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Quel pomeriggio stare a scuola era davvero uno spasso per Jacopo perché c'era la maestra Ilaria, la sua preferita, con cui leggevano un libro molto bello - almeno a detta del bambino. Si stava così divertendo che nemmeno aveva preso coscienza che fosse l'ora di andare via.

«Ciao Jacopino.» Chicca lascia un bacino sulla guancia del bambino e ne riceva un altro in cambio. «La nonna mi ha detto che è venuta lei a casa tua quindi, se non devi fare niente, ti accompagno e posso rimanere un po' a giocare con te.»

«Simo? Ci hai parlato?» chiede mentre prende la mano della ragazza per attraversare la strada. «Gli posso mandare un messaggio con il tuo telefono? Devo dirgli una cosa.»

Allora Chicca estrae il cellulare dalla tasca ed entra nella chat con Simone. «Ci sta che non ti risponda subito però digli pure ciò che vuoi.» afferma frattanto gli passa l'oggetto tra le mani.

Al che Jacopo fa partire un audio e «ciao Simo sono Jacopo, ti volevo dire che ho visto che hai lasciato le fotografie a casa e non le hai portate a Gasgol, perché? E poi posso dormire nel tuo letto così c'è la tv e guardo Spiderman? Ti voglio bene, ti mando un bacetto.» dice tutto d'un fiato per poi schioccare un bacio all'aria facendolo risuonare nella registrazione.

«Che foto?» domanda Chicca mentre ripone il cellulare in tasca.

«Niente niente.» scuote le spalle e, dopo aver assunto una faccia dolce, la guarda. «Mi porti in un posto, per favore?»

«Che posto?»

«A casa di un amico.»

«E papà lo sa?»

«Da Manu, mi puoi portare lì? Io non lo so dove abita.»

Lei sgrana gli occhi e «non possiamo, Simo non vuole.» si affretta a mettere le cose in chiaro mantenendo un tono tranquillo così da non sembrare troppo dura.

«Non è vero. Simo mi ha detto che potevo essere suo amico ancora, -dice saccente- poi devo portargli una cosetta.»

«Stiamo poco eh. Massimo mezz'ora e poi ti riporto a casa, intesi?»

«Intesi.» le lascia un bacio sulla guancia. «Ti voglio bene Chicca, grazie!»

Lei ride perché riconosce verità in quelle parole ma, al contempo, pronunciate adesso assumono un tono differente, quasi le avesse dette per compiacerla in seguito ad aver ottenuto ciò che voleva.

Il tragitto non è lungo ed viene riempito tutto dai racconti del bambino circa la sua giornata a scuola e quel libro tanto bello che la maestra gli ha letto. È tranquillo e spensierato, forse un po' turbato per Simone ma non lo da certo a vedere.

«Ecco, siamo arrivati.» Chicca indica la villetta dove vive Manuel. «Mezz'ora, ricordi?»

«Bastano quindici minuti. Il tempo che gli do queste e gli dico una cosetta, te l'ho detto.» dalla tasca del grembiule blu estare tre fotografie e le impugna in una mano. «Io sono bassino e non ci arrivo, puoi suonare te?»

Chicca prova a vedere i soggetti anche se, probabilmente, già li ha capiti. Suona due volte e, in poco tempo, Manuel appare da dietro la porta; le sue condizioni sono alquanto discutibili, le occhiaie sono scavate e scure, gli occhi gonfi e i capelli arruffati.

«Te vole parla. Massimo mezzora e torna via, -ora guarda Jacopo- io aspetto qua fuori piccoletto, non fare più danni di quanti già ce ne sono, mh?»

«Tranquilla, io non li faccio mai i danni con Simo.» le lascia un bacio sulla guancia e poi prende un foglio mezzo spiegazzato dalla tasca sinistra. «Questo te l'ho fatto a te, tieni.» glielo lascia tra le mani e si appresta a correre dentro il giardino.

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