Finalmente dopo cinque ed estenuanti giorni l’influenza passò, quella sera ero deciso a riprendere il discorso che avevo interrotto qualche giorno prima con Sammy. Presi il telefono per comunicargli che sarei passato a prenderla per uscire insieme.
<Pronto! > rispose una voce che mi sembrava essere quella della madre ma non ero sicuro, di solito confondevo sempre la voce di Sara con quella della madre.
<Buonasera, potrei parlare con Samantha? > chiesi gentilmente.
<Ti direi di no solo perché non riconosci mai la mia voce > obbiettò quella che doveva essere la piccola Sara.
<Ciao Sara > la salutai.
<Ciao Dan, un attimo che te la passo > disse Sara, subito dopo arrivarono dei secondi di silenzio, iniziai ad immaginare cosa poteva fare Sammy in quel preciso momento. La immaginai seduta alla scrivania della sua stanza con le gambe accavallate immersa in un libro o in uno dei suoi saggi di letteratura e scrittura.
<Dan? > mi sentii chiamare dall’altro capo del telefono.
<Ciao Sammy, cosa fai di bello? > le chiesi per arrivare subito al punto.
<Nulla di particolare, perché? > mi chiese perplessa.
<Perfetto, allora vestiti perché sto venendo a prenderti > risposi.
<Cosa? > mi domandò confusa.
<Hai quaranta minuti a dopo! > conclusi riagganciando, sapevo che era inutile farla replicare, tanto dopo una decina di minuti ornati da inutili cambi di battute, avrebbe accettato il mio invito, io avevo solo accorciato i tempi. Per l’occasione indossai un jeans molto scuro, una camicia blu notte e un giubbino anch’esso scuro. Dopo quaranta minuti esatti arrivai sotto casa sua, dopo averla avvisata del mio arrivo, restai in macchina a fissare quell’enorme portone verde scuro dal quale lei avrebbe fatto la sua uscita. Dopo pochi minuti la vidi, indossava un trench rosa antico, doveva essere il colore del momento, visto che Sammy era sempre all’ultima moda. Quel semplice trench di quel rosa così chiaro e dai bottoni scuri, gli cingeva il corpo con un’armonia e un’eleganza a dir poco perfetti, sotto portava un paio di jeans molto chiari e anche molto stretti.
<Ciao > mi salutò entrando in macchina.
<Ciao > risposi con un sorriso.
<Ti sembra questo il modo di chiedere a una ragazza di uscire? > mi domandò mentre stavo iniziando a mettere in moto.
<Potevi sempre chiamare e disdire >commentai.
<Non è questo il punto! > ribatté.
<Qual è il problema, io volevo uscire con te e tu volevi fare lo stesso con me, ho solo evitato tutta quella manfrina telefonica dopo la quale avresti risposto di sì > affermai con convinzione, non avrei mai fatto una telefonata del genere senza la sicurezza del suo risultato positivo.
<Sei il solito sbruffone! > commentò.
<E tu come al solito sei incantevole > ribattei con un sorriso, Sammy fece un leggero sospiro di rassegnazione ma con la coda dell’occhio potei notare che stava cercando di trattenere un sorriso, come al solito stava cercando di non darmi la soddisfazione di aver ragione ma non capiva che più lei continuava con quell’atteggiamento, più il mio ego aumentava.
<Allora ti va di mangiare qualche cosa? > domandai.
<Sono le dieci passate, credo che entrambi abbiamo già cenato… quindi proposta bocciata> rispose. In effetti neanche io avevo fame ma in quella stana situazione non sapevo cosa proporre, non mi ero organizzato e ora non sapevo dove portarla.
<Allora cosa proponi di fare? > chiesi, sperando che lei avesse qualche proposta.
<Senti Dan, io sono uscita con te solo perché in questi giorni mi hai detto che dovevamo parlare, quindi preferirei fare qualche cosa di soft visto che questo non è un appuntamento > rispose.
<Sei noiosa > ribattei facendole una smorfia.
<E tu non prendi mai niente sul serio > controbatté.
<Forse hai ragione, ma abbiamo vent’anni perché ammorbaci la vita con dei discorsi troppo seri > affermai. Di tutta risposta Sammy mi lanciò un’occhiata di disappunto.
<Logicamente sto scherzando > continuai notando che aveva preso troppo seriamente le mie parole.
<Certo! > commentò. Quel piccolo battibecco mi fece fare un tuffo nel passato, ai tempi di quando stavamo insieme, avevamo spesso queste specie di discussioni che alla fine si concludevano sempre con una risata.
<Facciamo una cosa… adesso andiamo ad un bar, prendiamo qualche cosa e potremmo parlare di tutto quello che vuoi> suggerii.
<Ok > acconsentì. Appena trovai parcheggio, fermai la macchina e iniziammo a camminare alla ricerca di un posto dove avremmo potuto parlare con tranquillità. Dopo pochi metri trovammo un bar con dei tavolini che davano sull’esterno, dopo esserci accomodati feci un cenno al cameriere e ordinai due cioccolate calde con panna.
<Allora da cosa vogliamo partire? > domandai una volta che il cameriere si fu allontanato con le ordinazioni.
<Non saprei, dimmelo tu… sei tu che mi hai chiamata > rispose incrociando le braccia.
<Per me non c’è niente da dire, io voglio stare con te e tu vuoi fare lo stesso, non vedo nessun problema > dissi con un sorriso, sapevo che la questione non sarebbe stata così semplice ma tanto valeva provarci.
<Tu non vuoi stare con me! > ribatté.
<Come fai a saperlo? > domandai confuso, come poteva sapere cosa volevo, quali erano i miei pensieri e le mie emozioni quando le stavo vicino.
<Perché tu… > stava per dire quando il cameriere ci portò le due cioccolate, sembra avere uno sguardo perplesso, forse aveva sentito un pezzo della conversazione, ma dopo aver appoggiato le due tazze sul tavolino si allontanò senza dire una parola.
<Perché tu sei innamorato di Paola > continuò Sammy.
<Oh Dio! Quante volte ti devo dire che non sono più innamorato di lei! > sbottai, non c’è la facevo più di tutta la gente che credeva di sapere meglio di me quali erano i miei sentimenti, tra Sammy, Mark e Monica la situazione era insostenibile.
<Se magari il tuo amore non fosse scomparso dalla sera alla mattina, magari qualcuno ti crederebbe > replicò, i toni si stavano leggermente accendendo, sentivo gli sguardi della gente trafiggermi collo e spalle ma decisi che era meglio ignorarli.
<Senti Sammy, io non so più in che lingua te lo devo dire, se non vuoi riprovarci nessuno ti obbliga a farlo ma non accaparrare scuse inutili > affermai esasperato.
<Io non accaparro scuse! > ribatté sconcertata.
<Si tu trovi sempre delle scuse, come quando stavamo al liceo quando dicevi che eravamo troppo diversi, quando sei partita per New York e hai usato la scusa della distanza e ora questa stupida insinuazione, tu hai trovato sempre scuse con me > sostenni.
<Tu stai cercando di farmi sentire in colpa > dichiarò leggermente confusa.
<No, io sto solo dicendo la verità, se poi questa non ti piace non è colpa mia > affermai, in effetti era stata lei a lasciarmi, a non continuare la nostra storia, io mi ero solo adattato alle sue decisioni.
<Non so che dirti > disse con un sospiro.
<Voglio solo sapere se a te andrebbe di riprovarci, basta un semplice si o no! > dissi cercando di usare un tono più dolce rispetto a prima.
<Si mi va! > disse infine, dopo qualche secondo di silenzio. Era stata una faticata ma alla fine aveva ceduto.
<Allora ripartiamo da qui, cancelliamo il passato e viviamo la nostra storia a pieno… come non abbiamo mai avuto il coraggio di fare > proposi accarezzandole leggermente il viso. Senza dire niente lei annuì con un leggero sorriso, segno che aveva accettato la mia proposta.
<Hai un po’ di panna qui… > disse dopo qualche secondo di silenzio toccandomi con il polpastrello il labbro superiore per togliere i residui di panna.
<Averi preferito che me l’avresti tolta in un altro modo > affermai sorridendo.
<Ah si? E come? > domandò con tono ironico.
<Così! > annunciai, per poi sporgermi verso di lei e iniziare a baciarla, quel bacio non si rivelò dolce come mi aspettavo, anzi si rivelò molto passionale, si percepiva chiaramente che avevamo fame l’uno dell’altra, ma non potevo approfittare della situazione, anche perché non mi sembrava il luogo adatto. Dopo quel bacio la conversazione diventò più fluida, iniziammo a ridere, a scherzare e a baciarci, era così bella in ogni cosa che faceva, quando sorrideva i suoi occhi si illuminavano come due diamanti, anche il suo semplice passeggiare aveva qualche cosa di accattivante.
<La smetti di guardarmi così? >mi chiese ad un certo punto della serata, mentre passeggiavamo sul lungo mare.
<Così come? > le domandai confuso.
<Come se volessi letteralmente strapparmi i vestiti di dosso > ribatté con un sorriso e appoggiandosi al muretto. Con il vento che le scompigliava i capelli e quel suo sguardo così sicuro e intrigante era difficile negare di non averci pensato.
<Sarà un po’ difficile ma ci proverò> dissi cingendole i fianchi.
<Tu hai un problema serio mio caro, non riesci a pensare altro che al sesso > affermò.
<Non è colpa mia! Sei tu che mi fai questo effetto > sostenni mordendole leggermente una guancia < Ma stavolta sarà meglio andarci piano > continuai.
<Vuoi dire che la prima volta abbiamo corso? > mi domandò.
<Diciamo che la prima volta che siamo stati a letto insieme ci trovavamo in una gita scolastica e non c’era nessun rapporto sentimentale tra di noi! Insomma anche se si piacevamo non stavamo insieme > affermai, ripensando a quella storia non potei far a meno di sorridere. Ricordavo chiaramente le urla di Sammy perché nella sua stanza era entrato un piccolo ragnetto, Monica era sparita con Max chissà dove e l’altra compagna di stanza non faceva altro che ridere per la sua reazione, dopo che io e Mark fummo piombati in camera sua per verificare cosa stava accadendo e dopo un’attenta analisi decidemmo che Sammy sarebbe venuta a dormire con me mentre Mark sarebbe rimasto lì con l’altra ragazza e l’impertinente ragnetto, poi il risultato fu abbastanza scontato sia per me che per Mark… Mai avrei pensato che l’aracnofobia mi avrebbe aiutato a portarmi a letto una ragazza.
<Ripensandoci il fatto che tu non fossi il mio ragazzo mi fa sembrare un po’ facile > ammise con una leggera smorfia.
<Solo un po’! > ironizzai. Da lì iniziammo a ricordare quello e altri eventi scolastici di come i professori reagirono perplessi quando scoprirono la nostra storia, perfino loro erano scettici della nostra relazione. Ricordammo anche i innumerevoli professori e professoresse che per noi avevano sempre avuto un occhio di riguardo solo perché eravamo più attraenti degli altri compagni di classe.
<Ma poi alla fine, ci sei andato a letto con la professoressa di diritto? > mi domandò.
<Samantha Bonavita… queste non sono cose da chiedere > risposi fingendo di rimproverarla.
<Che c’è? Sono anni che me lo chiedo… Ora puoi dirmelo! > disse speranzosa, stavo per risponderle quando mi ricordai che in quel periodo già stavo con lei e quindi non potevo dire la verità.
<No! Alla fine non ci sono stato > mentii.
<Ok > commentò semplicemente, non sapevo se aveva capito che le avevo appena mentito, forse era meglio non scoprirlo.
<Grazie della bella serata! > commentò una volta riaccompagnata a casa.
<Anche io sono stato bene > affermai, dopo averla salutata un ultima volta lei uscì dalla macchina.
<Sammy! > la chiamai.
<Si? > mi domandò confusa.
<Nel caso tu non l’abbia capito ora tu sei la mia ragazza > risposi, non volevo che pensasse che quella fosse stata solo un’uscita, di solito si usciva con qualcuno per conoscerlo, noi invece ci conoscevamo già che senso aveva uscire?
<Buonanotte Dan > disse semplicemente
<Buonanotte Sammy >
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Non ho mai amato così
RomanceUn nuovo amore, una nuova emozione, una relazione tutta da scoprire dove il cuore inizia ad avere un nuovo battito. Lui è Daniele un ragazzo proveniente da una famiglia benestante, che ha appena conseguito la maturità e sta iniziando a decidere cosa...