Tra Risate E Imbarazzi

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< Dany… Dany svegliati al telefono > la voce di mia sorella interruppe il mio sonno… Be almeno stavolta non mi aveva svegliato a suon di musica, ma era ancora presto -almeno per me- così infilai la testa sotto il cuscino in segno di protesta, chiunque era doveva richiamare, non avevo alcuna intenzione di svegliarmi.
< È Monica… >disse ormai stufa, allungandomi il telefono.
Con la testa ancora sotto il cuscino allungai il braccio e presi il telefono, tanto conoscendo Monica, non avrebbe accettato un mio rifiuto.
< Che c’è? > chiesi irritato.
< Stronzo! Questo c’è, sei stronzo e maschilista > mi disse, quasi urlando. Istintivamente scattai e mi sedetti nel mezzo del letto.
< Perché cosa ho fatto? > chiesi stupito… Non avevo la minima idea di cosa avessi fatto per offenderla tanto.
< Cosa non hai fatto vorrai dire > disse con lo stesso tono di voce. Avevo dimenticato qualche cosa? No…. O almeno così mi sembrava.
< Moni, io mi sono appena svegliato anzi per meglio dire mi hai svegliato tu, e non ho la minima idea di cosa potrei aver fatto > dissi.
< Non mi hai detto che hai conosciuto una ragazza… > sostenette ancora irritata. Ok ora avevo seriamente voglia di ammazzare Monica.
< E tu mi hai chiamato così inacidita per questo? Sai quante ragazze ho conosciuto in quest’ultimo periodo? > risposi seccato.
< Si sono offesa lo sa persino Max e di solito lui è l’ultimo a sapere le cose ed io non ne sapevo niente, in qualità di amica e consigliera mi sento messa da parte > ribatté lasciando trapelare un velo di malinconia. Ero sicuro che stesse parlando di Paola, d’altronde a Monica non interessava sapere delle ragazze che servivano solo per un’ora.
< Moni mi dispiace, ti giuro che non l’ho fatto di proposito, e solo che mi è passato di mete > dissi infilandomi una mano nei capelli, avevo dimenticato quanto Monica era suscettibile in certe cose.
< Ok… ti credo… comunque visto che oramai sei sveglio e devi farti perdonare per avermi escluso da un avvenimento della tua vita mi devi un consiglio… cosa regalo a Max per il compleanno? > disse con allegria.
< Boh che ne so… in cinque anni gli hai regalato di tutto… > risposi.
<Bella scoperta… Non avevo bisogno di te per ricordarmelo>
< Ultimamente non ha visto nulla che gli piace? > chiesi.
< Non lo so, ultimamente non è che parliamo molto! > disse con un velo di tristezza.
< Ma le cose tra di voi come vanno? > le chiesi, anch'io avevo notato che le cose tra di loro stavano cambiando, non erano più legati come una volta ma credevo che fosse solo un periodo.
< Insomma, non tanto bene > ammise.
< Ma e successo qualche cosa di particolare? > domandai un po’ preoccupato.
< No solo che… Dan stiamo insieme da troppo tempo e io sento di volerlo bene come un fratello e non come un ragazzo > disse con un tono di voce più basso del normale.
< Capito, bel problema > commentai sconcertato, non avevo mai pensato che la loro storia potesse finire, non riuscivo a immaginare l’uno senza l’altro.
< Già! > confermò.
< L’unico consiglio che posso darti è di non prendere decisioni affrettate, pensaci bene e poi decidi... forse è solo un periodo di crisi > le consigliai.
< Ci sto provando ma il fatto è che non so più cosa provo… Ma quando esci con la nuova lady? > disse cercando di cambiare argomento.
< Come non sai più cosa provi?... ci esco stasera >
< Non è semplice, non sono confusa solo su di lui… wow stasera fatti carino caruccio >
< Stiamo parlando come dei cretini te ne sei accorta? > dissi, quasi ridendo.
< Perché non lo sei? > domandò ridendo.
< Comunque io non ho bisogno di farmi carino caruccio, lo sono già di mio… > affermai.
< Si tesoro mio tu sei stupendo ma io adesso devo staccare che serve il telefono a quella rompiscatole di mia madre >
< Ok a dopo > riagganciai.
Appoggiai il telefono sul comodino affianco al mio letto e mi accasciai di nuovo su di esso, passarono pochi secondi per rendermi conto di una frase che aveva appena pronunciato Monica, “non sono confusa solo su di lui!” cosa aveva voluto dire con quella frase?

Se ieri mi avessero detto che oggi sarei finito in un quartiere che fino a pochi giorni fa non sapevo neanche che esistesse, per aspettare una ragazza che non appariva per niente il mio tipo non ci avrei mai creduto. Sta di fatto che ora tutto questo stava accadendo, ero lì ad aspettarla, sotto il suo palazzo senza avere la certezza del dopo cena.
All’improvviso lei uscì dal cancello, era vestita con un jeans scuro abbastanza stretto con una cintura fatta di due catene che scendevano sul lato destro, la maglia era blu a giro maniche con una leggera scollatura.
< Ciao… > mi salutò entrando in macchina.
< Ciao > risposi con un sorriso.
< Dove mi porti bello?> mi chiese.
< Veramente… pensavo che potessi dirmelo tu il posto, visto che i posti che conosco io a te non piacciono > risposi con un sorriso.
< Ah… capito! Quindi decido io? Perfetto… vai sempre dritto > commentò. Non se l’era fatto ripetere due volte, era bella e determinata, caratteristiche che a me non dispiacevano, almeno che non si rivelavano anche su altri campi.
Non potei trattenere un sorriso, misi in moto e seguii le sue indicazioni, le strade erano diverse da quelle che di solito percorrevo, ogni muro aveva una sua scritta, un graffito o una dedica. Parlammo del più e del meno, con una naturalezza che mi sembrava quasi strana, non ero abituato a parlare con una ragazza e le poche volte che ero costretto a farlo la cosa mi annoiava.
Arrivammo nei pressi di Piazza Vittoria, che fortunatamente già conoscevo, una volta la frequentavo spesso visto che era un punto d'incontro con tutti i miei vecchi amici delle superiori.
< Sei mai stato al Metropolitan? > mi chiese Paola, scendendo dalla macchina.
< Si qualche volta… parecchio tempo fa! >dissi.
< Capito! >disse abbassando lo sguardo.  Iniziammo a camminare uno di fianco all’altro senza parlare, avrei dovuto trovare qualche argomento per rompere il ghiaccio… ma non mi veniva in mente nulla.
< Tu invece ci vieni spesso? > chiesi all’improvviso.
< Cosa? > rispose, confusa in effetti il discorso di prima era sotterrato, ma non trovavo altri argomenti quindi…
< Dicevo… tu invece vieni spesso al Metropolitan? >
< Be… ogni tanto> disse con un leggero sorriso.
< Siamo arrivati> dissi una volta di fronte al cinema.
< Lo vedo > disse sorridendo.
< Che film vuoi vedere? >chiesi.
< Non lo so scegli tu! > disse indifferente.
< No… per niente,tu sei la ragazza e tu scegli! > dissi prendendo il listino dei film.
< Tu mi hai invitato e tu scegli > insistette, non aveva intenzione di arrendersi, ma neanche io.              
< Io pago e tu scegli > continuai divertito.
< Tu… Io… ok mi arrendo non ho più argomenti, hai vinto > disse incrociando le braccia al petto.
< Adoro vincere!> dissi ridendo.
< Ed io odio perdere! > disse strappandomi il listino dalle mani, lo aprii per intero e me lo pose.
< Reggi! > disse.
< Che vuoi fare?> chiesi stupito.
< Chiudo gli occhi e ne scelgo uno a caso! > disse chiudendo gli occhi e puntando il dito su un film. Era divertente, riusciva a rendere una cosa semplice come la scelta di un film da vedere in una cosa unica e speciale, una cosa che alle altre ragazze-soprattutto quelle che frequentavo io- non sarebbe mai venuto in mente.
< Che film è uscito? > chiese togliendosi la mano dagli occhi.
< In time > dissi perplesso.
< Ok… allora vediamo questo! > disse decisa.
< Certo che sei strana > dissi sorridendo.
< Per così poco? Questo non è niente > disse ridendo.
< Mamma mia, ma con chi sono uscito… > dissi scherzando.
< Che credevi che ero come una di quelle snob che frequenti tu? E poi se sono un problema posso anche andarmene > si voltò e fece gesto di andarsene.
< Ma non se ne parla proprio > dissi afferrandola per un braccio e spingendola verso il muro < E poi tu che ne sai che ragazze frequento? > le chiesi a qualche centimetro di distanza.
< Be… io… credo si capisca > farfugliò arrossendo.
< Ah sì e da cosa? > le chiesi iniziando a giocare con una ciocca dei suoi capelli.
< Non lo so… intuito? > rispose abbassando lo sguardo. Adoravo fargli quell’effetto, sembrava così dolce e indifesa.
< Tu dici? Io penso che sia altro…. Non credi? > la provocai.
< Ehm? > fu l’unico suono che emisero le sue labbra. 
< Ripeto: Credi che una cosa del genere s'intuisca? > le sussurrai all’orecchio.
La sentii barcollare e decisi di lasciarla stare… almeno per il momento.
< Forse è meglio che andiamo a vedere il film > le dissi prendendola per mano.
< Ok ok ma lasciami so camminare da sola > protestò.
< Tu dici? Invece a me sembrava che stessi barcollando un po’>commentai.
< E perché dovrei? > disse mettendosi sulla difensiva.
< Perché hai messo quei tacchi stratosferici e pensavo ti servisse una mano!> risposi sorridendo.
< Non preoccuparti come ti ho già detto so camminare da sola > ribatté voltandosi e iniziando ad entrare nel cinema.
< Ma dimmi la verità li hai messi per arrivare di più alla mia altezza? > dissi spavaldo.
< E di grazia perché dovrei arrivare alla tua altezza? > rispose voltandosi.
< Beh questo non lo so perché non me lo dici tu? > dissi avvicinandomi a lei.
< Perché… perché… perché non andiamo a fare i biglietti altrimenti il film inizia e ci perdiamo l’inizio > disse voltandosi in fretta… era arrossita di nuovo, il suo imbarazzo per me era una fonte di sicurezza, più lei era in imbarazzo più io sentivo di piacergli, tutto questo era abbastanza evidente ma decisi di evitare di farglielo notare… almeno per ora.
Facemmo i biglietti ed entrammo nella sala prevista, era ancora semi vuota ma presto si sarebbe riempita, mentre scendevamo le scalette per raggiungere la nostra seduta le luci si spensero.
< Cavolo, non vedo più nulla > disse imbronciata.
< Dai vieni!> proferii prendendola per mano per poi portarla al nostro posto. Ci sedemmo su quelle scomode poltrone rosse mentre le pubblicità che anticipavano il film stavano già iniziando…

< E ora dove andiamo? > disse una volta usciti dal cinema.
< Be fammi pensare… > dissi < Nulla di troppo costoso… poco formale… No mi dispiace ma non mi viene in mente nulla di simile! >continuai.
< Ok allora ti porto io in un posto… Ma sia ben chiaro la prossima volta ti informi e vedi dove portarmi > disse incrociando le braccia.
< Quindi ti interesso? > chiesi.
< Cosa? > disse dubbiosa.
< Hai detto la prossima volta… Quindi tu vuoi rivedermi… > dissi spavaldo.
< Be… io… ma era per dire… e poi… sbrigati che ho fame> borbottò, quando era imbarazzata balbettava e cercava di cambiare argomento. L’assecondai sorrisi compiaciuto e la seguii. Camminammo lungo la strada buia, l'unica fonte di visibilità era data dalle vetrine dei negozi che erano illuminate da luci bianche o gialle. Finalmente arrivammo al locale, non l’avevo mai visto prima, era abbastanza semplice, sui tavoli c’erano tovaglie blu, al centro tavola c’erano vasetti con dei fiori artificiali blu e bianchi.
< Buonasera ragazzi posso aiutarvi? > ci disse la cameriera, era una ragazza che poteva avere più o meno la mia età, aveva capelli rossicci lunghi e occhi verdi, con la carnagione abbastanza chiara.
< Si, un tavolo per due > dissi guardando Paola che arrossì all’istante.
< Prego da questa parte… > disse la cameriera facendoci  strada. Ci sedemmo uno di fronte all’altro. Paola era visibilmente imbarazzata, abbassò lo sguardo consultando il listino delle pizze,  sorridendo feci lo stesso.
< Da bere cosa vi porto? > ci chiese a un tratto la cameriera.
< Per me una coca > dissi.
< Anche per me > aggiunse Paola.
Restammo in silenzio fino a che non arrivarono le bibite e ordinammo le pizze.
< Visto che avevo ragione? > disse all’improvviso.
< Riguardo cosa?> chiesi perplesso.
< Che eravamo troppo imbarazzati per parlare > disse distogliendo lo sguardo da me.
< Io non sono imbarazzato, caso mai lo sei tu! > dissi con un tono leggermente sfrontato.
< Allora lo sono per tutti e due… e poi non mi guardare così!> disse incrociando le braccia.
< Così come? > le chiesi.
< Con quell'aria spavalda e così sicura di te > rispose.
< Ma io sono sicuro di me! E' uno dei miei tanti pregi > affermai con un sorriso.
< Peccato che questi pregi li vedi solo tu! > borbottò leggermente imbronciata.
< Se li vedo solo io perché sei uscita con me? > domandai incuriosito della sua risposta.
Abbassò lo sguardo senza rispondermi, forse stavo un po’ esagerando ma era più carina quando era in imbarazzo.
< La smetti di fissarmi? > mi chiese improvvisamente.
< Scusa io ho te di fronte a chi devo guardare? > dissi sporgendomi un po’ di più verso di lei.
< Ed io che ne so… se mi guardi così mi metti in imbarazzo> ammise.
< Addirittura… Vabbè se non vuoi che ti guardo fa niente vorrà dire che guarderò la cameriera!> dissi voltandomi dalla parte opposta.
< Be a questo punto, se devi guardare lei tanto vale che guardi me almeno sono più carina > borbottò, a quanto notavo era un tipo piuttosto modesto. Però aveva ragione lei era più carina di quella cameriera, anche se dovevo ammettere che quella ragazza aveva un aria familiare come se l’avessi già vista da qualche parte.
< Ok io me ne vado! > disse irritata, non sentendo alcuna mia risposta, si alzò ma l’afferrai per un braccio costringendola a sedersi di nuovo.
< Stavo per dire che tu sei mille volte più bella di tutte le ragazze presenti nel locale > dissi con un filo di voce mentre la guardai attentamente negli occhi. Mi fissava senza parlare, a questo punto lasciai andare delicatamente il suo braccio, questa frase d’occasione funzionava sempre quando dovevi recuperare una situazione che ti stava sfuggendo di mano. Si alzò leggermente per raddrizzarsi sulla sedia ma scivolò lanciando un piccolo urlo, tentò di aggrapparsi al tavolo, ma afferrò la tovaglia che finì distesa a terra come lei. Tutta la sala si voltò nella nostra direzione piombando un silenzio quasi tombale.
< Ti sei fatta male? > chiesi allungando un braccio per aiutarla ad alzarsi. A essere sincero stavo trattenendo una risata ma cercai di non darlo a vedere.
< Stavo meglio prima! > disse con il volto in fiamme.
< Dai su alzati… > le dissi sorridendo.
< Non ci penso proprio… che figura… voglio sprofondare > disse coprendosi il volto con la tovaglia.
< Se resti distesa non fai che peggiorare le cose > le consigliai.
< Mi sa che hai ragione! > disse e afferrando la mia mano, con un gesto rapido e delicato la riportai nella posizione eretta.
< Cos’è successo? Signorina sta bene? > disse una cameriera
< Si… credo di si > disse guardandosi.
< Ok… Forse è meglio prendere uno straccio per pulire > commentò la cameriera allontanandosi.
< Allora dicevamo? > le chiesi una volta che tornammo seduti. Decisi di sdrammatizzare un po’, poverina dopo quella caduta e le risatine della gente era il minimo che potevo fare per non farla sentire a disagio.
< Che sei uno stronzo! > disse irritata.
< Io? E perché? > chiesi ridendo.
< Perché mi hai fatto cadere! Facendomi fare una figuraccia > disse sporgendosi sul tavolo nella mia direzione.
< Guarda che hai fatto tutto da sola… è stato il tuo imbarazzo a farti cadere > dissi.
< Si ma il mio imbarazzo è dovuto alla tua presenza quindi è colpa tua > disse abbassando la voce e guardando in basso.
< Guarda che non c’è nulla di male a essere imbarazzati! > dissi, mettendogli un dito sotto il mento per alzargli il viso, i nostri occhi incontrarono e le nostre labbra erano a un centimetro di distanza…
All’improvviso una leggera tosse ci fece sobbalzare, era la cameriera dai capelli rossicci.
< Scusate ragazzi… se vi spostate pulisco > la voce della cameriera interruppe i miei pensieri e soprattutto le mie intenzioni, mi allontanai dal dolce volto di Paola e rassegnato mi adagiai sullo schienale della sedia.
< Scusa ma io prima non ti ho riconosciuto ma tu sei Daniele? > disse fingendo di non ricordarsi di me.
< Ehm si sono io! > confermai, allora avevo ricordato bene, io la conoscevo ma chi era? E soprattutto quando me la ero portata a letto?
< Come stai? > mi chiese mentre era intenta a pulire.
< Bene e tu? > risposi, continuando a non ricordare, anche se nei lontani ricordi, sapevo che il suo nome iniziasse per “L”… Luana, Lucia,Luisa, Loredana boh.
< Bene grazie > disse. Grazie? Di che? Se era stata lei a chiedermi per prima come stavo.
< Grazie di cosa? > domandai innocentemente.
< Di… di… di… devo andare a prendervi le pizze! > disse dileguandosi.
Non potei trattenere una risata, che fu subito seguita da quella di Paola.
Intanto il pavimento venne ripulito e la  tavola ricomposta.
< Ma chi era quella ragazza? > mi chiese incuriosita.
< Boh > risposi sinceramente.
< Ma possibile che non riesci a ricordarti neanche il nome di quella ragazza? > continuò.
< Ho il vuoto assoluto… ricordo che urlava il mio di nome, ma il suo mi sfugge > risposi. Sentii i colpi di tosse di Paola, alzando lo sguardo notai che doveva essergli andata un po’ di coca cola di traverso.
< Tutto bene? Stavo zitto se sapevo di sconvolgerti! > dissi una volta che si era ripresa.
< Non sono sconvolta… solo che le tue performance non m'interessano> rispose senza guardarmi. Decisi di lasciarla stare, non mi sembrava il caso di imbarazzarla ancora. Dopo pochi istanti arrivarono le pizze che avevamo ordinato, presi forchetta e coltello e iniziai a tagliare la pizza.
< Non mi dire che mangi la pizza con forchetta e coltello? > mi chiese quasi spaventata.
< Si… perché tu come la mangi? > chiesi perplesso.
Sbuffò prese il coltello e tagliò la pizza in quattro, poi prese un spicchio con le mani e gli diede un morso.
< Così! > disse una volta ingoiato.
La guardai perplesso. In effetti non avevo mai mangiato con le mani, mia madre resterebbe inorridita solo al pensiero di mangiare un qualsiasi alimento con le mani.
< Ok io ci provo… ma non ti prometto niente > dissi guardando prima il coltello e poi la pizza.
La tagliai in quattro parti –come aveva fatto lei- e afferrai un pezzo di pizza ma mentre lo portavo alla bocca, tutta la mozzarella e il pomodoro caddero nel piatto. Guardai il piatto confuso, mentre Paola tratteneva una risata.
< Perché a te non cade? > chiesi.
< Perché io so mangiare! > rispose fiera di se.
< Io so mangiare… Semplicemente non uso le mani per farlo > mi difesi.
< Aspetta ora ti aiuto > disse allungandosi e prendendo un altro pezzo di pizza dal mio piatto.
< Vuoi davvero insegnarmi a mangiare con le mani?> le domandai.
affermò con sicurezza. Certo che dire che quest'appuntamento era strano era un eufemismo
< Senti io non voglio stare con il braccio così per tutta la sera, quindi apri la bocca… anzi aspetta >continuò appoggiando la pizza nel piatto, si alzò dalla sedia e si venne a sedere sulla mia gamba destra, una volta messa comoda prese di nuovo la pizza tra le mani...
< Metti la mano sulla mia così vedi come mantenerla > feci come mi aveva detto e morsi il pezzo di pizza, questa volta senza far cadere nulla.
< E ora da solo > disse incrociando le braccia. Ci provai e ci riuscì, con mia grande sorpresa.
< Bravo! > urlò, attirando di nuovo l’attenzione di tutti i presenti su di noi.
< Ok… io qui non ci posso più venire > disse guardando a terra. Iniziai ad accarezzargli leggermente la schiena, la sentii prima irrigidirsi poi iniziò ad abbandonarsi al tocco della mia mano.
< Puoi smetterla? > disse con un filo di voce.
< Di fare che? > domandai avvicinando le mie labbra alla sua spalla < Che sto facendo di male? > continuai.
< Tu nulla ma fra poco lo farò io se non la smetti > rispose arrossendo.
Decisi di smetterla, in fondo eravamo sempre in un luogo pubblico, lei tornò lentamente seduta al suo posto. Per tutto il resto del tempo parlammo del più e del meno, cercai di non metterla più in imbarazzo e nonostante tutto ci riuscii abbastanza bene.
< Allora dove vai a scuola? > chiesi una volta usciti dalla pizzeria e iniziando a dirigerci dove avevamo lasciato la macchina.
< Al Villari > rispose.
< Non la conosco… dove si trova? > chiesi confuso. Non avevo mai sentito quella scuola e non avevo la minima idea di dove si trovasse.
< Nel Vasto! > disse, sembrava stupita che io non conoscessi la sua scuola e alla mia espressione sentendo il posto dove si trovava si stupì ancora di più.
< Quartiere Vicaria? > mi domandò. Non risposi e cercai di pensare a dove si trovasse, ma nonostante le varie indicazioni di Paola non riuscivo a ricordare quel posto, non sapevo neanche se ci ero mai stato o passato, decisi di rassegnarmi.
< Vabbè lascia perdere > disse con tono rassegnato.
< Scusa ma non credo che frequentiamo gli stessi posti > dissi sorridendo.
< Sì... infatti > rispose < Invece tu dove studi? >
< Io ho finito il liceo un anno fa… mi godo le vacanze estive, e poi se ne parla a settembre > risposi, infatti già immaginavo quando sarebbe arrivato settembre e mio padre mi avrebbe assillato per entrare a far parte dalla sua azienda per iniziare a fare esperienza… ma quello non era il mio sogno anzi a dir la verità non sapevo neanche cosa volevo fare in futuro e forse e per questo che mio padre mi stava tanto addosso.
< Quindi hai preso il così detto anno sabatico? > mi chiese.
< Più o meno… Sono comunque andato a lavorare con mio padre… Ma non credo che quello sia il mio campo > esclamai.
< E quest’anno che farai continuerai gli studi? > mi chiese.
< Si… ma non so di preciso in che specializzarmi, sta di fatto che non intendo mettere più piede in quell’azienda! >
< Capito… ma non è difficile basta capire cosa ti piace fare! > disse con un gran sorriso e come se questa fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
< Quello che vorrei fare io non conta molto… >dissi quasi rassegnato.
< Mio padre avendo un'azienda vuole che io vada a lavorare con lui, trova inutile fare altro quando hai già un lavoro disponibile e ben pagato > spiegai
< Ma se a te non piace dovresti dirglielo e fare quello che vuoi >disse. Certo lei la faceva facile era così solare e spensierata, di certo non si sarebbe fatta problemi se fosse stata in me, ma io non ero come lei, ero totalmente diverso e forse e per questa sua diversità che mi piaceva molto più di quanto potessi immaginare.
< Non conosci mio padre, si è sacrificato molto per arrivare dov’è ora e la mia decisione di mandare a quel paese tutti i suoi sforzi non credo lo rendi molto entusiasta> spiegai scuotendo la testa.
< Sarà ma devi inseguire i tuoi sogni… >
< E tu li insegui i tuoi? > le chiesi, fermando la nostra camminata, appoggiai le mani sui suoi fianchi… eravamo a pochi centimetri di distanza, com'era successo poco prima,la voglia di baciare quelle sue morbide labbra si faceva sempre più forte, le sue spalle erano appoggiate al muro di una vetrina e il suo rossore stava riemergendo.
< Beh… si qualche volta > farfugliò.
< Ah si? E quali? > dissi iniziando ad accarezzargli il collo. Non riusciva a darmi una risposta, e a essere sincero al momento non m'interessava, lentamente mi avvicinai a lei, ora potevo sfiorare le sue labbra, sentivo il suo respiro sul mio… Ma all’improvviso lo squillo del cellulare ci portò entrambi alla realtà, mi staccai da lei… oramai la magia si era spezzata. Estrasse il cellulare dai jeans e rispose alla chiamata.
< Pronto… si mamma sto tornando… si sta tranquilla… ok ciao> chiuse la chiamata era visibilmente imbarazzata. Ed io stavo trattenendo l’ennesima risata, sarebbe stata ancora più in imbarazzo se avrei iniziato a ridere.
< Forse e meglio che ti riaccompagni a casa… non vorrei che tua madre si preoccupasse > dissi aggiustandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
< Ok > fu l’unica cosa che riuscì a dire. Non vedendola stabile la presi la mano e ci avviamo verso la macchina.
Dopo averla riaccompagnata a casa, tornai alla mia dimora e mi fiondai subito in camera mia, mi tolsi subito la maglia e rimasto a dorso nudo svuotai le tasche dei pantaloni, dentro trovai anche lo scontrino della pizzeria, dietro il quale c’era un numero di telefono con una frase… “ Quando ti sarai stancato di quella ragazzina chiamami… Laura” sorrisi compiaciuto mentre scuotevo la testa, mi dispiace Laura il tuo numero finirà nella pattumiera, se non ti avevo richiama c’era un motivo, mai portarsi a letto due volte la stessa ragazza, in fondo se già sapevi cosa trovavi che gusto c’era…

Non ho mai amato così Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora