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Ci guardavamo e basta.
Pan, appollaiato sul davanzale della finestra, portava un ghigno sul volto ombreggiato con un certo orgoglio.
Il rumore del mio respiro regolare risuonava nella stanza, rilasciando un'atmosfera carica di tensione.

«Mi sorprendi ogni giorno di più» mi derise, scendendo dalla finestra con un balzo secco.
Si avvicinò con una lentezza straziante fino a torreggiare sopra di me.

Pensierosa, mi fissai la punta delle scarpe.
«Perché dovresti essere sorpreso? Era quello che volevi, giusto?»

Una lieve risata echeggiò nella stanza.
Con un movimento che mi sorprese non poco, prese posto accanto a me, ad una debita distanza.

«Giusto»

«Quindi non giriamoci intorno e spiegami a che gioco stai giocando» mormorai stringendo tra le dita il lenzuolo freddo. Non mi ero ancora abituata alla sua presenza e non credo che l'avrei mai fatto. Ogni volta che iniziava a parlare sentivo brividi scorrermi lungo la schiena.

«Così mi fai sembrare un mostro. Parli come se mi conoscessi» disse ironico, ma anche con una punta di rimprovero. Il fatto che proprio lui non volesse essere giudicato mi fece quasi ridere.

«Tu lo fai sempre con me»

«Perché io ti conosco, e siamo più simili di quanto tu creda. Forse è questo il motivo per cui hai questa considerazione di me»

Aggrottai le sopracciglia, stralunata e vagamente offesa.

«Noi non ci somigliamo affatto. E non so cosa tu voglia insinuare»

«Lo sai benissimo» ghignò «Il motivo per cui non mi sopporti è lo stesso per il quale non sopporti te stessa»

Non sopportare me stessa mi sembrava un po' esagerato, ma se devo essere sincera non ci avevo neanche mai pensato. Non mi ero mai soffermata sul domandarmi se fossi una brava persona o meno.

«Non sei il mio psicologo...e comunque non è questo il punto» scossi la testa.
Non avevamo mai parlato con così tanta confidenza e la cosa iniziava a darmi fastidio. Non volevo che si sentisse libero di parlarmi tranquillamente in quel modo, nonostante lo facesse in ogni caso.

«Tutta questa situazione...non voglio sviare: ho letteralmente distrutto la tua Isola e tu non mi hai ancora fatto fuori. Ci hai trovati e te ne stai qui con le mani in mano...voglio sapere perché» mormorai con lo sguardo fisso sul suo volto pensieroso e a tratti assente.
Mi sembrava quasi di vedere le rotelle nel suo cervello girare per formulare una risposta, cosa che mi sorprese non poco. Aveva sempre la risposta pronta e quell'arrogante sorrisetto sul viso...ma adesso? Adesso sembrava quasi in difficoltà.

«Mi sorprende che tu non ti sia posta più domande. Non ci hai pensato che forse ti preoccupi troppo di cosa sto tramando io?»

Quelle parole mi lasciarono spiazzata. Tra tutte le risposte che mi sarei aspettata, quella era sicuramente la meno sensata.
Cosa avrei dovuto fare se non preoccuparmi di quello che lui avrebbe fatto? Sembrava quasi che il mio mondo gli girasse intorno; ogni mio pensiero si ricollegava a lui, alle sue mosse, alla sua cattiveria...e cercavo costantemente un modo per essergli sempre un passo avanti.
Ma tutto questo non l'avevo scelto io. Era lui e solo lui l'unico che incolpavo per tutto questo disastro.

«Voglio solo dire che magari dovresti guardarti un po' intorno. Secondo te puoi davvero fidarti di chi ti sta accanto?»

«Perché sembra che tu stia cercando di darmi un consiglio?» risposi istintivamente mentre nella mia testa elaboravo le sue parole.

«Un consiglio? Prendilo come vuoi...semplicemente, mi aspettavo che te ne saresti accorta prima. Non sei una che da le cose per scontate» alzò le spalle, sdraiandosi sul letto in modo disinvolto. Poggiò la testa sul cuscino e mise le mani dietro di essa chiudendo gli occhi.

«Zav e Turner» constatai.
Lui annuì, tenendo le palpebre serrate.

Non potevo...non dovevo fidarmi di lui. Era l'ultima persone che avrebbe cercato di aiutarmi dato che nell'ultimo periodo non aveva fatto altro che mettermi i bastoni tra le ruote. Eppure il mio cervello non ne voleva sapere di cancellare dalla mia memoria le sue ultime frasi, e continuavo a pensare e pensare...

Che uno dei due volesse pugnalarci alle spalle? Non escludevo quella possibilità. Nonostante fossimo in rapporti "pacifici" non mi fidavo di nessuno dei due. Anzi, non mi fidavo di nessuno dei tre.
Ma Turner si era aperto con me, aveva un cuore buono e tanto dolore dentro. E poi, dopo le parole di Killian...dubitavo che avesse in mente qualcosa che sarebbe andato contro i voleri del suo Capitano.
Zav, dal suo canto, aveva molti segreti. Aveva cercato di uccidere Felix e nessuno ne conosceva il motivo; a dirla tutta, mi chiedevo se Pan lo sapesse.

Ma tutti quei pensieri mi sembrarono inutili. Pan stava sicuramente cercando di mettermi fuori strada.

«Che stai facendo?» gli domandai, osservando il suo corpo steso sul mio letto.

«È tardi. Lo sai quando tempo ci vuole per tornare sull'Isola?»

«Non avrai intenzione di dormire qui?»
Era assurdo. Non credevo neanche avesse bisogno di dormire!

«Perché, ti imbarazza?» sogghignò aprendo un occhio.

Mi voltai subito per non dargli la soddisfazione di vedere il rossore che si era appostato sulle mie guance senza un motivo apparente.

«Devi stare proprio qui? Ci sono molte stanze vuote, non credo che avresti difficoltà a intrufolartici»

«Che c'è? Hai paura di dormire accanto a me? Non ti mangio mica» ridacchiò, nonostante avesse la faccia di uno che ne sarebbe capace.

«Non ti permetterò di rubare il mio letto. Io dormo da sola»

«E io non mi muovo da qui» incrociò le braccia al petto, testardo.

Oh no. Non l'avrebbe avuta vinta, non su questo. Se credeva che avrei tranquillamente dormito con lui accanto doveva essere impazzito.
Lo spinsi giù dal letto senza pensarci due volte. Insomma, avevo bruciato la sua Isola ed ero ancora intera...per una cavolata del genere non se la sarebbe presa così tanto.
Cadde con un tonfo e un sospiro sorpreso.
Senza dargli il tempo di riprendersi mi sdraiai, cercando di occupare più spazio possibile.

«L'hai fatto davvero?» esclamò con una faccia che mi fece quasi ridere. Sembrava totalmente sconvolto.

Mi infilai velocemente sotto le coperte e gli diedi le spalle. Avevo appena chiuso la conversazione.

«Clarke!» mi richiamò offeso.

Mi spinse di lato e si sdraiò accanto a me, beccandosi un calcio che fu accolto con un sonoro "Ahia!".

«Vuoi che ti faccia cadere di nuovo?»

«Devi solo provarci» sogghignò.

Stavo per iniziare una lotta che non sarebbe sicuramente finita bene quando la porta della mia stanza si aprì improvvisamente.
Turner aveva il fiatone e sembrava essersi appena svegliato da un lungo incubo. Mi girai verso l'altro lato del letto ma Pan era, come sempre, sparito.

«Turner...che succede?» mormorai confusa.

I suoi occhi erano stanchi e la sua pelle pallida...sembrava che avesse pianto.

«Laila, dobbiamo andarcene» sussurrò.

«Perché?»

Non mi guardò mentre prendeva il mio zaino e iniziava a infilarci i pochi vestiti che avevo.
Lo fissai stralunata.

«Zav ci ha ingannati. Sta lavorando per Pan»

Cronache del buio - Peter PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora