Simone guarda Manuel e pensa che non potrebbe proprio essere più innamorato di così. Non lo sa nemmeno spiegare a parole come si sente quando l'altro gli gira attorno, gli rivolge uno sguardo o una parola. Manuel non è solo il suo fidanzato, é suo amico e complice prima di tutto.
Oramai si frequentano da quasi due mesi tant'è che siamo a novembre inoltrato e in pochi giorni sarà il compleanno del maggiore; a Simone, ovviamente, sono già arrivati i due biglietti per andare a vedere i Cold Play a Londra durante l'estate, dopo l'esame di maturità di Manuel.
Sì, c'era anche a Roma, pure Milano, però, grazie all'aiuto di Floriana era riuscito ad organizzare qualcosa di più carino e particolare. In realtà, quando stava con Manuel gli bastava poco per essere felice però, lui che aveva sempre tenuto a questa tipologia di ricorrenze, non poteva che preparare qualcosa di speciale per colui che rallegrava costantemente le sue giornate.
«A che pensi?» Manuel si tira su dal letto altrui e raggiunge la sua faccia, gli ruba un bacio e poi un buffetto. Più guarda quegli occhi marroni e più si convince di dovergli dire tutta la verità, quella stessa che continua a portarsi dentro e che, lentamente, lo sta smantellando pezzo per pezzo.
Manuel sta diventando brandelli per colpa delle sue bugie. In più teme anche le conseguenze del discorso avuto pochi giorni avanti con quelli che considerava amici suoi ... se Simone l'avesse saputo per mezzo loro allora sì che l'avrebbe perso per sempre.
«A niente.» sorride. «Cioè a qualcosa si ma non te la posso dire.»
«Mo so curioso. O me lo dici o te becchi il solletico.» fa finta di minacciarlo e assume anche una falsa faccia seria.
«No dai Manu, -lo guarda- così non vale.»
«Bene, bene.» si fa forza con le braccia e punta le ginocchia sul letto, diventa più alto di Simone che, ancora, è seduto e si sposta sulle sue gambe. Poggia una mano sul fianco destro, lo arpiona, mentre con l'altra prende a fargli il solletico.
Al che Simone si contorce sotto di lui e, in maniera sconnessa, cade sul materasso con Manuel steso parzialmente sopra di sé. Con due dita sposta un ricciolo dal suo volto e glielo porta dietro l'orecchio sinistro: adesso riesce a vedere bene entrambi i suoi occhioni scuri.
«Ah, mi sono ricordato una cosa.» riprende il discorso il più piccolo.
«Non mi fai scordare che non me vuoi di 'na roba.» borbotta. «Comunque dimme, su.»
«Tu sai per caso cosa deve dirmi Brando?» chiede vago. «Ieri ha fatto un discorso strano al bar ... non che abbia capito molto, sinceramente.»
Manuel rimane impassibile, nonostante dentro di sé abbia una furia e, come suo solito fare, puntella il labbro inferiore con un dente e alza le spalle.
«Sarà una delle solite cretinate sue ... ce parlo io, tranquillo.»
«Grazie, non ho proprio capito dove voleva arrivare. Tu non gli hi detto nulla v-»
«Meno di zero.» fa sfiorare i loro nasi. «Te l'ho promesso, o no?»
«Mhmh.»
«Allora sta tranquillo, -gli sfiora una guancia- mo mettiti quell'altra de maglia che se vieni così allo stadio Jacopo te mena.»
Simone sbuffa e si alza scuotendo ripetutamente la testa. «Che palle, ma è proprio obbligatorio andare?»
«Carcola che è 'l derby.» lo guarda serio. «Pure Giulio ho convinto a veni, non so se hai capito.»
«L'hai costretto.» ride.
«Chicca, mica io.» alza le spalle e si lascia cadere giù, sul materasso: osserva minuziosamente Simone mentre si avvicina all'anta dell'armadio ed afferra la t-shirt rossa e gialla. Si copre gli occhi con sdegno e il minore, spontaneamente, ride.
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