Lo disprezzavo.
Solo guardarlo negli occhi mi disgustava, mi faceva sentire così sbagliata che ogni volta che mi era vicino l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era il modo più veloce per allontanarlo da me. Eppure gli avevo permesso di starmi accanto e mi ero fatta accarezzare come se tra noi ci fosse quel tipo ti intimità, più di una volta.
Mi sentivo stupida e ingenua e mi ripromisi che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta, mai e poi mai.«Non vuoi che nessuno mi faccia del male ma tu sei il primo a farlo» mormorai seria, stavolta furiosa. Era un ipocrita, bugiardo e malefico manipolatore. Un momento prima era crudele e spietato e quello dopo fingeva di essere un angelo buono e premuroso.
La sua espressione si indurì e i suoi occhi mi lanciarono un avvertimento. Non gli piaceva che gli rispondessi in quel modo, ma se lo meritava. Come potevo fingere di credere a tutti i suoi gesti?
Voltò la testa con uno scatto facendomi capire quanto le mie parole l'avessero fatto arrabbiare. Meglio così. Non era l'unico che poteva parlare senza pensare alle conseguenze e ai sentimenti degli altri.«Uccidetelo» ordinò ai suoi sperduti che non persero tempo ad afferrare Zav per la gola e a tenerlo fermo mentre uno di loro gli puntava un pugnale alla gola.
Mi prese totalmente alla sprovvista e mi si gelò il sangue. Ero sicura di essere impallidita; i suoni arrivavano ovattati alle mie orecchie e la mia testa iniziò a girare.
Non riuscii a spiccicare parola, le mie mani tremavano senza che potessi controllarle.
E poi, con un colpo secco, la lama gli squarciò la gola.Sussultai e istintivamente indietreggiai di un passo. Il suo corpo cadde atterra agonizzante, con il sangue che sgorgava copiosamente dalla ferita in un modo innaturale. Il suo colore scuro ricoprì interamente il fogliame circostante sotto i suoi lamenti strozzati. Ero così scioccata che non riuscivo a distogliere gli occhi da quella scena.
Le labbra di Zav si muovevano senza emettere un suono, agitate, mentre con le mani cercava impacciatamente di bloccare la fuoriuscita di sangue.Mi resi conto di star piangendo silenziosamente solo quando la mia vista divenne sfocata. La mia bocca era ancora leggermente aperta, il minimo indispensabile per permettermi di respirare.
Le sue gambe scalciavano l'aria, si contorceva spasmodicamente mentre i suoi vestiti si inzuppavano di rosso.
Finché, dopo secondi di agonia, non smise di muoversi.Era una cosa così surreale che credetti di star sognando. Ero sicura che Pan mi stesse guardando ma non osai distogliere lo sguardo da quella scena. La paura che provavo era così tanta che sembrava che la mia anima si fosse divisa in due e che una parte avesse cominciato a fluttuare.
Non poteva essere vero.I ragazzi ridacchiarono, esultarono, sputarono sul corpo dello sperduto che aveva perso tutto il colore corporeo e che, immobile, aveva lo sguardo rivolto verso il cielo.
Strinsi le palpebre il più forte possibile, eppure quell'immagine era fissa nella mia testa. Ero così sconvolta che inizia a sentirmi male. La testa iniziò a girare come se fossi stata risucchiata in un vortice e mentre indietreggiavo sentivo di star per perdere l'equilibrio.E a peggiorare la situazione c'era lo sguardo insistente di Pan che si aspettava qualcosa da me, come se volesse studiare la mia reazione. Ma in quel momento non mi importava se mi avrebbe giudicata.
Mi voltai e mi allontanai da quella scena per evitare di vomitare davanti a tutti sentendo i suoi occhi perforarmi la schiena.
Mi sentivo vuota ma allo stesso tempo una bomba pronta ad esplodere. Più mi allontanavo più le immagini di quella scena si facevano chiare nella mia mente, pronte a tormentarmi. Sbattevo le palpebre e lo vedevo li, inerme, circondato dal suo stesso sangue e con gli occhi vitrei spalancati.
Mi rannicchiai con la schiena poggiata su una roccia e piansi silenziosamente con la testa nascosta tra le ginocchia. Non l'avrei mai superato. Non avrei mai potuto dimenticare. Mi avrebbe perseguitata per sempre, fino alla fine dei miei giorni.
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Cronache del buio - Peter Pan
FanfictionAlzai lentamente lo sguardo sulla figura che si prestava davanti a me, a qualche metro di distanza. Un ragazzo, con la schiena poggiata su un albero, mi osservava con curiosità. Solo dalla sua postura potevo notare una certa sicurezza, quasi arrogan...