Dolce Notte

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<Dan… ti disturbo? > chiese mia sorella entrando in camera mia, il suo passo era lento e insicuro, ero sicuro che volesse chiedermi qualche cosa.
< Cosa ti serve? > chiesi senza troppi preamboli.
<Perché credi che mi serve sempre qualche cosa? Non posso solo stare un po’ con il mio fratellino? > domandò irritata. La guardai con aria dubbiosa e interrogativa aspettando che la verità venisse fuori da sola, conoscendola non ci avrebbe messo molto, bastavamo pochi secondi, 5…4…3…2…1…
<Ok… hai ragione devo chiederti una cosa > rivelò sedendosi sul mio letto.
< E da questa mattina che cerco di rintracciare Mark, sono le sei del pomeriggio e lui sembra essere sparito, volevo sapere se almeno tu sapevi qualcosa > domandò preoccupata.
< Non è nulla di preoccupante, neanche io oggi l’ho sentito, ha solo bisogno di stare un po’ da solo > risposi cercando di restare sul vago.
<E’ la motivazione del suo voler stare da solo che mi preoccupa > continuò Camy.
< Oggi è l’anniversario della morte di sua madre, ogni anno in questo giorno preferisce restare da solo > spiegai.
< Ma non può restare da solo in un momento del genere, altrimenti ogni anno sarà sempre peggio > commentò scattando in piedi.
< Camy per favore restane fuori>
< Non ci penso proprio > m’interruppe uscendo dalla mia camera, sapevo che tentare di fermarla sarebbe stato inutile, quindi presi al volo il cellulare per avvisare Mark di cosa gli stava per capitare. La voce della segreteria rispose al suo posto, mentre il telefono di casa risultava fuori posto… a questo punto non potevo far più nulla… “caro amico mio ci ho provato ad avvisarti” commentai tra me e me.

Pov Camilla
Mi ritrovavo davanti alla sua porta, indecisa sul bussare o meno… ero arrivata fin qui, quindi tornare indietro sembrava un’ idiozia. “Forza Camy quanto potrà essere difficile?” ripetevo a me stessa cercando di auto-convincermi che quella fosse la cosa giusta da fare. Alla fine bussai, restai immobile sulla porta in attesa che lui aprisse. Sapevo che era la cosa giusta da fare… ma allora perché avevo così tanta voglia di scappare? Quando Mark aprì la porta quasi non lo riconobbi, i suoi occhi blu sempre così profondi e sorridenti erano invece spenti e arrossati, in dosso aveva una semplice tuta che metteva in risalto tutte le sue forme. “come puoi trovarlo attraente anche in un momento del genere? Ma c’è l’hai un briciolo di cuore?” mi rimproverai.
< Che ci fai qui? > mi chiese con voce rauca, il suo sguardo era freddo e distaccato, non ero abituata a quell’aspetto di lui. Sembrava così lontano, immerso in un mondo tutto suo, dove non sapevo se mi avrebbe permesso di farne parte.
< Ero venuta a vedere come stavi, visto che oggi non ti ho sentito tutta la giornata… Ma se vuoi restare da solo posso anche andarmene > spiegai esitante.
< Sei arrivata fin qui… a questo punto entra > rispose spostandosi dalla porta.
Il salotto era gremito di scatoli, c’erano foto sparse ovunque e sul tavolino vicino al divano c’era un posacenere gremito di mozziconi di sigaretta.
< Scusa il disordine ma stavo…>
< Non preoccuparti Dan mi ha spiegato che giorno è oggi… volevo solo starti vicino > lo interruppi.
< Ok> si limitò a dire per poi sedersi ai piedi del divano, mi sedetti accanto a lui restando in silenzio, aspettavo che lui a parlare, anche perché non sapevo che dire.
< Qui era in viaggio di nozze > mi disse mostrandomi una foto. Era una donna bellissima, aveva gli occhi di un blu intenso e capelli neri mossi, Mark gli somigliava molto, lei sembrava la sua versione al femminile. Mi mostrò altre foto spiegandomi cosa facesse sua madre in quelle determinate fotografie.
< Mi manca da morire > disse rimanendo incantato su una foto che la ritraeva con i suoi occhi spensierati e il suo magnetico sorriso.
<E’ normale che ti manchi > dissi cercando di confortarlo.
< La verità è che ogni mattina mi sveglio, sperando che tutto questo sia un orribile incubo, spero di alzarmi e ritrovarla in cucina e vedendomi arrivare mi augura il buongiorno con quel suo splendido sorriso… io non mi sono ancora rassegnato all’idea della sua morte > disse con lo sguardo basso, mentre altre lacrime fuoriuscivano dai suoi occhi seguendo quelle che già aveva versato. Vederlo così mi feriva terribilmente, avrei voluto dar sfogo a tutte le mie lacrime, ma non potevo, almeno non in quel momento, a lui serviva una spalla su cui piangere, non una persona che piangeva più di lui.
< Lei sarà sempre viva nei tuoi ricordi, nel tuo cuore e sono sicura che un giorno riuscirai a ricordarla con più serenità> dissi accarezzandogli una spalla per rassicurarlo.
< Certo se la ricorderò ancora > commentò.
<Perché non dovresti ricordarla? > chiesi.
<Perché già oggi ho perso molti ricordi che la riguardano… ricordo il suo aspetto fisico, il suo sorriso, il suo profumo, ma non ricordo i suoi gusti, come il suo colore preferito o quale tipo di cibo non le piaceva… >
< Non puoi ricordare ogni singolo dettaglio… è normale che alcune cose si dimentichino > lo interruppi.
< Non è normale > ribatté scuotendo la testa, in quel momento avevo dimenticato quanto potesse essere testardo ma non potevo assecondarlo.
< Allora prova a ricordare… > proposi, mi guardò perplesso come chissà quale miracolo gli avessi chiesto, aveva bisogno di un aiuto, era troppo sconvolto per pensare razionalmente.
< Forse non ricordi il cibo che non le piaceva perché magari era come te e mangiava di tutto… per quanto riguarda il colore puoi cercare di ricordare guardando le sue foto, se le piaceva un colore in particolare sarà un colore che usava di più > continuai. Mark posò lo sguardo sulle foto sparpagliate un po’ ovunque, in realtà non le guardava realmente, il suo era come incantato, immerso in chissà quali pensieri.
< Amava i colori chiari, diceva che i colori scuri le mettevano malinconia, perché erano cupi e tristi > disse con un sorriso.
< Ecco vedi che ti ricordi ogni cosa? > affermai sorridendo a mia volta.
< Ti va di mangiare qualche cosa? > mi chiese dopo qualche minuto.
< Ok, hai qualcosa di pronto o ti preparo qualche cosa? > domandai alzandomi da terra.
<E’ tutto pronto bisogna solo riscaldarlo > disse alzandosi a sua volta.
Mi muovevo, in quella stanza, in modo lento e impacciato, fino a quel momento non avevo notato quanto fosse buia, tutte le luci erano spente, a dare una leggera illuminazione alla stanza era solo una lampada che si trovava vicino al divano, quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Mark, accese le luci. Entrammo in cucina e iniziammo a riscaldare quello che gli avevano preparato i governanti. Durante la cena la tensione che si era avvertita fino a pochi istanti prima, sembrava essersi allentata, era persino riuscita a strappargli un sorriso.
< Vuoi dormire qui stanotte? Non mi va di restare da solo > mi chiese improvvisamente. Dormire con lui? Passare tutta la notte accanto a lui, percepire il calore del suo corpo sulla mia pelle e  sentire il suo respiro regolare mentre dormiva? E chi sarebbe riuscita a dormire!
< Certo!> mi limitai a dire con un filo di voce. Avevo aspettato quel momento dalla prima volta che l’avevo visto.
< Dovrei chiamare casa e dire che dormo da un’amica… > continuai dopo qualche secondo.
< Posso chiamare io Dan e avvertirlo > rispose.
< Va bene… Ma per dormire mi presti una tua maglietta visto che attualmente sono sprovvista di pigiama? > domandai.
< Certo tanto visto la tua altezza una mia maglietta dovrebbe arrivarti al ginocchio > disse sorridendo per poi sparire in un’altra stanza, mentre Mark era intento a chiamare Dan, io mi spogliai e indossai la maglia che Mark mi aveva lanciato mentre faceva il numero di casa mia, in effetti aveva ragione, la sua maglia mi arrivava giusto al ginocchio. Mark giunse qualche minuto dopo nella stanza, il suo sguardo si posò su di me, sentivo le gote che mi si infiammarono, anche se quella situazione da un lato mi piaceva, dall’altro mi imbarazzava. Iniziai a guardarmi attorno prestando maggiore attenzione a quella che era la sua stanza, la stanza dove passava la maggior parte del suo tempo, era molto semplice e ben curata, era ornata solo da un grosso armadio nero, un letto e una scrivania con sopra un computer portatile.
< Avevo ragione, ti arriva giusto al ginocchio > commentò sicuramente per rompere quell’assurdo imbarazzo.
< Andiamo a dormire? > continuò. Accettai la proposta, primo perché visto l’ora tarda era l’unica cosa da fare e poi perché speravo che una volta messi a letto il mio imbarazzo si sarebbe placato, anche se visto che anche Mark, come mio fratello, dormiva con indosso solo il boxer la cosa non sarebbe stata tanto facile. Mentre si stendeva accanto a me notai che aveva un tatuaggio sulla parte bassa del fianco, era una luna con intorno tante piccole stelle.
< Non sapevo avessi un tatuaggio> commentai, in effetti era in un punto abbastanza particole, e anche col costume da bagno sarebbe stato difficile notarlo.
<L’ho fatto quando avevo diciassette anni, non te ne sei mai accorta perché si trova in un posto abbastanza nascosto, avrei dovuto spogliarmi per mostrartelo > rispose con naturalezza.
<Simboleggia qualche cosa? > chiesi curiosa.
< Mia madre diceva che ero la sua luna, pensava che fosse quest’ultima la cosa più bella e romantica del mondo, “In ogni più bella storia d’amore c’è qualche riferimento alla luna” commentava sempre, per lei paragonarti alla luna significava dirti che ti amava più di ogni altra cosa, perché il suo amore era proprio come essa, non lo potevi toccare, non lo potevi distruggere ma ti bastava guardarla per capire la purezza dei suoi sentimenti e farti tornare il sorriso. Infine qualche tempo prima di morire mi disse che se magri mi sarei sentito solo e malinconico, mi sarebbe bastato porgere lo sguardo alla luna per vederci riflesso il suo sorriso e trovare la forza di andare avanti > spiegò con aria assorta. Mi sentivo un’idiota per averglielo chiesto, avevo fatto tanto per cercare di distrarlo da quella situazione e ora in un attimo avevo buttato tutto all’aria gettandolo di nuovo in ricordi malinconici. Percependo la mia angoscia Mark mi strinse a se, ora era lui che con le sue carezze cercava di confortarmi.
< Va tutto bene > mi rassicurò, il calore del suo corpo era talmente tranquillizzante che le mie palpebre divennero subito pesanti e così insieme a lui, a poco a poco, caddi in un sonno profondo.

Non ho mai amato così Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora