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Lanciai gli ultimi pezzi di legno sui residui del focolare, tirando un sospiro di sollievo.
Era passato un po' di tempo dalla conversazione con Pan, e da quel momento gli sperduti non avevano fatto altro che spartirmi ordini da una parte e dall'altra, facendomi sudare come una matta.

«Vai a dare una mano con la cena?» mi raggiunse Zav con il fiato corto e un tono meno scontroso del solito.
Prima di rispondere mi presi qualche secondo per guardarlo meglio. Sembrava stanco, e a confermarlo erano le orribili occhiaie scure che gli contornavano gli occhi. Mi chiesi cosa fosse cambiato, il perché del suo cambio di umore improvviso.

Lisciai i palmi sui pantaloni nuovi di zecca che avevo ritrovato sul bordo del mio letto quella mattina, pulendo le mani dai trucioli lasciati dal legno.

«Va bene» risposi semplicemente. Non perché fossi piena di energie, ma tutto quel movimento sembrava riuscire a distrarmi almeno un po'.
Avevo avuto così tanti incubi durante quelle notti che il solo pensiero di toccare il cuscino con la testa mi faceva venire i brividi. Non sapevo esattamente quale fosse il contenuto dei miei sogni, non lo ricordavo, ma ero quasi certa che avesse a che fare con le parole di Pan.

Quel meschino, crudele bugiardo.

«Vedo che ti sei ripresa completamente» notò, accomodandosi sulla superficie di una quercia troncata.
Dal modo in cui mi guardava ebbi la sensazione che stesse cercando di intrattenere una conversazione.

«Non pensavo ti interessasse» osservai vagamente, sistemando a incrocio gli ultimi pezzi di legno.

Lo sentii sospirare mentre si passava una mano tra i capelli annodati.
«Non l'ho mai detto»

Non alzai gli occhi al cielo solo perché non avevo assolutamente voglia di litigare. Ma non potei negare che quella strana apprensione nei miei confronti mi creasse un certo disagio, come se il suo atteggiamento risultasse troppo poco aggressivo. Avrei preferito che mi ignorasse, piuttosto.

Pensando tra me e me, corrucciai la fronte. Magari quello era proprio un buon momento per schiarirmi un po' le idee e tappare finalmente la bocca alla mia curiosità.

«Come sta Felix?» chiesi con disinvoltura, sedendomi accanto a lui.

Tutto d'un tratto, sembrava aver perso tutta la voglia di chiacchierare. La sua reazione non era decisamente quella che mi sarei aspettata.
Nel giro di pochi istanti divenne pallido come una statuetta di ceramica.
Era messo così male?

«Sta bene» rispose secco, schiarendosi la gola subito dopo. Non mi guardava, e si passava le mani sul tessuto bagnaticcio dei pantaloni in continuazione.

«Tu, piuttosto. Vedo che ti sei ripresa»

«Questo l'hai già detto» gli feci notare, assottigliando gli occhi. Non credevo che una domanda del genere potesse agitarlo così tanto.

«È un problema se lo dico di nuovo?» ghignò ironico, ristabilendo a poco a poco la sua compostezza. Forzò un sospiro rilassato, poggiando un braccio sul ginocchio piegato.

Però non mi era sfuggito il suo sguardo continuamente teso, il tono della voce più squillante del solito e i suoi occhi che sfuggivano costantemente. E quel repentino cambio di argomento mi confermò ancora una volta che ci fosse qualcosa di strano in quella situazione.
Volevo capire perché al solo nominare la parola Felix i suoi sensi sembravano andare subito sull'attenti.
Ricordai vagamente l'espressione di orrore che aveva dipinta sul volto quando ci era stata comunicata la notizia, ma anche in quel momento non potei fare a meno di notare qualcosa di strano. Sembrava terrorizzato più che preoccupato, ma non ero sicura che fosse la salute dello sperduto a stargli così tanto a cuore.
Avevo già una spiegazione plausibile in mente.

Cronache del buio - Peter PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora