Amori E Amicizie

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Pov Monica
Girovagavo per quella casa immensa, senza sapere di preciso cosa fare, avevo costretto Mark a lasciarmi da sola con i miei pensieri. Avevo bisogno di metabolizzare, di capacitarmi su un'altra delusione d’amore… questa volta davvero avevo creduto di aver trovato l’uomo della mia vita e nonostante tutto ero ancora convinta che lui, il mio Jemy era l’amore della mia vita, nessuno avrebbe mai potuto eguagliarlo. Speravo solo che un giorno, anche tra mille anni, lui comprendesse la verità dei fatti, io amavo lui come non avevo mai e non avrei mai amato nessuno. Non poteva esistere nulla di più intenso, di più coinvolgente, di più elettrizzante e profondo di quello che io oggi provavo per lui. Erano passati solo pochi giorni dalla nostra rottura e già mi mancava da morire, non potevo far altro che pensare a lui, a quello che lui stesse facendo e se era tornato nel suo paese… solo il pensiero di non vederlo più neanche di sfuggita mi faceva venire un’insana voglia di prendere il primo aereo e di trasferirmi a New York, almeno in quelle condizioni avrei potuto incrociarlo qualche volta, anche vederlo per due secondi ogni dieci anni mi sarebbe bastato. Mi guardai allo specchio, i miei occhi non erano mai stati più gonfi, d’altronde era normale visto che ormai piangevo notte e giorno, il mio povero fratellino aveva cercato di consolarmi e di farmi ridere e in qualche occasione c’era anche riuscito ma mi occorreva tempo per tornare a sorridere. Mentre ero intenta ad attaccarmi i capelli con un elastico sentii il campanello suonare, doveva essere Mark che non era riuscito a mantenere il suo intento di godersi la giornata con la sua ragazza. Non mi preoccupai di andare ad aprire la porta, visto che in casa c’era ancora la domestica, speravo solo che il dolce fratellino non si sarebbe presentato con un'altra confezione di gelato, orami ne avevo consumate una decina negli ultimi giorni, quando soffrivi per amore il gelato era un rito che bisognava fare ma per sollevare il mio umore occorreva tutta la gelateria. Non sentendo alcun rumore andai a costatare che alla porta fosse davvero Mark, avessi visto mai che ora uscendo invece di trovare mio fratello avrei trovato il cadavere strangolato della domestica? Scacciai dalla testa quell’immagine, ultimamente stavo leggendo troppi thriller. Quello che mi si presentò davanti non appena entrai nell’ingresso mi fece sobbalzare peggio del cadavere della domestica, lui in tutto il suo splendore era seduto tranquillamente in salotto, il mio cuore per poco non esplose, ora due erano le cose o avevo preso una brutta botta in testa mentre ero in bagno e ora stavo sognando, oppure, il mio Jemy era davvero lì.
<Monica!> mi salutò venendomi incontro e stringendomi tra le sue braccia… Ok non è che ero caduta e stavo sognando… ero proprio morta e quello era il mio paradiso.
<Mi dispiace da morire> continuò restando incollato a me.
<Non capisco!> borbottai, il suo profumo mi aveva travolto e il mio cervello riusciva a stento a dare i comandi alla bocca per espellere le parole.
<Sono un idiota, mi sono lasciato travolgere dalla rabbia e ho detto cose orribili> spiegò. Ok era pentito di quello che aveva detto, ero pronta a perdonare tutto quello che era successo, tanto nel mio paradiso potevo fare tutto quello che volevo.
<Anche a me dispiace di quello che ti ho detto> risposi per poi fiondarmi sulle sue labbra, quel sapore così intenso mi era mancato terribilmente, quel bacio così appassionato che non aveva nulla a che fare con il paradiso o con gli angeli mi fece pensare che magari tutta quella situazione non era una mia illusione… lui era qui tra le mie braccia, sulla mia bocca, con le mani che stringevano la mia vita.
<Tu sei davvero qui?> domandai una volta che ci fummo staccati.
<Direi di sì!> rispose con un sorriso compiaciuto, ora per lui tutto era risolto ma io avevo bisogno di parlare per non lasciare più ombre sulla nostra storia.
<Lo sai che dobbiamo parlare lo stesso?> chiesi.
<Dobbiamo proprio?> mi domandò imbronciato.
<Si!> risposi guardandolo negli occhi.
<Ok, sediamoci sul divano allora!> disse rassegnato, sapevo che le parole non erano il suo forte, che parlare di sentimenti lo faceva sentire a disagio ma stavolta doveva farlo, del resto ne avevamo bisogno entrambi.
<Si ma aspetta> dissi restando incollata a lui.
<Che succede? Credevo volessi parlare!> ribatté
<Si ma non voglio staccarmi da te> rivelai appoggiando la testa sul suo petto.
<Chi ha detto che dobbiamo staccarci?> chiese rafforzando la presa e prendendomi tra le sue possenti braccia, quando lui mi sollevava mi sentivo come una principessa che veniva salvata dal suo bel principe. Si sedette sul divano appoggiandomi delicatamente sulle sue gambe.
<Allora di cosa vuoi parlare?> mi chiese accarezzandomi il viso.
<Voglio essere sicura che tu abbia capito per bene il significato di quelle parole> iniziai.
<Tranquilla ho capito, lui è tuo fratello è normale provare una sorta di amore… Non era quello che c’era scritto che mi ha infastidito ma il fatto che tu non me l’abbia detto> mi interruppe.
<Non te l’ho detto perché me ne vergognavo> spiegai abbassando lo sguardo.
<Non devi vergognarti con me, io per te ho rinunciato a tutto, agli amici, alla stabilità alla mia famiglia e vedere che io ti avessi dato tanto e che tu invece mi nascondessi alcuni elementi della tua vita mi ha mandato in tilt> spiegò, era la prima volta che parlavamo così seriamente di quello che sentivamo, sentirlo parlare mi rassicurava e mi dava una sensazione di pace e benessere.
<Mi dispiace… giuro che d’ora e in poi non ti nasconderò più nulla> dissi, sapevo che per lui era uno sforzo parlare, quello che avevo sentito mi bastava per credere ancora in noi.
<Sarà meglio per te!> replicò fiondandosi sulle mie labbra, in meno di un secondo, senza sapere come mi ritrovai distesa sotto di lui, con le nostre mani che bramavano il bisogno di contatto…
<Jemy!> sussurrai già col fiato corto.
<Si?> mi chiese con un sospiro.
<I love you> risposi, avevo il bisogno di dirglielo, di dimostrarglielo… di cancellare i giorni appena trascorsi come se non fossero stati altro che un brutto sogno.
<Idem!> affermò semplicemente Jeremy per fiondarsi sul mio corpo e mostrarmi quanta brama avesse lui di me.

Pov. Dan
La calma e la tranquillità, finalmente, regnava sovrana, Monica e Jeremy erano tornati ad essere una perfetta coppia amorevole, io e Paola magicamente non avevamo problemi, Mark e Camilla mi sembravano affiatati come sempre e infine Federica e Matteo avevano trovato un loro equilibrio. Sembrava tanto l quiete prima della tempesta, forse dovevo smetterla di pensare a cercare di applicarmi su Paola, che stava sostenendo l’esame di maturità. Parlava liberamente e senza problemi, sembrava sicura di se come non mai. Mentre ero seduto su una sedia scomodissima, come del resto lo erano tutte le sedie scolastiche, notai sottocchio Federica che stava entrando nell’aula, alzai un braccio con l’intento di farmi notare.
<Hey Dan… ha iniziato da molto?> bisbiglio sedendosi al mio fianco.
<Da un po’!> risposi.
<Non mi perdonerà mai questo ritardo> commento aggiustandosi la sua lunga chioma castana, che aveva rigorosamente aggiustato in acconciatura liscia.
<Ma come mai hai ritardato?> domandai, finalmente potevo parlare con qualcuno, avevo rigorosamente evitato di scambiare parole con le compagne di classe di Paola, non sapendo come questa avesse potuto reagire.
<Ieri sera ho fatto le 4am per studiare e stamattina non mi sono svegliata in tempo> spiegò.
<Ma tu non hai già affrontato l’esame?> domandai, ricordavo che Paola era andata a vedere il suo esame qualche giorno prima, quindi che doveva studiare?
<Sto studiando per affrontare il test di medicina all’università> spiegò.
<Medicina? Auguri> dissi, non avevo mai pensato che Federica fosse intenzionata a frequentare una simile facoltà, a vederla non sembrava una di quelle ragazze che passavano la giornata sui libri, di solite queste ragazze erano brutte e con scarsa vita sociale.
<Grazie! Mi sa che mi serviranno molti auguri… essendo una facoltà a numero chiuso> commentò. Dopo pochi minuti Paola aveva finito il suo esame e si avvicino a noi.
<Mamma mia che ansia> commentò con una mano sul cuore.
<Dai che sei andata bene!> le dissi abbracciandola.
<Lo so! Ma mi ero propinata di conservare l’ansia per il dopo altrimenti non avrei proferito parola> rivelò.
<Proferito…. Si vede che hai studiato> dissi con ironia.
<Smettila di prendermi in giro> borbottò.
<Hey Fede sei venuta> urlò vedendo l’amica e correndo ad abbracciarla.
<Come potevo mancare> disse ricambiando l’abbraccio. Mentre le effusioni continuavano ci dirigemmo fuori dall’aula per permettere ai professori di chiudere le porte e discutere del voto.
<Stasera si festeggia?> domandò Federica.
<Certo, ora possiamo festeggiare tutti insieme, siamo tutte diplomate> rispose Paola. In effetti avevamo rimandato i festeggiamenti di Fede e Camy perché mancava ancora l’esame di Paola, ma ora che anche lei come le altre due aveva sostenuto l’orale potevamo uscire e fare baldoria.
<Bene stasera festeggiamo tutti insieme ma se non ti dispiace ora la mia ragazza deve festeggiare con me> intervenni abbracciando Paola alle spalle.
<Davvero?> mi chiese Paola entusiasta.
<Si, ho anche provveduto ad avvertire tua madre che torni direttamente stasera tardi> risposi dandole un piccolo bacio sulla guancia.
<Va bene piccioncini mi state facendo venire la nausea ci vediamo stasera> commentò Federica per poi avviarsi all’uscita.
<Grazie di essere venuta> urlò Paola, di tutta risposta Federica si limitò ad alzare un braccio in segno di saluto.
<Andiamo anche noi?> domandai.
<Certo, dove mi porti?> mi chiese.
<Prima di tutto andiamo a prendere il tuo regalo, che ho lasciato in macchina, e poi visto che è quasi ora di pranzo andiamo a mangiare qualche cosa… poi vedremo…> rispose.
<Mi hai fatto un regalo?> domandò stupita.
<Certo il mio fiorellino si diploma è anche normale fargli un piccolo regalo> risposi con un sorriso mentre ci avviavamo alla vettura, speravo solo che il trilogy che le avevo regalato fosse della misura giusta.
<Cosa mi hai regalato?> mi domandò saltando in macchina.
<C’è un pacchettino nel cruscotto> riferii salendo a mia volta.
<Ok> disse aprendo il cruscotto, estrasse il pacchettino avvolto da una carta regalo blu, scartò la carta regalo e aprì la scatola, quando vide l’anello per poco non svenne.
<Dan è stupendo!> esclamò.
<Sono contento che ti piaccia> dissi con un sorriso, con mia grande fortuna l’anello le andava alla perfezione.
<Grazie> disse saltandomi letteralmente addosso.
<Adoro i tuoi ringraziamenti> le sussurrai sulle labbra.
<E io adoro ringraziarti> rispose.
<Forse possiamo ordinare qualche cosa a casa> proposi, visto la situazione non credo che saremmo riusciti a stare in un luogo pubblico.
<Ottima idea> affermò per poi darmi un ultimo bacio e tornare sul suo sedile.
Misi in moto e ci dirigemmo a casa mia, dove avevo proibito il transito per tutto il pomeriggio, non appena fummo entrati la passione ci travolse, non potemmo fare altro che arrenderci ad essa sul divano del mio salotto. Ogni contatto con lei era sempre un qualcosa di nuovo e magico, mai mi era capito di non stancarmi di andare a letto con la stessa donna, ma con lei era diverso se contavamo tutto, evitando di calcolare la rottura, ormai erano poco più di due anni che non potevo far a meno di lei, delle sue mani, dei suoi baci, mai nessuno mi aveva travolto così… o forse era semplicemente il fatto di amarla che rendeva tutto così speciale e intenso. Dopo aver passato tutto il pomeriggio a fare l’amore e a mangiare poco o quasi niente, fu ora di raggiungere gli altri, quella giornata era letteralmente volata e la voglia di ragiungere gli altri era ridotta al minimo. Nonostante le mie numerose proteste, Paola riuscì a tirarmi fuori dal letto e a convincermi che festeggiare tutti insieme era un avvenimento alquanto divertente. Per l’occasione decidemmo di andare in un disco-pub, dove avremmo potuto ballare, mangiare e logicamente bere qualche cosa. Non appena arrivammo a destinazione l’anello che avevo regalato a Paola colpì l’occhio di tutte suscitando grande clamore, eppure non mi sembrava nulla di così speciale, nonostante come anello fosse un pochino caro. I ragazzi invece ebbero tutt’altra reazione.
<A quando le nozze?> mi domandò ironico Matteo.
<Ma quali nozze!> esclamai, mentre un brivido gelido mi percorreva la schiena… già immaginavo la scena… matrimonio, gravidanza, esaurimento di Paola, esaurimento mio, nascita della prole, riappacificazione, giorni felici, nuova gravidanza, nuovi esaurimenti, nascita del figlio pestifero, esaurimento Paola, mia esasperazione, liti, avvocati, divorzio, anni infelici, rincontro dove ormai non si litiga più, ricaduta, pace, seconde nozze, ulteriore gravidanza, nascita di una dolce bimba, invecchiamento nella casa a mare… NO il matrimonio poteva aspettare.
<In effetti sembra uno di quegli anelli che si regalano come proposta di matrimonio> intervenne Mark.
<Tu sta tranquillo che quando le chiederò di sposarmi tu lo saprai prima di tutti> lo rassicurai.
<E perché?> mi domandò incuriosito.
<Perché dovrai farmi da testimone> risposi come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo, in effetti era ovvio i fratelli ti facevano da testimone, la sua faccia mi sembrò alquanto stupita e non ne capivo la motivazione. Entrammo nel locale super affollato e decidemmo di sederci ad un tavolo più appartato e dove la musica rimbombava di meno, così avremmo anche potuto parlare senza problemi. Ordinammo tanto cibo da poter sfamare un esercito, o anche solo me, Mark e Jeremy, drink per tutti e qualche bottiglia di champagne, visto che Monica aveva deciso di aprirsi con i brindisi.
<Vorrei proporre un brindisi> propose Monica alzando un bicchiere <A queste tre giovani e soprattutto belle fanciulle che sono uscite dal mondo scolastico e che muovono i primi passi verso l’inizio di una nuova era!> continuò. 
<Allora avete deciso cosa sarà di voi?> domandò Jeremy una volta che i brindisi furono finiti.
<Io penso di fare un corso di un paio d’anni per riuscire ad entrare negli asili nido> rispose Paola, lavorare stando a contatto con i bambini l’aveva sempre ispirata e ora poteva continuare a realizzarsi per raggiungere il suo scopo.
<Bello rapido e conciso> esclamò Jeremy <Tu invece  Camilla che farai? Università come il tuo caro fratellino?> continuò, posando lo sguardo sulla mia sorellina neodiplomata.
<Ma che università! Io vado a lavorare con papino! Con i libri ho chiuso> rispose quasi inorridita dall’idea di continuare a studiare.
<Ancora più rapido e conciso> esclamò Jeremy con un sorriso <Ora manchi solo tu… che farai> chiese rivolto a Federica.
<Io mi iscriverò a medicina per diventare chirurgo!> rispose entusiasta Federica.
<Alla faccia, tra una specie di baby sitter e una classica raccomandata un chirurgo non me l’aspettavo> commentò Jeremy provocando una risata generale.
<Quella Federica ha traguardi molto alti> intervenne Matteo.
<Traguardi molto lunghi e impegnativi> commentò Monica.
<L’importante è raggiungere il traguardo con classe!> disse Federica.
<Io proporrei un altro brindisi…> intervenne Matteo alzando il bicchiere di champagne <Alla classe di questo splendido e bellissimo futuro chirurgo!>

Intanto a New York
Pov. Sammy
Il mio armadio era colmo di vestiti, ma come al solito decidere cosa indossare era un impresa, scartai tutte le maglie nere e blu visto che da quando mi ero trasferita a New York mi vedevo molto più pallida di quanto già non fossi, forse era la carenza di giornate soleggiate a rendere la mia palle più bianca del latte. Di conseguenza tutti i colori più scuri erano da scartare, vedendo la mia immagine riflessa nello specchio notai che nonostante tutti gli sforzi di Ben di farmi mettere su qualche chilo non facevo altro che dimagrire, certo era comodo avere un amico che cucinava e puliva per te ogni sera ma quando iniziava con le sue paternali era davvero esasperante. Anche lui come la maggior parte degli uomini mi definiva una bella ragazza, non avevo mai capito cosa ci trovassero gli uomini in me… in fondo ero bianca quasi come un vampiro, il mio seno era del tutto inesistente, i miei capelli erano lisci come dei spaghetti… mah chi cavolo li capiva! Posai lo sguardo sull’orologio appeso alla parete, erano da poco passate le 9pm ed ero in un ritardo pazzesco. Alla fine puntai su un classico jeans con una maglia monospalla color azzurro chiaro con dei piccoli strass sulla manica, indossai anche un giacchino di jeans, nonostante fosse luglio, per me faceva ancora freddo, ero sempre più convinta che non mi sarei mai abituata a questo clima. Mentre prendevo le ultime cose il mio cellulare iniziò a suonare… era la mia dolce Monica.
<Hey baby> risposi entusiasta.
<Ciao splendore> mi salutò <Cosa fai di bello?> mi domandò.
<Stavo uscendo per andare da Ben> risposi, guardandomi attorno per controllare se avevo dimenticato qualche cosa.
<Ah l’amico di cui aspetto estetico è ignoto> replicò sarcastica.
<Ma che ignoto… ti ho detto com’è!> ribattei, certo non gli avevo detto tutta la verità ma qualcosa gli avevo spiegato… ero convita che gli avessi descritto Ben in tutta la sua massa statuaria mi avrebbe ossessionato sul provarci con lui, ed io non ne avevo alcuna intenzione.
<Dire “è un tipo” non vuol dire che mi hai detto com’è> borbottò.
<Dai lasciala in pace> sentii urlare Jeremy dall’altra parte, che carino il mio Baddy, era sempre pronto a spalleggiarmi, Dio quanto mi mancavano quei due, vivere qui si stava rivelando più difficile del previsto.
<Ma di cosa ti impicci tu?> stava ribattendo Monica, mentre loro continuavano il loro battibecco iniziai a uscire dalla stanza, una volta che Sara si sarebbe trasferita da me avrei dovuto decidermi a prendermi un appartamento. Chiusi la porta e iniziai ad incamminarmi lungo il corridoio.
<Stai fitto tu!> sentì sbottare Monica <Scusa cara dicevamo?>mi domandò.
<Parlavi di Ben…> suggerii.
<Ecco brava… allora Ben…> così Monica iniziò il suo enorme monologo sul mio bisogno impellente di sfogare gli ormoni e di andare avanti con la mia vita lasciando tutto il passato alle spalle. Uscii dall’albergo e percorsi Crosbry st. Per fortuna l’appartamento di Ben era situato solo a pochi isolati di distanza dal mio albergo, spesso lui veniva in quel albergo per lavoro, a quanto avevo capito era una specie di personal trainer o una cosa del genere, di conseguenza seguiva i suoi clienti privati anche negli alberghi. Dopo una decina di minuti mi ritrovai a Centre st, e di conseguenza ero arrivata a destinazione.
<Unico amore della mia vita io dovrei andare> dissi cercando di azzittire Monica.
<Che palle, con te non si può mai parlare, hai sempre qualche cosa da fare> borbottò indispettita.
<Facciamo una cosa ti chiamo io in mattinata> suggerii, almeno così avrei potuto godermi la cena in pace.
<Quando è mattina da me o da te?> mi chiese.
<Quando è mattina da te> risposi, avrei dovuto mettere una sveglia per ricordarmi di chiamarla di mattina, di solito quando lei si svegliava io dormivo da poco più di un ora <Ora vai a dormire che è tardi> suggerii, in fondo facendo un rapido calcolo in Italia dovevano essere le 3am.
<Ok tesoro divertiti> mi salutò.
<Va bene anche tu!> ricambiai, sapevo che se quei due erano rimasti svegli fino a quell’ora non era di certo per parlare con me.
<Già fatto> affermò.
<Non avevo dubbi> dichiarai, dopo un altro breve saluto riagganciai e citofonai, cliccai sul cognome “Hayden B.”
<Sali ritardataria> rispose senza neanche chiedere chi fosse.
<Sorry> gridai entrando nel palazzo.  Percorsi le scale fino al primo, la porta d’ingresso era aperta, possibile che non si preoccupasse minimamente di costatare chi fosse alla porta. Entrai nel salotto, tutto era addobbato in perfetto stile neworkese, il pavimento era di parchè chiaro, con un tappeto dipinto di vari colori, il divano era di tessuto nero e di fronte c’era un perfetto schermo al plasma.
<Buonasera> lo salutai entrando in cucina.
<Ciao, sei in ritardo!> mi fece notare.
<Lo so, mi ha chiamato Monica e ho perso un po’ di tempo a telefono> spiegai sedendomi sull’isola abitabile situata a destra dei fornelli.
<Quando l’amica chiama e meglio rispondere> commentò sorridendo, anche lui ormai aveva capito il carattere di Monica a furia di tutti i racconti che gli avevo narrato.
<Già> concordai <Che mi hai preparato di buono?> domandai cercando di sbirciare nella pentola.
<Come antipasto gamberi in salsa rosa, salmone affumicato e vari stuzzichini , come primo piatto pasta con panna, gamberi e curry e poi visto che per te sarebbe inumano mangiare anche la seconda portata si passa direttamente al dolce ossia una cheesecake fredda alle fragole> elencò.
<Tu vuoi farmi diventare un grassona> commentai con un leggero sorriso, stare con lui mi metteva sempre di buon umore, era difficile trovare un amico che ti ascoltasse senza esprimere giudizi o dare il proprio parere ma Ben mi aveva sempre ascoltato in silenzio, ormai ci conoscevamo da poco più di un mese ma sentivo che con lui potevo aprirmi completamente.
<Anche da grassa saresti uno schianto> ribatté <Dai ora mettiti a tavola> continuò portando un enorme vassoio di cibo a tavola.
<Si padrone!> asserii saltando giù dallo sgabello. Con mio grande sforzo riuscii a mangiare buona parte della cena, mi sentivo quasi scoppiare. Dopo aver sistemato la cucina ci stendemmo entrambi sul suo enorme letto matrimoniale, la camera da letto era molto simile al salotto, i mobili erano comunque scuri, ma a rendere più gradevole l’atmosfera cerano i quadri super colorati appesi alle pareti.
<Che film mi propini oggi?> domandai incuriosita d'altronde dopo una buona cena occorreva necessariamente un buon film.
<Avevo pensato a qualche cosa di divertente… > disse cercando tra i vari dvd che aveva, rigorosamente, ordinato sulla mensola accanto al televisore.
<Per me possiamo vedere quello che vuoi basta che non sia niente che riguardi l’horror> risposi sedendomi al centro del grande letto rotondo.
<Lo so, niente horror… altrimenti la bambina non dorme> disse con ironia sfoderando un sorriso dal quale trapelava una fila di denti bianchissimi.
<La bimba non è che non dorme, la bimba viene colpita da un infarto fulminate e muore nel tuo letto> risposi adoperando il suo stesso tono.
<Sei sempre esagerata!> borbottò.
<Che ne dici di “Cappuccetto rosso sangue?”> mi chiese.
<No… fa paura> esclamai, solo il titolo già mi metteva i brividi.
<Non è vero, non fa per niente paura te l’assicuro> ribatté con quella sua aria da cucciolo alla quale dire di no era quasi impossibile.
<Se mi giuri che non fa paura… va bene> dissi rassegnata.
<Ok> esclamò inserendo il dvd nell’apposito lettore. Lo schermo televisivo si ricoprì subito di immagini e musiche.
<Ecco fatto, buona visione bimba> disse sedendosi al mio fianco.
<Anche a te Tigre…> dissi appoggiando la testa sulla sua spalla. Il film durò per un ora e mezza, e dire che mi aveva spaventata era poco, per tutta la durata del film avevo tenuto il lenzuolo sugli occhi aggrappandomi saldamente al fianco di Ben.
<Io ti odio!> esclamai quando finalmente fu finito.
<Dai non mi dire che ti ha spaventato questa idiozia di film!> ribatté con un sorriso.
<Si mi ha spaventato… sono una paurosa nata e non ci passo fare niente e tu sei un gran bastardo> controbattei alzandomi dal letto.
<Tu non stai bene! Io ho visto questo film con mio nipote che ha 5 anni e lui non si è per niente spaventato anzi rideva> spiegò alzandosi a sua volta.
<Bè io invece mi sono spaventata e solo al pensiero di dover camminare per quelle strade buie per raggiungere l’albergo mi terrorizza> borbottai.
<Dormi qui!> propose.
<Cosa?> domandai più per lo stupore che per la mancata comprensione della frase, nonostante Ben avesse un accento inglese molto marcato l’italiano lo parlava abbastanza bene.
<Puoi dormire qui, poi domani mattina ti accompagno io in albergo, visto che domani ho un appuntamento con un cliente lì, non è un problema> spiegò.
<Dici sul serio?> domandai, l’idea di dormire con lui non mi dispiaceva affatto, mi mancava dormire con qualcuno nel nello, di solito Sara si intrufolava nel mio letto di tanto in tanto ma ora che abitavamo in due paesi diversi non poteva farlo.
<Certo, posso prestarti una mia maglia per dormire> propose.
<Ok> dissi semplicemente.  Presi la maglia che Ben mi aveva offerto e andai in uno dei due bagni presenti nell’appartamento per prepararmi alla notte, mi struccai e feci una doccia, quando indossai la maglia notai che mi arrivava a mala pena al sedere. Uscii dal bagno e mi diressi in camera da letto dove Ben era steso sul letto con in dosso solo dei boxer, ora che lo vedevo senza vestiti potei notare maggiormente i suoi addominali scolpiti e tutti i muscoli presenti sul suo corpo e dovevo ammettere che era davvero molto attraente. Quando Ben posò gli occhi su di me si bloccò per un istante, forse stava notando che la sua maglia non mi copriva per niente.
<Non è tanto lunga> osservai.
<In effetti no!> concordò continuando a fissarmi, sentii il viso bruciare sotto i suoi occhi, perché mi stavo imbarazzando? Non c’era nessun motivo per farlo! Ero solo in un letto con un amico molto carino e che emanava un odore inebriante.
<Se vuoi posso andare a dormire sul divano> propose.
<No! Voglio che tu dormi con me> confessai.
<Ah si dimenticavo, la bimba è terrorizzata a causa del film> mi prese in giro stringendomi a se.
<Certo il film> accordai, film? Film quale film?
<Allora buonanotte Sammy> disse accarezzandomi i capelli.
<Buona notte Ben>

Non ho mai amato così Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora