Capitolo 33

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Frecce, rocce, sangue e spade; per descrivere questo momento queste sono fondamentali

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Frecce, rocce, sangue e spade; per descrivere questo momento queste sono fondamentali. Gli orchi sono esseri senza sentimenti, o meglio, provano solo ripudio e disprezzo verso tutti. Dicono che siano nati dagli elfi, ma non riesco a capire come una creatura così ripugnante venga da un essere così aristocratico.

La battaglia non ha un minimo di ordine, non come nei miei libri in cui c'erano due sponde enormi a scontrarsi che si facevano la guerra 'con le buone maniere'. Dovunque mi giro c'è qualcosa che vuole uccidermi, il che mette alla prova la mia agilità e i miei riflessi. Come se danzassi, me volto in tutte le direzioni sfrecciando colpi poco ragionati ma precisi, spostandomi continuamente, mentre tengo il conto delle mie vittime.

Sento in lontananza la voce disperata di Aragorn, stiamo perdendo forze, che grida di ritirarci. Mi guardo attorno in un lieve secondo per vedere le mie vie d'uscita e vedo Haldir poco distante da me. Cerco di avvicinarmi a lui facendomi strada come posso, colpendo a destra e sinistra con movimenti raffinati e puliti, anche se la situazione suggerisce il contrario. Trovo il generale degli elfi particolarmente in difficoltà, ma faccio fatica ad aiutarlo. Se mi chiedessero quanti orchi ci stanno attaccando, pur sapendo che non è così, risponderei 'infiniti'.

"Forza dobbiamo andare!" Dico facendolo voltare completamente verso la mia direzione. Nei suoi occhi vedo paura improvvisamente e in meno di un secondo mi ritrovo scaraventata a terra. Il suono della mia armatura contro il suolo roccioso mortifica le mie orecchie e fatico a riaprire gli occhi per un istante. Guardo di fronte a me l'intero spettacolo, come se fossi a una di quelle opere degli uomini, quelle di teatro, dove inscenano grandi vittorie e morti in battaglia.

La spada di Haldir trafigge un orco armato di ascia di fronte a se, mentre uno da dietro, con la stessa arma lo attacca alle spalle. Cade a terra sulle ginocchia e mi guarda negli occhi mentre io cerco di aiutarlo a rialzarsi. Mi afferra la mano con tutta la forza che ha e mi guarda negli occhi "Tuo padre è vivo, ho giurato di proteggerti dal giorno in cui ti sei presentata a Lòrien, e a tal proposito morirò. Ricorda che le piccole fiamme possono diventare incendi enormi e devastanti..." Dice espirando il suo ultimo respiro.

Aragorn si lancia verso il suo amico e lo sorregge mentre la millesima lacrima di questo viaggio si fa strada lungo la mia guancia. A questo punto non vale più le pena risparmiarci. Per la prima volta nella mia vita agisco presa dalla rabbia; arco e frecce cadono a terra e la spada ritorna al suo fodero, questa guerra non sarà vinta alla vecchia maniera. Raccolgo una torcia, che trovo a terra vicino a me sul punto di consumarsi, e avvicino la fiamma alla mia mano, la paura di bruciarmi mi rallenta ma il disappunto non mi permette di fermarmi. Una barriera di energia, di un bianco perla sorregge il fuoco brillante e lascio cadere a terra il bastone ormai spento.

Comparto il calore con l'altra mano e le fisso incredula. Cammino fino a trovarmi giusto sopra l'enorme portone, il calore nelle mie mani si fa strada all'interno del mio corpo senza provocare però alcun danno. Aragorn e Gimli combattono gli orchi che cercano di insinuarsi dalla porta principale della fortezza ma non riescono a sovrastarli. "Portate Aragorn e Gimli lontano dalle porte!" Grido nella speranza che qualcuno mi abbia sentita e subito delle funi cadono sul fianco delle mura per tirare su i due avventurieri.

Mi posiziono sulla soglia del muro, dalla parte interna del fosso e mi lancio giù, incredibile essere sopravvissuta a un salto di 10 metri pur essendo un elfo, forse sottovaluto troppo la mia specie. In piedi di fronte alla porta con gli sguardi sorpresi di molti puntati sulle mie mani mi preparo ad accogliere gli invitati nel migliore dei modi. Sono esausta, tutta la notte a combattere senza tregua mi ha distrutta, ho graffi sparsi dappertutto ma non sono gravi.

La porta diventa in pochi secondi un ricordo, diventata frantumi a causa dei colpi disperati dall'esterno mentre gli orchi si insinuano dentro. Sento gli zoccoli dei cavalli dietro di me rimbalzare sul terreno, che si preparano per attaccare, e a questo punto non c'è via di scampo, devo per forza fare qualcosa. Fisso un'ultima volta le mie mani e con sicurezza accumulo l'energia in esse e le punto verso il nemico, ampliando enormemente questa capacità appena scoperto.

Una fiamma simile a quella di un drago giovane brucia circa una ventina di orchi all'istante ed io rimango pietrificata, incredibilmente sorpresa dal mio potere. Sorrido mentre rifaccio la stessa mossa, questa volta camminando verso di loro. Le vampate calde sono bellissime, il colore è mille volte più intenso, quasi rosso, così potente che mi basta una mano per guidarla.

In pochi istanti il ponte d'ingresso è ripulito e i cavalli di difesa si avventano sul nemico. Il sole si fa notare da dietro le montagne rocciose, ridona colore al cielo e illumina l'aspra battaglia portando con se un piccolo seme di speranza. In lontananza vedo un cavallo bianco, che ha in sella un'uomo vestito del medesimo colore, sembra una di quelle divinità che nelle leggende arrivano proprio nel momento in cui la battaglia sta per essere persa per cambiarne le sorti. Gandalf ci ha raggiunti, i miei occhi non riescono a credere a tale scenario e dietro di lui si intravede un enorme esercito che si affretta a mettere fine a questa tortura che va avanti ormai da troppo.

Tutto sembra prendere il posto giusto, gli orchi, abbattuti, si ritirano verso la foresta di Fangorn, una corsa disperata che fa dimenticare la scena minacciosa che attuavano appena qualche ora prima. Migliaia di corpi giacciono a terra, morti, alcuni sono uomini altri orchi e la minoranza sono elfi. Fa venire i brividi pensare alla quantità di anime che hanno abbandonato il loro corpo in una sola notte.

Rientro alla fortezza e vedo poco lontano da me Legolas e Gimli, intenti a parlare. Il nano è seduto comodamente sul corpo morto di un orco e l'elfo è di fronte a lui. "Conto finale 42" Dice quest'ultimo estremamente fiero, se sapesse quanti ne ho uccisi io...

"42? Oh, niente male per un principino dalle orecchie a punta. Io sono seduto comodamente sul 43" Dice Gimli portandosi alla bocca una pipa che mi chiedo da dove sia spuntata. "43?" Chiedo ormai di fronte a loro. "Già!" "Beh mi risulta che il mio ammonti a circa 117, ma ho perso il conto quando ho liberato il ponte" Legolas si fa una risata divertita alla faccia del nano e si avvicina a me. Mi avvolge con il braccio sinistro attorno alla vita e mi posa un leggero bacio sulla fronte esaminando le macroferite collezionate lungo la notte.

Ci prepariamo per continuare nella nostra vicenda, ci rimettiamo in moto. Accogliamo Gandalf con infiniti saluti e ci rimettiamo in sella ai cavalli; Aragorn insieme a Gimli ed io insieme a Legolas ci avviamo verso Isengard. Abbiamo appena vinto una grande battaglia ma la guerra è ancora lunga, e sono certa che ci aspetti ben di peggio, e non oso nemmeno ad immaginare di quanto.

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Eccovi finalmente il capitolo 33! Ci avviciniamo sempre di più alla parte finale, dovrò un po' correre giacché la storia sta diventando troppo lunga e c'è molto da dire, ma non preoccupatevi, cercherò di farla diventare leggibile e interessante!

Se vi è piaciuto questo capitolo lasciatemi una stellina di supporto! Alla prossima!

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