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Tra le pagine spiegazzate che Manuel aveva lasciato sul banco di Simone, quest'ultimo ci aveva trovato un bigliettino nascosto - era piccolo, ripiegato su sé stesso e la carta era giallo pastello.

Mi dispiace se ieri sono apparso irriverente e con la delicatezza di un elefante.
Scusa, davvero.
Spero almeno gli esercizi siano giusti.

Lo rigirava tra le mani da almeno dieci minuti e non sapeva se stracciarlo o dirgli qualcosa per messaggio: cosa però?

Niente, ovviamente, perché Simone non aveva fatto niente di sbagliato quindi non doveva fare alcuna cosa.

Erano pari ora, circa.

«Che c'hai, un oracolo?» Giulio arriva alle sue spalle e poi gira attorno al tavolo sedendosi di fronte. «Una spasimante?»

«Cretino. -Simone butta il biglietto nello zaino- La lista della spesa.»

«A scuola?»
«Mia mamma m'ha mandato un messaggio e io l'ho trascritto. -borbotta- Almeno non mi confondo dopo quando vado al supermercato.»

L'amico lo guarda, cosciente di aver appena sentito una cazzata micidiale alla Simone Balestra, tuttavia non dice niente a riguardo, annuisce e dirotta il discorso altrove.

«Le ripetizioni, come stanno andando?»
«Normale. Domani abbiamo la seconda, -si gratta la testa- invece di matematica facciamo fisica ... mi preoccupa alquanto.»

«L'hai presa seriamente. -ride- Monica già si è scocciata.»

Simone scuote le spalle. «Lo sai che non mi piace fare le cose a caso. Se prendo un impegno lo porto fino in fondo.»

«E c'hai ragione. -prende il cellulare, poi lo sblocca- Hai visto come hanno organizzato per ora?»

«Ancora no, non ho avuto molto tempo ieri. Fammi vede dai.» si sporge dal lato di Giulio col capo.

-

Simone non lo sa perché si è diretto lì, anzi, un po' si maledice pure per averci pensato però, ormai, si trova davanti a quel cancello quindi non ha molta scelta.

Ma che razza di idee gli saltano in mente.

Si avvicina al pulsante del campanello e lo spinge leggermente, lasciando vibrare quel suono all'interno della struttura grigia metallizzata.

«Chi è?»
«Simone.»
«Simone chi?»

«Quello di scuola, ma quanti ne conosci scusa?» domanda con fare ovvio.

Sente una risata dall'altra parte del citofono e poi un «ho aperto, entra.» rimbomba nelle sue orecchie.

Così esegue: si fa spazio nell'ampio giardino, schiaccia i sassolini sotto i suoi piedi e, dritto, si stanzia davanti alla porta.

«Ei.»

«Ciao. -Simone alza la mano, poi le ripone entrambe nelle tasche- Mi dispiace per ieri sera ... sono stato scortese però ero ancora arrabbiato per ciò che mi avevi detto.» si morde il labbro superiore, fa sempre così quando è incerto di qualcosa. «Però gli esercizi erano corretti.»

Sul volto di Manuel appare un sorriso sorpreso. «Per matematica so felice, me pare un miracolo ... per il fatto di ieri, tranquillo, non te avrei rinfacciato nulla perché, al posto tuo, mi sarei comportato allo stesso modo.»

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