1. Ragazza dell'improvviso

971 37 2
                                    

Thunder -Imagine Dragons

Ero dove volevo essere. Non capita spesso nella vita, no? Un singolo momento dove tutto quadra perfettamente. Non ho mai amato la matematica in generale, però ho sempre trovato interessante la certezza racchiusa dentro i numeri. Erano quelli, non potevi inventarne altri. Il risultato era un segno che le cose, anche volendo, non potessero mai andare diversamente.
Quel giorno, la terra non mi tremava sotto i piedi, il cuore batteva regolare, i respiri erano lenti e calmi come il ticchettio di un orologio. Ma soprattutto non mi sentivo annegare chissà dove. Potevo quasi concedermi da lì in poi, di diventare indistruttibile come una stella.
Non riuscivo a sollevare troppo lo sguardo, perchè la luce aveva deciso di essere abbagliante. Il cielo era dipinto di un azzurro acquoso, il sole se ne stava alto e solo, regalando un calore piacevole alla pelle. Era una mattina di fine estate, una di quelle mattine in cui percepisci il cambiamento dietro l'angolo eppure ti sta bene così. L'afa si era spenta qualche giorno prima, proprio quando mi ero concessa un ultimo bagno nelle acque del lago vicino casa. Come facevo sempre, ero rimasta a riva. Nuotare dove non toccavo, mi spaventava sin da bambina. Le lezioni di nuoto che mia zia mi aveva costretta a prendere, non avevano portato a niente di buono, se non ad aumentarne la paura.
Nell'aria aleggiava il profumo dei nuovi inizi. Potevo sentirlo ovunque. L'odore di novità, di cambiamento, di svolta. Aprii bene i polmoni per respirarlo tutto, per godermelo in pieno. Un vento leggero proveniente da est, mi accarezzò i capelli scarlatti che si mossero sbuffando sulle spalle scoperte e mi provocarono un certo solletico. Il fruscio delle foglie degli alberi che costeggiavano le strade dell'università, era un suono dolce e confortevole. Qualche rondine incideva il cielo, così strano e diverso per me, perennemente abituata alla pioggia e al grigio della mia città. Lì il tempo, cambiava raramente e le belle giornate  erano solamente un miraggio lontano.
Il verde dell'erba appena tagliata, coincideva con quello dei miei occhi, che avevano preso lo stesso colore. Rose diceva che erano strani perchè rubavano la tonalità di ciò che mi circondava.
Ero sicuramente in anticipo, perchè lo ero sempre. O forse era solo la mia vita a sembrarmi scandita dal tempo. Ad essere sincera, ero arrabbiata con il tempo per avermi portato via parecchie cose. Ma scacciai in fretta quel pensiero. Non avevo voglia di scartavetrarmi il cuore con una vecchia e brutta storia triste.
Sarei dovuta essere nervosa, in fondo era pur sempre il mio primo giorno di università. Invece mi sentivo abbastanza tranquilla. Forse avevo desiderato troppo trovarmi in quel posto per lasciarmi assalire dal nervoso delle prime volte. Mi veniva da ridere, perchè ero certa che se mi fossi guardata da fuori, mi sarei rivista dentro ad una di quelle serie tv che vedevo con Rose. Una di quelle che iniziava con la voce fuori campo che parlava.
La torre dell'orologio che svettava in tutta la sua imponenza al centro del campus suonò un rintocco e tutta la calma apparente che c'era stata fino ad un attimo prima, si sciolse come burro fuso. I rumori divennero ad un tratto più forti. Il caffè macinato dalle macchinette nei bar, la voce degli studenti che si riversavano per le strade, lo scorrere delle valigie che martellavano il cemento. Ragazzi che si davano il buon giorno con una stretta di mano, ragazzi che lanciavano palle da football da una parte all'altra del prato, finestre che si aprivano per far entrare la luce del mattino e portoni che si chiudevano per essere poi spalancati al termine delle lezioni. Ferma nel mezzo della pizza principale, c'ero io.
Mi sentivo piccola eppure stavo per fare un passo enorme. Andarmene dalla mia città, ricominciare senza che nessuno sapesse chi fossi, il passato stava per restare semplicemente passato. E se avessi avuto un diario a portata di mano, sicuramente le prime frasi sarebbero state: Caro diario, cara me, oggi la mia vita sembra più bella. Inizia di nuovo. E questa volta, posso scegliere da sola chi e cosa, voglio essere.
Avevo il cellulare scarico e quindi non mi rimaneva che fare affidamento sul depliant del campus per trovare il dormitorio. Persi qualche minuto a frugare nella borsa prima di riuscire ad agguantarlo, strizzando gli occhi più volte per leggere i nomi delle strade scritti sopra la carta in piccolo. Era un po' stropicciato e forse bagnato con qualche goccia d'acqua che avevo bevuto in treno. Avevo riempito la valigia di speranze e buoni propositi, quindi non c'era niente che potesse rovinarmi l'umore. Anche se non avevo la minima idea di dove andare e mi sentivo un po' persa a restarmene immobile nello stesso posto, tutto stava procedendo bene. Almeno fu così fino a quando qualcuno non mi venne addosso e mi ritrovai seduta a terra.
 
I granelli dell'asfalto mi si conficcarono nei palmi delle mani e la pelle iniziò subito a bruciare. Indossavo un vestito nero a tubino, che arrivava alle ginocchia, molto semplice e comune per non dare molto nell'occhio, che si sporcò di polvere riempiendosi di macchioline grigie. Non che me ne importasse tanto ma pensai subito che avrei dovuto cambiarlo. Mentre tiravo su il mento per capire cosa diavolo fosse successo, mi ritrovai davanti ad un viso sorridente che oscurò tutto quel sole che fino ad un attimo prima mi batteva sugli occhi.
«E tu? Da dove spunti fuori?»
A parlare era stato un ragazzo dagli occhi verdi come fondi di bottiglia. Vischiosi come l'olio ma brillanti come due smeraldi. Aveva i capelli dorati, nè troppo lunghi, nè troppo corti, ma leggermente rasati ai lati e portati all'indietro. Alto, slanciato, con braccia e petto definiti da muscoli snelli e tonici, la pelle appena colorata dal sole dell'estate. Indossava jeans chiari ed una camicia azzurro pastello, ripiegata sui gomiti che ne risaltava le linee flessuose del corpo. Le labbra erano distese in un sorriso incuriosito. «Stai bene?» mi chiese inclinando il viso da un lato. Il tono della sua voce era caldo e gentile, devo ammettere che aveva un bel suono. Non aspettò che gli rispondessi, anzi si affrettò subito ad afferrarmi per le mani e rimettermi in piedi. Ero talmente stordita che lo lasciai fare. Si chinò di nuovo per raccogliere il cellulare che gli era caduto a terra. Lo ripose velocemente nella tasca dietro dei jeans.
«Mi dispiace. Io.Stavo solo...» farfugliai ravviandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, un po' imbarazzata.
«Tranquilla, matricola» disse lui dando un'occhiata alla mia valigia.«Non hai niente di che scusarti. La colpa è mia. Un secondo prima stavo rispondendo ad un messaggio. Un secondo dopo sei sbucata tu dal nulla.»
«Bhe, potrei dire lo stesso di te.» Fu allora che lo sguardo mi cadde involontariamente sul suo collo. Aveva una stella tatuata che fuoriusciva dalla camicia fino ad appena sotto il lobo dell'orecchio destro. Era geometricamente perfetta, la linea nera fina e marcata. Evidentemente sbilanciai il peso troppo in avanti, o fu un giramento di testa, la vista mi si annebbiò per un momento, sperai con tutta me stessa che non fosse per via di qualche ricordo che mi piombava addosso all'improvviso, come nell'ultimo tempo, accadeva spesso. Odiavo quelle immagini che mi riportavano indietro all'incidente. Fatto sta che mi ritrovai di nuovo a sbattere contro il suo petto.«Ehi. Non sembri stare così bene, raggio di sole» mi fece notare lui aggrottando le sopracciglia.«Sei sicura sia tutto ok?»
Mi raddrizzai ed annuii distrattamente «Certo che sì. Sarà stato solamente un calo di zuccheri. Non preoccuparti.» Non mi piaceva mentire, ma nemmeno mostrarmi fragile come un pezzo di vetro che poteva rompersi con un soffio.
Sembrò non crederci del tutto anche se la sua espressione si fece un po' più rilassata. «Se è di zucchero che hai bisogno, qui alla Fox, abbiamo le migliori caffetterie del Paese. Te l'assicuro. Allungano il caffè con una quantità spropositata d'acqua. Ma a chi importa quando puoi aggiungerci altri cinquecento gusti dentro?» mi informò sorridendo.
«Buono a sapersi» risposi scrollandomi la polvere di dosso.«Ma non amo molto il caffè annacquato.»
«Oh, matricola, nemmeno io» disse sollevando un angolo della bocca. «Eppure vedrai che per sopravvivere in questo posto non potrai farne a meno. Sarà come la tua kryptonite.»
Alzai un spalla. «Allora tante grazie per l'informazione» esclamai con un sorriso tirato.
«Sono Aiden» si presentò. «Aiden Storm. E tu ragazza dell'improvviso, sembri stare molto a disagio adesso. Ti sto mettendo a disagio, per caso?»
«Non sono... A disagio. E tu... Tu non c'entri niente. Scusa» mi affrettai a controbattere. Ma effettivamente, un po' ci era andato vicino. Lui era gentile, affascinante. Mentre io ero... Io. Mi schiarii la voce e gli tesi la mano, cercando di ricompormi e non fare la figura di quella che viveva fuori dal mondo. «Meghan Wonder. Ma puoi chiamarmi solo Meg. Mi piace di più.»
«Molto bene. Allora, Mademoiselle Meg» Aiden con un movimento veloce mi afferrò la mano che tenevo a mezz'aria, in attesa che lui la stringesse e finse di darmi un bacio da gentiluomo sulle dita, imitando un inchino.«Mi consenta di darle il benvenuto qui alla Fox. È un piacere averla incontrata qui per caso. Anche se in circostanze puramente discutibili» ammiccò scherzando.
«Piacere mio» confermai inarcando un sopracciglio.«Ti hanno mai detto che assomigli a quei principi azzurri usciti dai libri per bambini?» Un brutto vizio che ho sempre avuto è quello di non saper tenere a freno la lingua. Dico tutto quello che mi passa per la testa anche se poi me ne pento un minuto dopo. Questo ne era l'esempio lampante. Ero impacciata con i sentimenti ed i rapporti, ma quando si trattava di aprire la bocca, non mi tiravo certo indietro.
Aiden sollevò lo sguardo divertito «Sarebbe un complimento?»
«Vedila come vuoi.» I suoi occhi erano luminosi. Mi ricordavano il verde dei boschi, o dell'acqua del lago, o di quelle giornate d'inverno che poi annunciavano la pioggia. Ecco, gli occhi di Aiden assomigliavano all'arrivo della pioggia. Pieni, vivi, semplici, non complicati come i miei.
«Dimmi, matricola. Ricapitolando» disse incrociando le braccia al petto.«Che ci facevi ferma qui?»
«Cercavo il dormitorio» spiegai portando le mani ai fianchi.«Prima che la batteria del mio cellulare decidesse di abbandonarmi così che io potessi decifrare il depliant della Fox.»
«Oh. Capisco. Parliamo dello stesso depliant dove dicono che qui è tutto bellissimo e che chiunque esca da questa università sarà un genio del male pronto a conquistare il mondo. Giusto?» mi chiese strofinandosi con la mano la mascella.
«Esattamente.»
«Quindi deduco che ti sei persa.»
«Non mi sono. Persa» ribattei prontamente soffermandomi particolamente sull'ultima parola.«Ho solo bisogno...» mi guardai intorno e poi non trovando quello che stavo cercando terminai la frase con un sospiro.«Del depliant.»
«Oh. Ma non hai più bisogno ora di quella robaccia» mi rassicurò spostandosi un ciuffo miele dagli occhi. Poi spalancò le braccia «Hai qui davanti a te, la migliore guida del campus! Ti prego. Non ringraziarmi.»
 «Posso cavarmela da sola» tagliai corto, rendendomi conto che stavo perdendo veramente troppo tempo e non sapevo nemmeno quanto me ne restasse prima della presentazione dell'anno accademico. La torre dell'orologio rintoccò e mi confermò che stavo facendo tardi.
Aiden nascose una punta di delusione e si passò una mano tra i capelli «Ti devo un favore per quanto accaduto prima. Non posso lasciare qualcuno in difficoltà.»
«Oh, non preoccuparti. Non sono affatto in difficoltà» dissi sbrigativa cercando di interrompere la conversazione. Afferrai il manico della valigia e scelsi una direzione a caso, pur di andarmene da là.«Ci vediamo in giro, ragazzo uscito dai libri!»
Sentii Aiden gridare alle mie spalle «Dove hai detto che devi andare, matricola?»
«Dormitorio Greek. Primo piano. Stanza otto» gli risposi senza nemmeno voltarmi.
«Non vorrei deluderti, raggio di sole» la sua voce fu più forte che mai.«Ma stai andando dalla parte sbagliata!»
È così che incontrai il Bianconiglio per la prima volta nella mia vita.

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora