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And I left a note on my bedpostSaying not to repeat yesterday's mistakes

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And I left a note on my bedpost
Saying not to repeat yesterday's mistakes



Satine si trovava in un enorme open space circondato da vetrate che si estendevano da cima a fondo, rivestito di piante lussureggianti. I suoi capelli bordeaux spiccavano vividi in quel contesto, come i petali di una rosa autunnale appena sbocciata.

Attraverso uno stretto corridoio tra gli arbusti intricati, si poteva accedere a varie stradine secondarie. Alcune conducevano a piccole cascate, altre a stanze con temperature specifiche, come ambienti amazzonici o tropicali, persino polari. La strada principale, seguita da Satine, portava a una stanza circolare con una cupola che si estendeva verso l'alto, simile alla cupola della chiesa di Santa Maria del Fiore a Firenze. La somiglianza non le sfuggì, avendo studiato l'edificio l'anno precedente durante un corso di arte. Anche se non era una materia principale all'accademia, Satine desiderava approfondire la sua cultura in ogni modo possibile. Era determinata a non essere manipolata dagli altri; sapeva che meno conoscenze si possedevano, maggiori erano le possibilità di essere influenzati dalle scelte altrui.

La luce che permeava la stanza aveva un tono verdognolo, conferendo un'atmosfera soffusa all'ambiente. Al centro spiccava un bancone in legno, coperto da una lunga e setosa tovaglia rosa. Sopra di esso erano disposti manuali voluminosi, vari quaderni, agende, penne, inchiostri e altre forniture per prendere appunti.

Satine si avvicinò, posò la sua daga sulla superficie del bancone e prese un'agenda dalla copertina in pelle nera. La aprì e scrisse immediatamente il suo nome all'interno.

Dal nulla comparve un ragazzo biondo. - Carino, vero? - disse, riferendosi all'agenda. - Vedrai quanto diventerà disordinato una volta che sarà pieno di appunti. - Si presentò come Peter, allungando una mano adornata da numerosi anelli bizzarri.

Satine, sorridendo leggermente di fronte alla sua chioma bionda decorata da piccole treccine con perline, strinse la mano di Peter. - Satine. Figlia di Hera, giusto?" disse, ricordandosi della discendenza divina del ragazzo del quinto anno.

Peter si unì al tono normalmente ironico di Satine mentre si sedeva sul bancone. Nonostante i suoi capelli non rispecchiassero un'anima delicata, il suo movimento era un'illusione di leggerezza, nessun oggetto si spostò sotto di lui, conferendo un'aura di grazia quasi divina.

- Già, Hera non era proprio il tipo da avventure extraconiugali. - concordò, sorridendo divertito. - Non era la stessa cosa per Zeus ma, hai capito. - ci mise una frazione di secondo a comprendere il dubbio di Satine e di tutti voi lettori. - Hera mi ha chiamato, un giorno, non chiedermi come perché non saprei spiegartelo. Diciamo solo che stavo amatamente dormendo su un'amaca e si era fatto tardi. Giustamente io non volevo tornare a quella cosa che chiamavo casa, e dal nulla mi ritrovai una lettera scritta con inchiostro d'oro e fermata con un sigillo azzurro bebè e una piuma di pavone. Pensavo fosse un gioco ma era troppo seria la questione perfino per me. Ho fatto quello che dicevano le parole e ora sono qui, pronto a morire per divertimento.. O così mi ricordo. -

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