Capitolo 23

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Ce l'ha fatta.

Qualcosa è cambiato in me e nel castello, sento che non è più come prima.

Prego, che abbia la forza di fare il resto: Sono ancora legato a questo posto, lo sento nelle mie viscere e se provassi a lasciarlo non sopravviverei ma, almeno, ora ho una speranza in più.

Riapro gli occhi e sono ai piedi dell'albero sacro, sopra la mia testa le sue fronde si muovono spinte da un'aria fredda di montagna, il giorno è luminoso in netto contrasto con il freddo che si avverte. Sono dovuto venire qui per poter entrare nella mente della ragazza. Sorrido, alla fine il serpente ha fatto quello che avrebbe dovuto fare tanto tempo fa, oppure era certo che un giorno Serane avrebbe incontrato qualcuno di cui far parte e che avrebbe trovato pace diventando quel dolore che spinge a rialzarsi quanto a uccidersi?

Sono senza parole.

Tutto questo ha senso? Oppure no? Non importa, è splendente ed oscuro come la natura stessa ed io sono contento di avervi avuto un ruolo. Ora, voglio solo andarmene e combattere un'ultima battaglia.

Dal vialone dei glicini mi giungono dei rumori, qualcuno è uscito e sta trasportando qualcosa verso l'albero. Riesco a riconoscere i passi è Cristina.

Pochi istanti dopo la vedo apparire con in braccio una donna anziana, appena mi vede per un attimo si ferma e mi scruta, in fine mi rivolge la parola.

- Che cosa fai qui? Non hai sentito? C'è una fuga ed un attacco allo stesso tempo. – Mi accusa con tono acido.

- Potrei dirti la stessa cosa. Io sono qui perché avevo un compito, tu invece? – le rispondo calmo.

Lei distoglie lo sguardo.

- Stai rischiando quello che ti rimane. – le dico campendo che è qui contro gli ordini imposti. -È tua madre? – le dico indicando la donna che sta portando e notando la somiglianza fra le due.

Nelle lunghe giornate e notti se hai una sola persona con cui parlare con essa parlerai di tutto: Conosco bene i precedenti problemi di droga della ragazza e del suo odio verso i genitori. Alla fine, in qualche modo dev'essere giunta alla conclusione anche la sua storia. Il caos è una potenza misteriosa e incontrollabile; eppure, così elegante nel far uscire i propri schemi una volta osservati da più lontano.

Lei annuisce senza parlare.

- Che cosa farai ora? – le chiedo.

- Si è sentita male appena mi ha vista ed è svenuta, non so se si riprenderà. – Mi risponde con una voce che rispecchi la battaglia interiore da cui deve sentirsi sopraffatta.

- E se lo farà cosa le dirai? –

- Non ne ho idea pensavo di lasciarla qui. Così che possa raggiungere la fiamma. – Capisco dal suo tono che dentro di lei stanno riaffiorando sentimenti da tempo sopiti. E vedo i suoi occhi farsi lucidi.

- Questa volta non c'è una creatura ultraterrena a mostrati una via, dovrai scegliere da sola. –

Lei si altera repentinamente.

- Lo so! – con una voce a metà tra lo spaventato ed il furioso.

- Quindi non piangere, hai solo due possibilità. Prendi quella che ritieni più giusta. – le consiglio.

- Tarciso, tu non capisci... -Comincia un discorso che ho sentito tante volte ma, questa volta la interrompo prematuramente.

- Io capisco benissimo. Ti sei affidata ad un essere soprannaturale come tentativo per salvarti diventando quello che si può definire una fanatica, ti sei rifugiata in un ideale superiore ed in fugaci momenti passionali, eppure mi chiedo, sei veramente devota a tutto questo? - Allargo le braccia ad indicare tutto intorno a me. -Quanto veramente hai rinunciato a tutto? O forse, infondo, non l'hai mai veramente fatto? Hai solo dormito cullandoti in un sogno tutto tuo, solo per non affrontare la realtà. –

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