2•capitolo - Credevo fossi meglio -

818 43 68
                                    


Roman

Mi sveglio di soprassalto quando sento un rumore provenire dalla porta, capisco subito che Bea è appena rincasata e cerco di resistere all'impulso prepotente di intromettermi nella sua vita. Così come faccio sempre, tra l'altro. Come al solito è il mio impulso a vincere, mi alzo per controllare se lei è nei paraggi e mi accorgo che non è così. Mi avvicino piano alla sua porta socchiusa e un singhiozzo strozzato viene fuori dalle sue labbra. Il cuore comincia a correre velocemente, così come i miei nervi nel pensare che quello stronzo le abbia fatto qualcosa ed è per questo che non resisto più ed entro in camera sua come ne avessi qualche diritto. Beatriz si trova distesa sul letto a pancia sotto, tiene un braccio a coprire gli occhi e piange. Non sono certo si sia accorta di me e mi avvicino, anche se forse l'ultima cosa che vuole è vedermi.

«Bea...» trattengo il fiato, sobbalza quando sente la mia voce quasi avesse preso la scossa. Cauto la tocco, ma al solo sentirlo si scosta facendomi capire che non le piace per niente essere toccata da me.

«Bea!» richiamo il suo nome. «Va tutto bene? Te l'avevo detto che ti avrebbe fatto soffrire!» non è di certo la frase migliore da dire ad una persona che sta soffrendo, ma è la prima che mi è venuta in mente. Ciononostante, alle mie parole, lei si alza dal letto quel tanto che basta per guardarmi dritto negli occhi. Li ha arrossati dal pianto e il viso è bagnato. Continua a guardarmi, ma leggo rabbia dentro le sue iridi, ma non sono sicuro sia rivolta verso il prof Ortega, anzi, sembra avercela con me.

«Sei tu che ti intrometti sempre nella mia vita. Devi smetterla di starmi addosso, il fatto che viviamo insieme non ti obbliga a starmi sempre tra i piedi!»

«Perché ce l'hai con me?» faccio spallucce e riempio il mio viso di strafottenza. Anche se, in questo momento, non posso di certo dire che non mi stia ferendo la sua ostilità. Non credo di meritarmelo. A meno che...

«Io ce l'ho con te? Per colpa tua, André... il prof Ortega, mi ha mollata. Perché ti devi impicciare sempre di tutto!»

Gli ha per forza detto della nostra conversazione di oggi a scuola. Lei non sa che l'ho fatto per lei, che volevo solo fargli sapere che sono a conoscenza della vicenda e volevo sparisse. Ovviamente l'avrà mollata, ma dicendole che è colpa mia. Mica si assume le sue colpe nello stare con una ragazzina di diciotto anni.

«Non è adatto a te!» sbotto, «se ti avesse voluta, non t'avrebbe mollata. Perché ti ha mollata, non è vero?»

Annuisce e si asciuga le lacrime col dorso.

«Tiene al suo posto di lavoro, era normale finisse così!»

Scuoto la testa con sdegno, quella che provo verso quell'uomo, sono convinto si sia solo preso gioco di lei.

«Tiene al suo posto più di quanto tiene a te? Bell'amore che sente!» le faccio notare, perché io per lei rinuncerei a tutto. Solo per avere un attimo del suo tempo. «Bocconcino!» attiro la sua attenzione, prendendole il viso tra le mani e tirandole le guance per stemperare la tensione. «Se ti avesse voluta, adesso ti avrebbe detto di aspettare fino a che non finisce la scuola!»

Beatriz sembra per un attimo riflettere sulle mie parole, poi si scosta dal mio tocco quasi le facesse ribrezzo.

«Roman, sai cosa odio più di quando mi chiami bocconcino?»

Io ridacchio, perché adesso rivedo la luce della mia Beatriz, del mio bocconcino.

«Cosa, bocconcino?» ridacchio, sul viso di Beatriz si accende un lampo.

«Quando mi tocchi. Non farlo mai più!»

«Okay, bocconcino, ogni tuo desiderio è un ordine!»

Lascio camera sua e per tutto il resto della settimana lei fa in modo tale di non vedermi. La osservo a scuola e lei ogni volta cerca una scusa per dileguarsi pur di non stare nei paraggi.

Afterglow (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora