Prologue

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Roppongi è sempre stata la mia città. Sono cresciuta lì, ci ho passato la mia intera vita e lasciarla non avrebbe fatto altro che lacerarmi il cuore.

Vivevo con la mia amata nonna da circa tre anni e non avevo motivo di lamentarmi; con lei non ci si annoiava mai e il brutto umore svaniva rapidamente. I miei genitori mi avevano lasciata da lei a causa della loro partenza. Avevano sempre desiderato una vita all'estero, per questo motivo decisero di abbandonare il Giappone e cercare un'altra sistemazione altrove, dove avrebbero avuto anche buone possibilità lavorative. Non ero affatto felice della loro scelta. Sapevo bene che un giorno avrei dovuto raggiungerli e questo avrebbe significato lasciare Roppongi.

È vero, a breve avrei compiuto diciott'anni, ma non ero ancora pronta per vivere da sola; trovare una casa non sarebbe stato così semplice, così come trovare un buon lavoro per mantenersi. Certo, avevo ancora mia nonna, ma per quanto tempo ancora sarei dovuta rimanere lì? Non potevo vivere in quel modo. Ero certa che prima o poi avrei lasciato indietro tutto.

Non avevo molte amicizie; non perché io non volessi, ma perché nessuno riusciva a stare al mio passo, a tenermi testa o anche solo a parlarmi. Avrei mentito se avessi detto che fosse soltanto colpa mia; non era di certo un mio problema se nessuno riusciva ad arrivare al mio livello.

E poi, a cosa sarebbero serviti gli amici quando avevi già te stessa? Insomma, io avevo tutto, non avevo bisogno che qualcuno mi stesse accanto.
Mi chiedevo allora come mai quella ragazza volesse essere mia amica a tutti i costi. Kyla Morgan, stessa età, vicina di casa, straniera - americana con precisione - era colei che non si stufava mai di starmi tra i piedi. Aveva sempre quel sorriso in faccia, quel accento americano che si sentiva a dir poco tanto e quell'aria buffa che solitamente non mi andava mai giù. Non le avevo mai chiesto il perché della sua insistenza nei miei confronti, ma da me non avrebbe ricevuto nulla; insomma, lei aveva altri modi per divertirsi a differenza mia, come poteva pretendere di stare al mio passo? La risposta era solo una: non poteva.
Io avevo altro per la testa, non avevo di certo il tempo per passare le mie intere giornate con una ragazza abituata ad andare a mangiare nei fast food con le amiche.

Il mio obiettivo era proprio la mia stessa città: Roppongi. Volevo controllarla, esserne io la padrona, così tutti avrebbero riconosciuto le mie potenzialità. E ci ero riuscita. Ero riuscita a farmi riconoscere anche se non per l'intera città. Non avevo bisogno di seguaci o di quelle famose gang create per fare baldoria; da sola avrei conquistato la città per intero. Però, c'era qualcuno che ostacolava il mio cammino: i fratelli Haitani.

Gli conoscevo ormai da anni e non riuscivo proprio ad accettare la loro presenza. Così spregevoli e arroganti ripetevano in continuazione di avere il comando su tutta Roppongi e che io, in confronto a loro, non ero altro che una formica. Erano abili nel combattimento, avevano fatto fuori tanta gente, ma questo non voleva dire che mi facessero paura o che addirittura io non riuscissi ad arrivare al loro livello.
Ero certa che se fossi stata del sesso opposto, essi avrebbero cercato in ogni modo di distruggermi; ma così non fu e loro non potevano fare altro che accettarlo.

Magari avrei potuto fare un'eccezione per il maggiore dei fratelli, Ran Haitani. A differenza del più piccolo, lui non sembrava essere così presuntuoso; ma questo non voleva assolutamente dire che io l'avrei collocato in una posizione più alta. Era comunque un Haitani e questo non sarebbe mai cambiato.

Rindou Haitani, il minore dei fratelli, era il peggior problema che mi potesse capitare. Superbo, pieno di sé, autoritario, non faceva altro che farmi innervosire. Non c'era giorno in cui non discutevamo e tutto a causa di una provocazione, una presa in giro o addirittura dei commenti a dir poco erotici che non mancavano mai da parte mia. Quello che provavo non era altro che odio, per questo motivo infastidirlo mi rendeva contenta e non avrei mai smesso di farlo. La situazione cambiava, però, quando era lui a disturbare me. Non mi sopportava, questo era più che ovvio; a volte mi ignorava soltanto cosicché io potessi levarmi dai piedi e lasciarlo in pace, anche se in realtà falliva miseramente. Per questo motivo, quando perdeva la pazienza, agiva anch'egli a modo suo, finendo per discutere entrambi come sempre accadeva.

𝐑𝐄𝐆𝐑𝐄𝐓𝐓𝐈𝐍𝐆 𝐘𝐎𝐔 || Rindou HaitaniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora