3. Voci di corridoio che sanno di Stelle

615 34 0
                                    

River – Bishop Briggs
 
Mancava mezz'ora all'incontro per le matricole. Optai per una doccia e finalmente togliermi il tubino nero ancora mezzo sporco di polvere. Trovare il bagno fu facile perchè era in fondo al corridoio, dall'altro lato rispetto alle scale.
L'acqua calda mi diede una svegliata e mi sentii subito come nuova. Abbandonai l'idea di indossare un vestito e scelsi invece qualcosa di molto più comodo. Jeans e camicetta di seta bianca. Lasciai i capelli sciolti così come ero arrivata. Non avevo nessuna voglia di sistemare anche quelli.Uscendo dal bagno, notai che la porta della prima camera era leggermente socchiusa. Sapevo non si trattasse di quella che apparteneva ad Aiden, perchè me l'aveva indicata distrattamente con il viso.
Una melodia che sapevo di conoscere ma a cui non riuscivo a dare un nome, fuoriuscì da lì e mi attirò come un incantesimo. Mi avvicinai affascinata. Dopo qualche minuto che passai ad ascoltarla imbambolata, mi tornò in mente di cosa si trattava. Era Chopin in Nocturne, precisamente la sinfonia numero nove. Era la mia preferita anche se era da un sacco di tempo che non la sentivo. La curiosità di vedere a chi appartenesse quella stanza si fece spazio fino a che non mi ritrovai con la mano sulla maniglia e la voglia di aprire la porta del tutto.
La stanza era un disastro disordinato. Il letto era sfatto, sul pavimento erano ammucchiate delle t-shirt, un paio di jeans oscillava su una sedia, l'anta dell'armadio era spalancata e c'erano alcuni libri di economia sparsi sul pavimento. Il condizionatore era acceso e sparava aria gelida. Il freddo faceva tremare persino le lenzuola.
Le pareti erano bianche, l'arredamento nero. Eppure in mezzo a tutto quel caos, non so perchè io ci vidi del silenzio e una profonda ma disarmante tristezza. Aprire quella porta fu come entrare e trovare la neve. Perchè la neve è sempre silenziosa ma anche dannatamente triste.
I rintocchi dell'orologio che provenivano dalla torre centrale mi ricordarono che non potevo fare tardi. Richiusi l'anta della porta con una strana sensazione sulle spalle e quella melodia nostalgica ancora nella testa.
 
L'Aula Magna della Fox si trovava nell'edificio centrale del Campus, appena dopo l'entrata dei cancelli. Non avevo detto ad Aiden che non sapevo andare in bicicletta perciò mi accontentai di camminare a passo svelto.
Era un grande palazzo in cemento bianco con stendardi greci che scendevano a picco sul portico d'ingresso. Facevano molta scena ma pensavo fosse anche un problema per chi avesse un'altezza abbastanza pronunciata. Il palazzo con l'Aula Magna era adocchiabile in ogni parte del Campus, visto che lì si trovava la torre dell'orologio. Al centro della piazza spiccava sopra una colonna la statua di Artemide. Ogni piazza dell'ateneo ne aveva una con un dio diverso, che oltre a trasmettere una certa sensazione di potenza, erano utili per distinguere le varie strutture. Ai lati della scalinata che portava all'ingresso, due volpi di marmo se ne stavano appollaiate su se stesse, osservando tutta quella gente che negli anni cambiava continuamente.
Mi feci coraggio e dopo un sospiro per frenare l'ansia, entrai. Presi posto accanto a due ragazze che si zittirono di colpo non appena notarono la mia presenza. Subito dopo, ebbi la strana sensazione di avere gli occhi di tutti puntati addosso. Non impiegai molto per capire che ci avevo preso in pieno. L'intera Aula Magna stava guardando me.Grandioso, era appena successa l'unica cosa che volevo evitare.
«Se ti dico che è lei, credimi.No?»
«No. Non può essere.»
«È quella che stamattina girava con Storm.»
«Ssh.Guarda che ti sente.»
«E allora? Santo cielo! Storm. E quella!»
Dai discorsi intuii che non so per quale assurdo motivo, a nessuno era andato giù il fatto che Aiden mi avesse fatto da guida per il campus. Ero perplessa e un po' confusa. Ad un tratto tutte quelle voci che mi bisbigliavano attorno, divennero un milioni di voci che invece urlavano nella mia testa. Tornò il casino. Tornò il rumore. Cercai di farmi più piccola su quella sedia che sentivo sprofondare sempre di più. Cercai di farmi così piccola da poter sparire.
Ma non potevo darmela a gambe proprio in quel momento. No, che non potevo.
Sapevo bene che quello di cui avevo bisogno per calmarmi era uno spazio aperto. Perchè quando stavo per annegare, ciò che in fretta dovevo cercare era l'aria. L'unica cosa che mi avrebbe permesso di tornare a respirare.
Credevo che questo valesse per la maggior parte degli attacchi di panico. Dimenticare l'aria, dimenticare di avere un cuore che accelerava senza che tu ne avessi alcun controllo, percepire il corpo irrigidirsi e contrarsi, mentre il mondo vorticava su se stesso. Provavi a tenere a bada le tue emozioni che invece volevano imploderti dentro il petto. E poi diventava tutto un restare al buio e venirne inghiottita completamente.
Strinsi i pugni e mi ripetei che dovevo combattere, che mi ero ripromessa di non mollare e che sarei riuscita a sconfiggere i miei mostri da sola. Tentai di tenere al guinzaglio i colpi che faceva il mio cuore. Mi concentrai sul Rettore che stava salendo sul palco. I commenti sfumarono, trasformandosi solo in un applauso.
 
Il Rettore era un uomo di mezz'età, indossava un completo grigio topo, con camicia bianca e cravatta nera. Aveva i capelli corvini, di un nero così brillante da risultare palesemente tinto. Un paio di baffi vecchio stile gli divideva a metà la faccia, mentre gli occhi erano nascosti dietro ad un paio di occhiali tondi e spessi. Toccò con le dita due volte il microfono ed un suono acuto proruppe per tutta la sala.«Ehm. Scusatemi» disse schiarendosi la voce e lanciando un'occhiata in giro. «Prova. Prova. Riuscite a sentirmi bene, ragazzi?»
Nessuno si preoccupò di rispondere, così il Rettore fece segno a qualcuno di accendere un riflettore e puntarlo dritto su di lui. Le luci divennero soffuse e il silenzio calò come un mantello invisibile su tutti quanti. Si aggiustò gli occhiali sul naso «Un caloroso benvenuto a tutte le matricole della Fox. Siamo davvero lieti di avervi qui oggi. Mi chiamo John Rover e per chi non lo sapesse già, sono il Rettore della Fox University. Se siete seduti in questa platea significa solo una cosa. Siamo stati noi a scegliervi tra non so quanti altri ragazzi. E se vi abbiamo scelto, è perchè avete qualcosa che vi fa brillare e che da adesso in poi avete l'obbligo di dimostrare.» Il Signor Rover fece una pausa per aggiustarsi la cravatta «Da oggi vivrete per i prossimi quattro anni i momenti più delicati e belli per il vostro futuro. Vi consiglio di credere in voi stessi e nel talento che vi ha condotti da noi. Qui modelleremo i vostri sogni, vi indirizzeremo verso obiettivi raggiungibili esclusivamente grazie alle vostre forze. Crescerete sia come studenti che mi auguro, come persone. Siate straordinari e ricordate sempre, che è un onore entrare a far parte di questa grande e nobile famiglia della Fox University. Non deludeteci.»
Il Rettore Rover mi fece una strana impressione. Non so perchè ma sembrò simile ad uno di quei presentatori della tv che cercavano sempre di venderti qualcosa. La sala era ghermita da almeno cento studenti che erano lì per ascoltarlo.
Partì l'inno della Fox. Un motivetto suonato da trombe e violino che era palesemente pescato dalla colonna sonora di un qualche vecchio film. La cosa mi fece un po' sorridere.
Quando la musica si abbassò, il Signor Rover riprese a parlare «E adesso è il momento che sono certo, molti di voi, stavano aspettando. Facciamo entrare i ragazzi che in questi anni, si sono distinti di più tra tutti nei loro rispettivi campi. Le sei Stelle della Fox!»
Le porte alle mie spalle si spalancarono con un tonfo. Mi voltai solo quando le voci intorno a me, tornarono a far casino. Fuori e dentro.
 
Le luci si riaccesero e le teste di tutti puntarono verso il corridoio centrale che divideva in due la platea. Entrarono uno dopo l'altro cinque ragazzi. Immaginai che i nomi che stavo ascoltando borbottare alle mie spalle, appartenessero ad ognuno di loro. Fu come se stessero sfilando eroi fantomatici appena tornati da una battaglia vincente o star del cinema durante la serata della loro premiazione. I cinque ragazzi sorridevano e salutavano con un cenno, come se essere i migliori fosse qualcosa di puramente scontato e che poteva capitare nella loro vita, ogni singolo giorno. L'aria pullulava di invidia e di ammirazione. Chiunque nell'Aula Magna sembrava  desiderare di stare al loro posto, esclusa me.
Il Signor Rover che si trovava ancora sul palco, finse un colpo di tosse e si avvicinò al suo assistente per dirgli qualcosa con la mano davanti alla bocca. Visto il cipiglio che gli era appena spuntato in fronte, doveva trattarsi quasi sicuramente di un qualche rimprovero. Il Rettore si passò una mano tra i capelli e si sforzò di sorridere «Venite. Venite. Cari ragazzi. Salite sul palco insieme a me.»
Fu in quel momento che notai un viso conosciuto attraversare il corridoio. Aiden. Mi venne da sollevare la mano per dirgli che ero anch'io lì, ma poi pensai fosse un'idea stupida e mi trattenni. Il ciuffo biondo gli cadde sul viso e oscurò gli occhi verdi. Con un movimento della testa se lo spostò all'indietro. Non so come fece, ma tra tutta quella gente, riuscì a trovarmi ed i nostri sguardi si incrociarono per un minuto. Sorrise e fece per fermarsi. Il ragazzo che era dietro di lui ed indossava uno strano paio di occhiali da sole lo spintonò in avanti, distraendolo e facendogli aggrottare la fronte.«Avanti, amico. Dacci un taglio» lo vidi borbottare portandosi una mano sulla spalla. Riprese a camminare ed il mio entusiasmo un po' si spense. Era l'unica faccia amichevole che avevo incontrato.
Salirono finalmente tutti sul palco ed il Rettore si affrettò a prendere in disparte Aiden, ma non si rese conto di aver dimenticato il microfono ancora aperto.«Signor Storm, dove diavolo si è cacciato quel buono a nulla di suo fratello?» lo rimproverò. Aiden si limitò a scrollare le spalle con un sorrisetto. L'uomo per contro, divenne paonazzo e si passò una mano sul viso, poi gli fece cenno di prendere la parola.
Aiden agguantò il microfono e fissò un punto impreciso tra il pubblico «Benvenute alla Fox, matricole.» Si tastò dietro la tasca dei jeans e poi la camicia, corrucciando la fronte.«Mi ero anche preparato un bel discorsetto. Ma credo di averlo perso da qualche parte. Mi spiace. Suppongo che dovrò improvvisare.» Distese le labbra in un sorriso divertito «So che siamo famosi per le nostre feste da sballo e per i nostri voti stellari.» Il ragazzo con gli occhiali da sole gli diede una pacca scherzosa sulla spalla. Aiden lo lasciò fare e poi continuò «Cosa volete che vi dica, matricole? Sarete voi, durante questi anni a dover scegliere chi e cosa vorrete essere.Vi auguro di poter fare, sempre la scelta giusta.»
L'ultima frase mi suonò stranamente familiare, il che era assurdo, perchè non l'avevo mai pronunciata ad alta voce. Aiden indietreggiò e finse un inchino, scatenando un applauso caloroso da parte di tutti gli studenti presenti.
La ragazza seduta accanto a me mi diede un colpetto con il braccio. «Tu!» disse indirizzandomi un dito contro.«Tu sei quella di cui tutti parlano!»
Aveva i capelli rossi raccolti in una coda, il naso puntellato da lentiggini e gli occhi marroni sfumavano in pagliuzze dorate. «Ehm. Non so a cosa ti riferisci» la guardai inarcando un sopracciglio.«Sono solo arrivata questa mattina.»
La ragazza puntò le mani sui fianchi «Voglio sapere come hai fatto ad avere un appuntamento con Aiden Storm.»
«Un cosa? No» mi venne la ridarella.«Sei fuori strada. Noi, non...No!Appuntamento?È solo il mio coinquilino! Mi ha aiutata a trovare il dormitorio.»
Ora capivo tutte quelle voci sul mio conto. La ragazza sollevò gli occhi al cielo «Sì, certo. Come no. Ed io sono Taylor Swift! Quei tizi non danno retta a nessuno. Lo sanno tutti che se ne stanno sempre per i fatti loro. Fanno gli amiconi ma poi il piccolo club, è off limits per chiunque! Perciò dimmi come hai fatto a farti rivolgere la parola da un tipo come Aiden Storm!»
«Te l'ho detto! Sono la sua nuova coinquilina» esclamai con una voce un po' stridula. Non so perchè stessi cercando di convincere una sconosciuta a credermi.
«Coinquilina!Pff. Come se permettessero sul serio a qualcuno di accedere al loro dormitorio.»
«Mm. Credo proprio che dovrei andare» dissi sorridendo a trentadue denti e cercando di svignarmela. Nel fracasso che intanto si era creato, tra studenti che avevano accerchiato le Stelle, tra gli altri che chiacchierevano animatamente, finsi di non sentirla quando mi propose «Allora facciamo così. Me lo presenti Aiden Storm?Ti prego. Ti prego. Ti prego.»
Feci roteare gli occhi contro il soffitto.
 
Riuscii a liberarmi da quella ragazza, solo dopo aver scoperto che si chiamava Jessica, si era appena iscritta al corso di biologia, faceva nuoto in stile rana, amava i gatti ed era platonicamente innamorata di Aiden. Le sfuggii fingendo di aver ricevuto una chiamata importante da parte della mia famiglia. Una volta fuori dall'Aula Magna, sospirai pesantemente. Non avevo ancora pranzato, perciò mi fermai ad una caffetteria in stile bakery per mangiare un panino. Passai tutto il pomeriggio seduta ad un tavolino, sotto i raggi del sole, terminando un romanzo che avevo iniziato in treno. Tornai in stanza esausta. Per il viaggio, la mattinata, per tutto ciò che stava cominciando. Decisi di farmi una bella dormita e saltare la cena. Mi addormentai sognando, senza volerlo, un cielo pieno di stelle.
 

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora