Dopo la tempesta

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Brendan venne trascinato in chiesa insieme a sua nipote ove Aidan aveva spostato tutte le panche per far sdraiare i feriti e, purtroppo, i compaesani caduti.
I primi vennero fatti adagiare su delle lenzuola, i secondi, coperti con esse.
Il prete tastò la fronte della ragazza e cercò di udirne il respiro. Sospirò di sollievo nel sentirlo, insieme al battito cardiaco.

"Sta bene, Brendan."

"Grazie al Signore" l'uomo fece un cenno al crocifisso e si lasciò cadere indietro sul lenzuolo.

"Riposati ora. Ci penso io" Aidan corse nella dispensa della sagrestia ove teneva quelle poche erbe che sapeva essere utili per creare medicine. Si fece largo tra vasetti di foglie secche e piantine in vaso.
Arraffò un barattolo pieno di tormentilla secca e iniziò a pestare tutto nel mortaio con acqua per creare abbastanza pomata.

"Chi si regge ancora in piedi e non ha da spaccare ghiaccio, mi dia una mano!"

Ogni paesano o soldato in buone condizioni si adoperò a spalmare l'unguento sulle ferite per evitare ulteriori emorragie e successivamente bendati. Con il poco avanzato, Aidan ne fece un decotto da far bere gradualmente a chi fosse cosciente per primo.

"Dio la benedica, Padre"

"Faccio quello che devo"

Andò poi ad esaminare i morti, pallidi, irrigiditi e freddi come statue. E non per il rigor mortis. La loro pelle era solcata da strane venature nere.

"Mio Signore..." seguì i segni neri con i polpastrelli "Che cos'è questo maleficio?"

Le uniche creature in grado di creare bufere di neve erano l'antica Beira Cailleach e la sua corte, come dimostrato da Artica, ma del ghiaccio nero?
Si sarebbe adoperato per studiarlo a dovere, assieme al simbolo sulle vesti degli stregoni morti in mezzo alle strade e alla piazza. Uscì infatti a strappare un lembo di stoffa da uno di questi su cui era ricamato lo strano simbolo: un ovale nero e bianco diviso a metà da una linea.
Non lo aveva mai visto prima, o forse si trovava in qualcuno dei suoi tomi più antichi...

I suoi pensieri vennero interrotti dallo scalpitare degli zoccoli di un cavallo. Si voltò e vide Connor McFadden e Safie Neivers scendere al volo dalla sella e correre dentro. Fergus aveva solo un braccio preso di striscio da una freccia, ma ignorò il dolore per abbracciare il figlio.
Stessa cosa fece Brendan con sua figlia.

"Papà! Sia ringraziato Nostro Signore!" Safie strinse il padre tra le lacrime e poi gattonò ad osservare la cugina svenuta.

"Che è successo?" Connor indicò fuori.

"La tua futura moglie ha perso le staffe." Fergus gli tirò un orecchio "Scemo. Dovevi restartene al sicuro"

"Scusami, ma lei è scappata e avevo paura si facesse male"

Il locandiere scosse la testa, sorridendo "Non sono arrabbiato. Sono felice che tu stia bene, vai da lei"

Connor raggiunse Safie, si sedette vicino a lei e accarezzò i capelli di Artica.

"Sei una testa quadra. Più dura del marmo" ma le baciò la fronte ugualmente "Grazie..."

Brendan si tirò seduto a fatica e si appoggiò al muro

"Come ha fatto ad arrivare qua? Non sa cavalcare"

"Ha volato... Se così si può dire" Safie volle risparmiare il dettaglio del buttarsi giù da un albero, per evitarle una strigliata peggiore. Gliel'avrebbe fatta lei in privato.

"Casa nostra?" Chiese poi lei.

"Intera, solo la stalla è in parte crollata. Chissà dove sono andate a finire le bestie..."

Children Of Myths, Atto Primo: ScoziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora