Mishap

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La mattina è un inferno. Stranamente mi alzo appena suona la sveglia. Mamma è già uscita di casa quindi mi devo preparare la colazione da sola. Prendo il latte, lo riscaldo e ci butto dentro tanti, troppi cereali.
Sto davanti a quella tazza per almeno 40 minuti prima di finirla, quando mi viene la nausea e vomito.
Forse sto facendo uscire tutto quello che da ieri mi sta facendo male, infatti mi sento meglio.

Apro l'armadio e vedo subito tutte le foto di me e Pietro appese nell'anta. Sospiro ma sento che piangerò.

Tiro fuori dall'armadio un paio di pantaloni blu, una camicia e un maglione beige e rosso.
Mi infilo le All Star bianche, prendo la cartella ed esco di casa, senza nemmeno truccarmi.

Sono in tempo per prendere l'autobus prima e lo prendo, perché non ho nessuna voglia di sedermi accanto a Pietro.

Arrivo a scuola 10 minuti prima del solito e Ali mi sta già aspettando davanti alla porta di classe.

《Niente trucco, espressione vuota, capelli... un po' così, pallore in viso. Spara》

Le abbozzo un sorriso come a dirle che ha capito che sto male. Devo ancora capire come fa a sapere sempre quando sto male. Vedo 30/40 persone al giorno e lei è l'unica che si accorge sempre di tutto.
Poso lo zaino sul banco, prendo il cellulare ed esco di classe con Ali.
Andiamo verso il cortile davanti a scuola ma mentre usciamo lo vedo.
Nemmeno il tempo di raccontare ad Ali la storia che è lì davanti ai miei occhi, con una sigaretta appena accesa tra le dita della mano destra. Ma come al solito non è mai uno il problema. Accanto a lui c'è una ragazza che non conosco, stanno facendo un tiro per uno della sigaretta di Pietro, ma crollo all'immagine davanti a me di loro due che si stanno baciando. Vederlo in quella situazione mi fa perdere uno, due, tre battiti al cuore e mi irrigidisco.
Mollo la presa di Ali, che prima mi stava tenendo a braccetto, ma non mi muovo.
Rimango lì impalata a guardarlo, quando mi cascano le chiavi di casa dalla tasca e lui inevitabilmente si gira.
Ha un'espressione che è un incrocio tra il "che cazzo ci fai qui non eri in autobus", "o mio dio sa cosa è successo" e "ti prego perdonami".
Il suo sguardo ha queste tre emozioni, ma prima che dica qualcosa mi giro e me ne vado correndo con le lacrime che come al solito non perdono l'occasione di scendere neanche a scuola, dove possono vedere tutti, ma non mi interessa, nessuno sa come mi sento in questo momento.
Corro più veloce che posso fino ad arrivare fuori dai cancelli della scuola.
Sto correndo sul bordo della stranda, sto attraversando, un colpo dalla mia destra mi ferisce la gamba e sono a terra.

***

Mi sveglio e sono su un lettino in una stanza di ospedale. Impiego un po' a ricordarmi tutto quello che è successo.
Mi ricordo fino a quando un motorino da destra mi ha colpito.
La gamba destra mi fa malissimo ma sono dolorante un po' dappertutto, soprattutto la testa.
Ho le mani piene di tagli, una benda sulla nuca, e garze in tutta la gamba destra.
Presto arriva un'infermiera. È alta, capelli castani con i boccoli e abbastanza giovane, sembra simpatica.
《Buongiorno Lucrezia》mi dice sorridendo.
《Cos'è successo esattamente?》
《Un motorino ti ha investito e hai battuto la testa, ma niente di grave》
《C'è qualcuno fuori?》
《Si, c'è tua mamma, e alcuni tuoi amici, ma per il momento non possono entrare fino a quando il priore non ti visita》

Esce dalla stanza senza aggiungere altro.
Avrei dovuto chiederle se c'era Pietro. Per colpa sua sono tutta dolorante probabilmente con una gamba rotta e fanculo l'estate!
Dopo un tempo che mi sembra infinito senza né bere né mangiare entra un signore sulla sessantina, un tipo simpatico a prima vista, con il sorriso stampato sulle labbra e due simpatici baffi bianchi.
Sembra uno di quei papà affettuosi, buoni d'animo.
《Salve signorina, come stiamo?》mi chiede
《Insomma, mi sento come una macchina arrugginita che deve essere utilizzata dopo un secolo》
《Dove senti dolore?》mi chiede mentre mi misura il battito cardiaco con lo stetoscopio.
《Dietro la testa e alla gamba destra.》
《Normali. Ma la gamba ha una frattura quindi entro questo pomeriggio dobbiamo metterti il gesso.》
《Lo sapevo》sussurro sospirando. Addio almeno il primo mese d'estate.
《Nome, cognome, indirizzo e compleanno》
《Lucrezia Zatti, via Vittorio Emanuele 203, 7 gennaio. Perché?》
《Per vedere se il tuo cervello non ha subito danni e non sembra averne subiti ma dobbiamo fare una tac per accertarci che tu stia veramente bene.》

Quando sta per uscire lo interrompo.
《Dottore, dica a mia mamma che sto bene e di non preoccuparsi. So che starà già in un fiume di lacrime. E dica lo stesso ad Alice, è la mia migliore amica.》
《Lo farò》mi dice sorridendo ed esce dalla porta della mia stanza.

Per pranzo mi servono un piatto di riso in bianco, una fetta di petto di pollo e patate lesse. Non penso di aver mai mangiato qualcosa di più schifoso ma ho una fame da matti.
Appena dopo pranzo due infermiere mi vengono a prendere per portarmi a mettere il gesso e successivamente a fare la tac.

Torno nella mia stanza e finalmente posso ricevere qualcuno.
La prima ad entrare è mamma.
《Tesoro come stai?》mi chiede a bassa voce.
《Sto bene mamma, non te li ha detto il medico? Ho solo una gamba rotta.》
《Chiamalo solo!》la vedo sorridere e fa sorridere anche me. 《Alice mi ha raccontato tutto. È fuori anche lui.》
《Non mi interessa. È a causa sua che sono qui. Mi sembra il minimo presentarsi!》

Non qui, non qui, Lucrezia non piangere qui davanti a lei. Per una volta riesco a trattenere quelle maledette lacrime e quando mamma esce entra Ali.
Ha gli occhi lucidi e rossi, so che ha pianto.
《Ehi, come stai?》
《Mamma mia che depressione! Sto bene apparte la gamba》e ci mettiamo o meglio proviano tutte e due a ridere.
《Gliene ho già dette due a Pietro fuori dall'ospedale, visto che con la tua gamba non penso potrai fare molto.》
《Uno: molto rassicurante grazie. Secondo: che ne sai che non potrei usare la mia gamba ingessata come arma?》
《Ahahah già non ci avevo pensato》

Qualcuno bussa alla porta e pensando che sia un medico dico subito "avanti".
《Posso entrare?》

È lui. Voglio parlargli, voglio urlargli in faccia, voglio insultarlo, ma allo stesso tempo non voglio tutto questo, vorrei ignorarlo.
Guaro Ali come a dirle di rimanere nella stanza ma lei, non so perché e se ne pentirà dice:《Io vado a prendermi qualcosa al bar, ci vediamo dopo. Stai tranquilla》.

Non posso credere che mi abbia abbandonato in questa stanza, da sola, con Pietro.

Amo il mio migliore amicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora