E 'nvece si, -ride- mo aggiusto tutto però.» dal braccio prende un sottile elastico arrotolato su sé stesso tre volte, la fascetta, e la infila sulla nuca di Simone, lo sistema bene e lascia che gli incoroni i capelli che, forse forse, non erano così male come aveva insinuato.

Il minore ride e, quando abbassa lo sguardo, si rende conto che Manuel ha il naso poco lontano dal suo.

Oddio, di nuovo. Palpitazioni e batticuore, chissà che imbarazzo se fossero udibili anche al di fuori del suo petto - pensa Simone.

Questa volta è Manuel che si sporge un po' e prova a far collidere le loro labbra: tenta l'impresa ma la fallisce perché, adesso, il corvino si sposta portandosi dietro il pallone da calcio che, fino a quel momento, era stato ai suoi piedi.

«Oggi sei tu che mi baci a tradimento, -ride- guarda che dovrai sudare per riprenderla e segnare un goal.» espone con il suo fare da maestrino.

Manuel spinge un po' i denti nel proprio labbro e soffoca qualsiasi cosa avesse pensato di dire.

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