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Davanti agli occhi di Simone si staglia una scritta illuminata di giallo con i contorni rossi e delle lucine ad intermittenza nel mezzo: lui e Manuel sono arrivati davanti all'entrata del cinema quando, secondo i piani, dovevano andare a casa di quest'ultimo per preparare la verifica della settimana seguente.

«Ma ... non dovevamo fare ripetizioni?»

«Già 'e so fare quelle cose.» replica prontamente. «Mi serviva una scusa.» non si vergogna a dirlo, tanto ormai i sentimenti di entrambi sembrano abbastanza chiari.

«E non potevi semplicemente chiedermelo?» ride Simone mentre, nervosamente, si tira qualche ricciolo.

Manuel scuote le spalle e «voi entra?» chiede.

L'altro annuisce e, compiaciuto, nota quale sia il film che andranno a vedere. È una replica di un film Marvel che, nonostante abbia visto minimo dieci volte, è sempre un piacere guardare nuovamente.

La fila non è molta quindi non sono che cinque minuti il tempo perso per giungere alle poltroncine rosse che riempiono la grande sala.

Simone prende posto e Manuel gli va accanto: sono così vicini e distanti allo stesso tempo, divisi da quel bracciolo che, come una cortina di ferro, va a delineare quale sia lo spazio vitale del maggiore e quale del minore, pare invalicabile; o, almeno, dovrebbe essere così.

A tal punto il minore so volta e, senza troppi problemi, osserva il ragazzo accanto a lui mentre si accetta di aver spento il cellulare. È bello anche quando compie questi semplici gesti - pensa.

«Pensavi che senza una scusa non sarei venuto al cinema con te?» chiede in maniera spontanea, facendo sobbalzare l'altro per una frazione di secondo.

«Ma quante domande fai?»

«Ti ho chiesto solo questo.» pigola. «Allora?»

«Se curioso proprio come Jacopo, lo sai ve'»

«Addirittura ... non esagerare mo.»

«Non sto a esagera. Guarda che se vede lontano un miglio che siete fratelli voi due, avete 'o stesso comportamento in molte situazioni.»

«Che fai Manuel Ferro, mi stalker?» ride Simone mentre, nervosamente, strofina la mano sul tessuto dei proprio jeans che ricopre la zona del ginocchio - quando è agitato compie sempre questo gesto, oppure si attorciglia i capelli.

«Perche te agiti?» lo prende alla sprovvista.

«Non -mi agito.»

«E invece si.» lo sbeffeggia. «Fai sempre così quando qualcosa nun te torna.» lo mima e l'altro ride.

«Allora lo vedi che mi stalkeri.»

«Te osservo, il che è diverso.»

«Mh.» inclina il capo su di un lato, non troppo convinto.

«'O sai che arrossisci sempre quando se parla de te?»

«Seh. Quindi non parliamo più di me e guarda altrove.» si copre il volto con entrambe le mani mentre focalizza lo sguardo su un punto indefinito del grande schermo. Il nero che riempiva i loro occhi si anima di scritte e disegni colorati che, accompagnati a della musica, annunciano i prossimi arrivi in sala. «Vedi? Mo devi stare attento al film, hai un nuovo soggetto su cui concentrarti.» adesso è Simone che lo prende un po' in giro.

Manuel si avvicina un po' a lui, abbattendo la cortina, e «anche Michelangelo era contornato d'ispirazione, eppure i soggetti rappresentati erano sempre gli stessi.» fa notare con non poco orgoglio sulle labbra.

Simone sente il cuore scalpitare, fa tre capriole e si posiziona sottosopra nel posto dal quale era partito. Santo Dio, cos'era quello che gli aveva appena detto? Non voleva azzardare o farsi film che non esistevano ma, secondo il suo umile parere, aveva proprio le sembianze di una dichiarazione, o qualcosa di simile.

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