15

1.7K 70 2
                                    

Ero esausta e infastidita.
Provai pena per quei ragazzi che dovevano subirsi questo tormento tutti i giorni da chissà quanti anni.
«Devi tenere i piedi così» disse Pan girandosi di lato.

Lo guardai alzando un sopracciglio, con il fiatone. Non serviva mostrarmi la posizione in cui dovevo stare se nemmeno riuscivo a tenere la spada dritta.
Lo vidi sospirare mentre si avvicinava, scocciato. Si posizionò dietro di me e posò le sue mani sopra le mie aiutandomi a sorreggere la spada. Quando le nostre pelli entrarono a contatto non riuscii a controllare il tremore che si impossessò del mio corpo. Sembrò notarlo, tanto che per migliorare la situazione poggiò il mento sulla mia spalla, con la scusa di sistemarmi meglio.
Stronzo.

«Devi fare forza sul polso» mormorò troppo vicino al mio orecchio, tanto che la sua voce mi mandò brividi lungo la spina dorsale. Cercai di non pensarci e feci come mi aveva chiesto.
Non appena lasciò la presa non riuscii però a sostenere il peso della spada, che finì nuovamente a terra. Sospirò e il suo fiato caldo mi colpì la guancia.
Perché non si allontanava? La sua vicinanza mi dava fastidio.

Dato che non accennava a muoversi di un millimetro fui io a fare un passo avanti per poter tornare a respirare normalmente. Mi voltai con il viso quanto bastava per poter notare la sua espressione contrariata, ma anche vagamente divertita.

«Che c'è? Ti metto a disagio?» mi punzecchiò.

Lo fulminai con lo sguardo e tornai a concentrarmi sull'impugnatura dell'arma. La tiravo su ma non riuscivo a reggerne il peso.
Trovavo che tutto ciò fosse ridicolo e insensato. A che poteva servirmi saper maneggiare una spada se non l'avrei mai usata contro nessuno? O almeno, non ne avevo intenzione. Per di più, non avevo mai visto gli sperduti esercitarsi con le spade e l'idea che Pan si stesse solo prendendo gioco di me mi balenò in testa.
Lo guardai di sottecchi mentre si accomodava con le spalle contro un albero, le braccia conserte e la sicurezza del suo portamento arrogante che sembrava giudicarmi senza ritegno.

Alla fine mollai la presa sull'arma, stranita. Strinsi le labbra tra di loro trattenendo la voglia di scaraventarmi su di lui e fargli molto male. Anche perché non sarebbe servito a nulla dato che avrebbe ribaltato la situazione nel giro di qualche secondo.

«Possiamo provare qualcos'altro, anche se non ti facevo una che si arrende così facilmente» cercò di provocarmi senza però scatenare nulla dentro di me. Sicuramente non avrei lasciato che il mio orgoglio venisse ferito dalle sue parole buttate al vento.

Mi porse due pugnali e si allontanò, tornando con la schiena poggiata sul tronco.

«Allontanati ancora un po'» mi ordinò e così feci.

«Li c'è il bersaglio» mi fece notare con un movimento del capo.

Alla mia destra c'era effettivamente un bersaglio, ma ero assolutamente sicura che pochi secondi prima non ci fosse.
Sistemai i piedi e il busto. Mi ci vollero solo pochi attimi per acquistare una stabilità e lanciare i due pugnali l'uno dietro l'altro.

Il primo colpì perfettamente il bersaglio, facendolo cadere indietro. Potevo solo intuirlo dato che la mia attenzione era rivolta verso il secondo bersaglio, che osservava divertito la lama del coltello che gli sfiorava la punta del naso.
Sapevo che non si sarebbe lasciato colpire, era ovvio, ma ciò non mi impediva di provocarlo un po'. Volevo fargli capire che non avevo paura di lui.

I nostri sguardi si incontrarono, sereni e raggelanti. Nessuno dei due osò abbassare gli occhi per primo. Mi persi nelle sue iridi prive di sentimento e mi chiesi cosa ci trovasse di così simile tra noi due. Quando lo guardavo vedevo solo tanta cattiveria ed egoismo, arroganza, slealtà.

«Per oggi basta così» disse senza nascondere il fatto che, in un certo senso, fosse compiaciuto. Compiaciuto che ancora una volta gli avessi dimostrato che non ero così buona e innocente come mi ostinavo a pensare. Che in fondo, eravamo più simili di quanto credessi.

Cronache del buio - Peter PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora