39•capitolo -Quello che provo per Roman-

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Beatriz

Mi si è spezzato il cuore a lasciare Roman ieri sera, mi manca ed è inutile negarlo. Sono stanca di stare senza di lui, ed è su questo che ho riflettuto tutta la notte: voglio stare con lui. Lo amo e nella mia testa la sua lontananza non è contemplata. Mi sono svegliata all'alba proprio perché ho deciso di dirglielo, ciononostante non voglio andare a casa sua. Non voglio vedere mia madre. Non mi è ancora passato il rancore verso i miei genitori.

Afferro il telefono per scrivergli un messaggio, ma mi accorgo che mi ha già scritto e un sorriso spontaneo spinge le mie labbra all'insù.

Da Roman

Buongiorno, bocconcino. Giuro che ti lascio in pace così come mi hai chiesto ieri. Sappi solo che mi manchi e aspetterò tutto il tempo che vuoi. Basta che torni! Senza di te non so più stare.

Da Beatriz

Mi manchi anche tu. Tanto. Adesso devo uscire che ho una conferenza all'università, verso le due ti va di venire qui da Ester?

Mi tremano le mani mentre scrivo questo messaggio, penso al momento in cui lo aprirà. Spero che ne sarà felice perché ho capito che ormai non ce la faccio più, non riesco più a stargli lontano. E, sebbene sia ancora arrabbiata per quello che mi ha tenuto nascosto, sono consapevole in fondo non è colpa sua e non possiamo stare lontani per gli sbagli dei miei genitori.

Da Roman

Okay, bocconcino. Ti aspetto con ansia. Ti amo!

Con questa consapevolezza sento il cuore divenire più leggero. Afferro la mia borsa a tracolla e scendo di sotto, faccio qualche passo ma mi ritrovo davanti mio padre. Ha un'espressione burbera in viso, i sensi di colpa racchiusi negli occhi. Dio, mi è mancato da morire mio padre. Non siamo mai stati così tanto lontani, la verità è che sono più arrabbiata con mia madre che con lui. So che è stata lei a impedirgli di parlarmene, sono certa che lo ha fatto per preservare il suo ipocrita matrimonio.

«Come facevi a sapere che sono qui?» Stringe le labbra e si avvicina di poco, non troppo perché ha paura che scappi via.

«Il tuo ragazzo. L'ho torchiato per bene.» Ridacchia. Si slaccia la cravatta che gli stringe il collo. «Tesoro, che ne pensi se ci andiamo a prendere un caffè e parliamo?» il suo sguardo è di supplica e per un attimo penso di gettarmi tra le sue braccia, dimostrandogli il mio affetto. Ma non posso. Mi hanno mentito e non posso dimenticarlo così facilmente.

«Non posso, tra poco ho una conferenza a cui non posso mancare.» affermo e guardo l'orologio, si sta già facendo tardi, ma per fortuna sono in anticipo di un'ora.

«Okay. Allora ho poco tempo per dirti quello che devo» annuisco, prosegue: «Mi dispiace, tesoro, so che sei arrabbiata con me e tua madre, ma quello che è successo tra noi non abbiamo potuto evitarlo. Io non ho mai smesso di amarla e sono certo che neppure per lei è mai cambiata questa cosa. Le divergenze e le mie continue assenze hanno fatto sì che ci separassimo, ma non abbiamo mai smesso di amarci. Abbiamo fatto degli errori.» Mio padre si siede sulla panchina di fronte casa di Ester e mi invita a seguirlo.

«Mi avete mentito» gli ricordo, «avreste potuto dirmelo. Immagino a chi è venuta questa brillante idea di tenermi allo scuro.»

«Non devi avercela con tua madre.»

«Ah no?» mi mordo l'interno guancia sentendo sulla punta della lingua il sapore metallico del sangue. Sono così arrabbiata che mi fa male in ogni dove.

«No» scuote la testa.

«Quindi non è venuta a lei l'idea?» Domando, pungente. Mio padre rimane in silenzio e questo mi dimostra che ho ragione.

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