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Have you forgotten 

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Have you forgotten 

your purpose? 

Let me remind you





- Siriamine. - chiamava la ragazza una voce lontana ma decisa. - Siriamine. -

La ragazza aprì gli occhi affaticati da tutta la luce che la circondava. Si ritrovava in cielo, circondata e sostenuta dalle nuvole candide. Il sole era sorto sopra di lei da ormai diverse ore ma non le scottava la pelle. La ragazza si guardò le mani scure, in preda al panico e cominciò a contare ogni dito. Uno, due, tre... Dieci. Erano tutte. Alzò il volto e capì in quel istante che non stava sognando, era soltanto la madre che aveva isolato il suo subconscio dal corpo. Subito si raddrizzò ed alzò il volto verso la luce azzurra che le si avvicinava ogni secondo che passava all'orizzonte.
Una donna giovane, dai lunghi e ricci capelli neri, era incorniciata da un mantello rosso sangue in netta contrapposizione alla veste particolare che indossava. L'abito era composto da una mono spalla protetta con scaglie di cuoio, un corpetto rigido nascosto dall'egida (una sorta di pettorale in pelle di capra con funzione protettiva) e una gonna che arrivava fino a poco sotto il ginocchio. L'inferiorità del suo corpo era poco visibile per via della posizione seduta assunta sul carro, trainato da due Pegaso albini. I loro occhi erano di un colore gelido, ghiaccio e distante in pieno contrasto con quelli verde oliva e cenere della dea. Il suo sguardo era attento, vigile, come se fosse pronta a percepire ogni minimo dettaglio di qualche azione errata e usarlo a suo favore. Ciò era messo in risalto dai capelli leggermente tirati all'indietro, che lasciavano la fronte libera, per via della corona di ulivo dorato poggiata sulle tempie. I raggi dorati illuminavano le sue amate armi, poggiate nel lato opposto a dove era seduta sempre sul carro. Un suono stridulo tagliò l'aria con precisione fino ad arrivare ai timpani della ragazza in modo chiaro e farla abbassare in ginocchio al cospetto della Dea. Col volto ancora verso il basso, capi di poterlo alzare quando le cadde una piuma bianca sul polso. Quando si alzò, ritrovò la madre di fronte a lei con tutta la sua solennità. - Madre. -

Atena non si dilungò in convenevoli. Andò subito al punto: - Diffidi di me. -

Siriamine abbassò lo sguardo, già familiare con i continui rimproveri della madre. Conosceva bene l'orgoglio di Atena e la sua avversione per le opinioni negative su di lei, e aveva imparato a sfruttare questa debolezza. Come figlia di Atena, sapeva che la conoscenza era potere, e aveva imparato a usare ogni informazione a sua disposizione senza mai rivelare il quadro completo. Nonostante il suo sangue divino le conferisse una mente acuta, Siriamine si sforzava a nascondere i suoi veri pensieri, consapevole che Atena potesse leggerli.

Siriamine aveva pianificato di mostrare diffidenza verso sua madre, sia davanti ai suoi compagni sia a se stessa. Anche se non credeva veramente che Atena potesse essere così debole da essere influenzata dalle sue emozioni, fingeva di nutrire sentimenti di sospetto nei suoi confronti. Nonostante il suo piano fosse astuto, Siriamine non era del tutto convinta che Atena cadesse nella trappola. Tuttavia, sembrava che fosse stata lei, Siriamine, a prendere il controllo della situazione.

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