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Come la prima volta che ci incontrammo, il mio nome era stato pronunciato con una freddezza imponente che non lasciava spazio a curiosità o confusione. Quello di William sembrava quasi un richiamo, un affronto.
Rimasi a guardarlo immobile, congelata sul posto.

Con la coda dell'occhio osservai la confusione dei ragazzi che ci circondavano.
«Laila» sentii mormorare da Pan in un soffio sorpreso, ma mascherato dal solito tono crudo e indifferente.

«Vi conoscete?» si intromise Zav, spavaldo.

«No» rispose prontamente il bambino, impassibile.

Entrambi distogliemmo lo sguardo dopo quel breve momento di realizzazione. Lui si avvicinò alla sua tenda a passi veloci e si chiuse dentro, mentre io cercavo in tutti i modi di evitare quegli sguardi indagatori.

«Allora? Tornate alle vostre faccende» ordinò Felix facendo disperdere gli sperduti nel giro di qualche secondo. Lui non sembrava ne sorpreso ne interessato alla faccenda, e se non fosse stato proprio lui gliene sarei stata immensamente grata.

Anche Pan sembrava essere tornato in se, e non perse tempo a riacquisire l'atteggiamento prepotente di un vero leader.

«Vieni. Non hai ancora finito per oggi»

Lo seguii, tenendomi a qualche passo di distanza, mentre raggiungevamo un gruppo di sperduti.
Questi non erano impegnati in alcun tipo di attività fisica, e ciò li metteva in un badiale svantaggio.
Si accigliavano e borbottavano rigirandosi tra le mani una strana tavoletta in ceramica scura.

«A me sembra più una foglia. Aspetta, forse è un calzino...»
Zav tirò uno scappellotto al ragazzo.
«Tu sei completamente andato. Ma secondo te può mai essere un calzino?»

A sua discolpa, neanche secondo me quella figura era così chiara. Era un disegno formato da chiazze indecifrabili che sembravano spostarsi ogni secondo che passava.
Pan mi invitò a sedersi accanto a lui ed io, riluttante, lo accontentai.

«Ci sono! Guarda qua...la testa e la coda. È un serpente» il ragazzo si rivolse a Pan, che annuì.

«Il serpente è l'animale che funge da ostacolo per il raggiungimento della pace interiore, ma simboleggia anche la codardia in alcuni casi. Il tuo segno non è ancora molto chiaro» spiegò il ragazzo accanto a me, metodico.

Lo sperduto assunse una smorfia stranita mentre gli altri ridacchiavano.
«E ti pareva...»

Mi persi per un secondo ad osservare quello strano oggetto, che cambiava ogni volta che passava ad una mano diversa.
Non c'erano dubbi che avesse qualcosa di magico al suo interno, e non ne rimasi sorpresa.
In ogni caso, Pan non si degnò di spiegarmelo.

«Prendi»
Uno di loro mi lanciò l'oggetto che riuscii a malapena ad afferrare.
Tutti si chinarono verso di me, fissando con curiosità la superficie piatta della tavoletta.

«Perché non compare niente?» si lamentò uno di loro dopo qualche secondo.

«Portate pazienza. Per alcune persone ci vuole più tempo di altre» spiegò il ragazzo lanciandomi un'occhiata che non riuscii a interpretare.

Dopo interminabili secondi di attesa, riuscii finalmente a vedere la sottile punta di inchiostro che si arricciava su se stessa.

«Ok. Non ci provo neanche a decifrare questo» proferì lo stesso sperduto alzando le mani in segno di resa.

«Ma che cos'è?» continuò un altro, guardando il disegno da ogni prospettiva possibile.

Effettivamente sembrava uno scarabocchio fatto a caso: una linea un po' storta e delle spirali sbiadite che la circondavano.

Cronache del buio - Peter PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora