CAPITOLO 15

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No one but you got me feeling this way
There's so much we can't explain
Jonas Blue – Perfect Stragers

Kristen oggi

Ana e Roxy mi lasciano davanti alla clinica e mi avvisano che sarà Drew a venirmi a prendere al ritorno. È la prima volta che vengo qui per la visita. Quelle precedenti le ho fatte sempre in ospedale con la dottoressa Peters. È stata proprio lei a dirmi che mi avrebbe seguita in un posto diverso con l'aiuto di uno dei suoi migliori tirocinanti.

Raggiungo il piano interessato e una segretaria mi avverte che la dottoressa non c'è, ma che il suo tirocinante è già arrivato.

«Miss Collins, può bussare alla prima porta sulla destra», mi indirizza e dopo averla ringraziata mi avvio.

Busso un paio di volte.

«Avanti», risponde una voce profonda dall'altra parte.

Con non poche difficoltà apro la porta, entrando nella stanza bianca e asettica.

«Buongi...», non riesco a finire il mio saluto perché mi imbambolo davanti alla figura che ho davanti.

Quante probabilità c'erano di rincontrarlo?

«Chi l'avrebbe mai detto? Il destino vuole proprio farci incontrare», Edward mi lancia un sorriso sornione.

Quell'asserzione mi provoca un deja-vu. Una caffetteria piena di gente. Quella stessa frase, con la stessa cadenza, con lo stesso tono. Scuoto la testa per interrompere il dolore che potrebbe provocarmi inseguire quel frammento.

«Lavori qui?» mi decido finalmente a parlare, ignorando la sua battuta precedente.

 «Mi sono laureato l'anno scorso e la dottoressa Peters mi ha permesso di assisterla proprio qui, è una delle migliori a cui potevo essere affiancato», mi spiega, per poi mettersi alle mie spalle e spingere la carrozzella difronte alla sua scrivania.

Tra tutti i lavori o gli studi che avevo immaginato per lui, sicuramente il campo medico non era in cima alla lista. È proprio vero che l'apparenza inganna. Se è possibile, tra l'altro, con il camice è ancora più affascinante. Quando chiude la porta alle sue spalle, mi sento come in trappola. Un eco lontano mi suggerisce di scappare, ma pur volendo non potrei andare molto lontano, seduta su questo affare.

«Allora, dammi il tempo di dare un'occhiata alla tua cartella clinica e poi sono subito da te.»

I minuti di silenzio che succedono mi fanno entrare in uno stato di ansia. Non so perché ma mi agita da morire stare da sola con lui. Lo esamino ancora una volta e non posso fare a meno di pensare che sia davvero bello. Adoro i suoi capelli disordinatamente perfetti e ho una voglia irrefrenabile di toccarli. Deve essersi accorto che lo sto fissando, perché alza lo sguardo e mi sorride. Chiude la cartella e gira intorno alla scrivania.

«Vieni. Devi stenderti.»

Mi porta vicino al lettino. Cerco, per quanto mi sia possibile, di alzarmi da sola, ma le mie gambe cedono sotto il mio peso e lui mi afferra sotto le braccia per aiutarmi. Il suo corpo è molto vicino a mio. Ho gli occhi alla altezza del suo pomo d'Adamo, sporgente e definito che si muove quando lui deglutisce nervosamente. Lo metto a disagio?

Alzo gli occhi verso i suoi e mi perdo nelle sue iridi di cui riesco finalmente ad identificare il colore. Sembra di passeggiare in un fitto bosco in cui si alternano il marrone dei tronchi alti e il verde delle molteplici foglie.

Il modo in cui reagisce il mio corpo alla sola presenza di questo ragazzo è alquanto bizzarro. Mi sembra di rivivere ogni sua singola azione per la seconda volta, come se il mio corpo fosse abituato al suo tocco e le mie orecchie alla sua voce.

AMNESIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora