Stare soli può diventare insopportabile. Crea sofferenza e anche la perdita di fiducia in sé stessi tanto da entrare in uno stato di agitazione in certi casi, il timore di perdere ogni cosa che si ha come le persone che si ha sempre avuto vicino. Ci si può isolare consciamente volendo solo stare con sé stessi, oppure essere stati abbandonati dagli altri, coloro per cui si pensava di essere importanti. O così aveva letto da qualche parte in quel libro tempo addietro. Aveva richiuso quelle pagine alle prime frasi dato che il concetto di solitudine era troppo vasto, in più leggere quelle parole, al tempo, quando ancora andava a scuola, erano state peggio di una pugnalata. Eppure le ricordava ancora, e proprio in quel momento le ritornavano a galla. Momento in cui non era delle migliori condizioni ma che non voleva ammettere.
Era da giorni che evitava chiunque in quella casa stando rinchiusa nella sua camera, o quasi. Di tanto in tanto usciva dalla grande finestra e se ne stava seduta sul tetto per ore ed ore a sentire il vento sulla pelle e osservare ogni cosa che la circondava. Come in quel momento: il sole davanti a lei che stava sorgendo all'orizzonte, di quella colorazione così calda e che tingeva con i suoi timidi raggi il cielo blu della notte in una sfumatura arancio-rosata, mischiandosi ad un azzurro limpido e privo di nuvole. Le ombre svanivano, venivano scacciate dalla luce, o forse se ne andavano via per dare spazio al giorno e lasciando che l'equilibrio della natura continuasse nel suo corso. I variopinti uccelli iniziavano a canticchiare e volare sempre puntuali, accompagnando le poche persone che per le strade camminavano pronti per una nuova giornata di lavoro.
Aveva imparato a memoria, a forza di osservarsi intorno, tutto ciò che accadeva di prima mattina e scoprendo quanto fosse un'attenta osservatrice: le imposte della villa di fronte alla sua venivano spalancate dalle domestiche, probabilmente, sempre al primo rintocco delle campane che si sentivano in lontananza, lasciando che la luce illuminasse le grandi stanze; nel mentre, alcune donne iniziavano a recarsi nel grande giardino fiorito per prendersi cura di quei fiori dai mille colori con grande maestria e amore, lo vedeva dai loro occhi e dai loro gesti delicati; per la strada che divideva i loro giardini passava sempre una donna anziana con un cesto in mano, vestita tutta dalla più chiara tonalità di marrone della camicia alla più scura delle gonna che cadeva morbida fino alle caviglie, i capelli raccolti in una crocchia grigia ordinata e impeccabile. Probabilmente non voleva imbattersi nel caos della capitale e fare le sue compere in tranquillità, dato che da lì a poco le strade sarebbero diventate piene zeppe di gente.
Non capiva esattamente come delle persone traessero piacere solo a comprare, girare per le botteghe, tra gli artigiani, ammirare gli oggetti fatti con maestria e comprarli, spintonarsi in mezzo alla folla. Proprio non lo capiva. Preferiva starsene tranquilla in un angolo e veder crescere durante il giorno i sorrisi, i colori e, soprattutto, la vita che caratterizzava Stavira. Le piaceva osservare le persone, l'aveva scoperto da poco. Era incredibile come riuscisse a spendere il tempo con così poco, senza dei libri tra le mani a portarla lontano con la fantasia. A volte non si rendeva conto delle ore che aveva passato seduta lassù sulle tegole grigiastre da sola. O quasi, dato che il vento stava sempre con lei a farle compagnia.
STAI LEGGENDO
The Fate of Opposites
FantasíaVOLUME I Sheera è temuta e odiata nel suo villaggio sperduto del Regno Assoluto. È una ragazza pericolosa e casinista, ammaliante e complicata. Pensieri sanguinolenti le attraversano la mente compiacendola, una magia distruttiva incontrollata e mai...