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Le ripetizioni hanno dato i loro frutti: Manuel è riuscito a raccattare un sei e mezzo a matematica e un otto meno in chimica così da non sbilanciare troppo la media con le altre materie dove, diversamente da come si potrebbe pensare, va veramente bene.

Non è uno che passa le ore sui libri però apprende velocemente, per sua fortuna.

«Ancora batti pari zi.» ride Niccolò in mensa mentre con lo sguardo scruta Simone. «Me sa che te serve l'aiuto nostro.» aggiunge poi.

«E se mi aiutate che scommessa è?»

«È una spintarella.» spiega Chiara. «Nic da una festa a casa sua per Halloween e ... c'ha tante stanze 'n casa sua.» ride.

«Magari no sul letto mio. Pure quello dei miei è off limits ovviamente.»

«Ma perché è sicuro?» domanda Laura cercando lo sguardo di Manuel. «Te l'ha detto per caso?»

«No, non me l'ha detto e manco gliel'ho chiesto.» il suo tono è alquanto scocciato, sia per la situazione sia perché Brando non sta facendo niente per aiutarlo, eppure si da il caso che sia quello con cui ha un rapporto più stretto lì.

«Scusa Manuè ma che fai quando ve vedete? L'ascolti sul serio?» il tono del biondo è patetico, superficiale come la piega che sta prendendo quel discorso.

«Ho sei per miracolo a matematica Niccolò.» ora è lui ad aver assunto una voce scocciata ed esausta. «Anzi, se continuate così la finiamo qua sto cazzo de gioco, va bene?» poggia le mani sul tavolo e si alza.

Non guarda più nessuno di quei quattro e se ne va nella direzione opposta. Passa accanto al tavolo di Simone e si becca pure un suo sguardo che lui non ricambia.

Prende la rampa di scale e sale su fino al tetto. Si fruga in tasca e porta quella sigaretta tra le labbra - che poi, ad essere puntigliosi, quella gliel'ha data il corvino due giorni prima poiché era rimasto senza.

Eppure non l'aveva ancora consumata.

«Prima o poi te beccano.»

«Ce beccano se non la smetti pure tu de veni qua.»

Simone prende posto accanto a lui e, con l'accendino, gli accende l'oggetto che si è appena portato tra le labbra.

«Ovviamente si smezza dato che è la mia.» lo guarda ridendo. «Ti ho seguito perché sembravi arrabbiato e nessuno di loro ti è venuto dietro.»

Un'altra volta Manuel si sente trafitto, ventimila volta, da sé stesso e dalla cerchia di persone che ha attorno.

Gli è successo spesso, quasi sempre, in quelle settimane nella quali ha visto il minore quasi tutti i giorni, o per via delle ripetizioni o tra i corridoi del Collodi.

E mai una volta ha visto in lui quella scommessa che aveva fatto, a tratti se ne scordava pure.

«Allora, me lo dici o no perché ti sei arrabbiato? Magari posso aiutarti.»

«Ehm ... niente di che, davvero. Solo solamente gli stessi discorsi del cazzo che fa quel cojone de Niccolò.»

«Capisco.» allunga la mano verso la sigaretta, per un attimo sfiora la pelle di Manuel, poi la ritira senza aver concluso niente. «Posso chiederti una cosa?»

«Me devo spaventa?» ride e fa un tiro prima di lasciar finire l'oggetto tra l'indice e il medio di Simone.

«Perché sei ancora amico loro se ti trattano così?»

Manuel si alza, senza risponde, passa le mani sul sedere per pulirsi dai sassolini accumulati e poggia le mani alla ringhiera verde metallizzato.

«Che mi piaccia o no, so gli unici amici che mi ritrovo Simò.» sibila, esternando un'importante verità.

Simone incassa quel colpo, quasi fosse stata una propria rivelazione perché anche lui per tanto tempo si è sentito un po' perso, nonostante avesse sempre i propri amici al suo fianco.

Chicca, Monica e Giulio non l'avevano mai abbandonato eppure, ogni tanto, preferiva tenersi il cuore peso piuttosto che parlare con loro; si faceva troppi problemi lui, per tutto, e probabilmente non l'avrebbero capito.

Però era infinitamente grato di averli tutti nella propria vita, a colmare i suoi giorni rendendo colorato ciò che prima era di un grigio deprimente.

«Puoi uscire con me e i miei amici se ti va.» propone senza pensare poi, quando realizza, si porta una mano alla nuca e «forse è una pessima idea, magari nemmeno ti v-» prova a dire, prima di essere interrotto.

«Dici davvero?»

«Perché dovrei mentire.» ride. «Sicuro che agli altri non dispiace.»

Manuel volta il capo e lo osserva attentamente. Racchiuso in quelle tonalità di blu e di grigio sembra proprio un damerino, composto e sorridente, bello.

Sbatte le palpebre perché si rende conto del pensiero appena fatto. Scuote anche il capo più di una volta.

«Me sa che pe Halloween vogliono fa una festa a casa de Niccolò.» biascica. «Voi ce venite?»

«Io non credo. O meglio, non vorrei ma so che Chicca mi porterà con la forza.» afferma rassegnato. «M'ha sottomesso ormai, ma mica sarà in maschera?»

«Se 'a fanno pe forza che è col travestimento.»

«E da che ti vesti?» chiede curioso.

«Non c'ho la minima idea. Te perché nun te vesti da Einstein? Basta che te metti 'n po' de gel nei capelli e sei apposto.»

«Mi stai prendendo in giro?» ride.

«Io? Non mi permetterei mai.» lo asseconda e si avvicina un po'. «Guarda, basta che fai così.»

Lascia scivolare le sue mani tra i riccioli di Simone e ne allunga qualche ciocca verso l'esterno. Adesso sono scompigliati e loro tremendamente vicini.

«Te li fai tira così e te ce metti qualcosa pe fissa. Perfetto. Tanto 'n genio già lo sei no.»

Dato che lusinghe lo facevano arrossire, e considerata la situazione poi, le sue guance si tingono di un bellissimo rosso e vi sente un po' di caldo, spera quindi che Manuel non lo percepisca altrimenti farà una pessima figura.

«Guarda che li devi fare lo stesso gli esercizi, anche se provi a farmi i complimenti.» dirotta il discorso.

«Cazzo m'hai sgamato, vabbè c'ho provato io, aò.»

Simone ride e Manuel gli va dietro: quei suoni si mescolano e Dio solo sa cosa gli ha spinti a non annullare la distanza che si trovava tra di loro in quel momento.

Il minore si ritira un po', stende la felpa verso il basso per levare le grinze e «stai un pochetto meglio?» domanda.

Manuel annuisce. «Un pochetto.» gli fa il verso. «Grazie.».

«Grazie per?»

«Che ti sei preoccupato.»

Quelle parole Simone le accoglie come un segnale di aiuto, un sos disperato, e il cuore si fa più pesante per qualche attimo.

Osserva Manuel e vede un bambino indifeso. Un ragazzino cresciuto troppo in fretta sotto la direttiva di compagni non adatti alla sua persona.

Un piccolo uomo cresciuto troppo solo, probabilmente.

«Ehm, siamo amici no?»

È uscita spontanea quell'asserzione, non c'ha nemmeno pensato troppo - è arrivata così, dal suo istinto ed ha preso forma nell'aria che li circondava permeandosi nei suoni che arrivavano alle loro orecchie.

«Siamo amici?» è un po' incredulo nel ripeterlo perché non pensava potesse interessare a Simone.

Sorride lievemente, forse ha pure le guance rosse.

«Si, certo che lo siamo, mi sono preoccupato per questo.»

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