Conan Gray- Heather
«Tu, matricola» disse Aiden puntandomi un dito contro.«Sei davvero un osso duro. Quanto ti costava lasciare che ti aiutassi?»
Con una mano stava trasportando la mia valigia, con l'altra, mi teneva stretto il braccio, come per assicurarsi che l'avrei seguito e non sarei scappata da un momento all'altro. Cosa che, non avevo la minima intenzione di fare visto che si era appena rivelato la mia ancora di salvezza. «Non so» scrollai le spalle.«Credo che non volessi essere un peso.»
«Un peso?» Aiden trattenne una risata mentre scuoteva ripetutamente la testa.«Aiutare qualcuno non è mai stato un peso per me. Non so a che razza di gente sei stata abituata. Ma qui le cose funzionano diversamente.Puoi scommetterci.»
Mi trascinò per le vie del campus a passo svelto ma non facevo fatica a stargli dietro. C'erano così tanti ragazzi in giro. Alcuni se ne stavano disposti in cerchio ad ascoltare il suono di una chitarra, alcuni sonnecchiavano sdraiati sul prato con le braccia incrociate dietro la testa. Altri si dedicavano alla lettura di un libro, altri ancora ridevano e parlottavano tra loro animatamente. L'aria aveva l'odore della spensieratezza. Per un momento fissai Aiden di sbieco. Sembrava sicuro di sè, qualcuno che sa sempre dove si trova. Il biondo dei suoi capelli era accentuato dai raggi del sole, molto simile al grano, o al miele, o allo zucchero caramellato. Le labbra rosate continuavano ad avere lo stesso sorriso gentile e spontaneo. Stargli accanto faceva sentire leggera anche me. Dopotutto, averlo incontrato non era stato così male.
Le vie dell'università erano tutte alberate, querce secolari che da sempre osservavano silenziose lo scorrere delle vite degli studenti. Grandi distese di verde circondavano gli edifici, lampioni simili a lanterne erano ora spenti, colonne greche con sopra statue che raffiguravano scene della mitologia si incontravano ogni dieci metri.
Quando raggiungemmo la sezione dei dormitori, avevo il fiatone ma ero rimasta anche affascinata da tutto quello che avevo appena visto.
Avevo fatto caso che Aiden era un tipo molto conosciuto all'interno del campus. Tutti quelli che avevamo incontrato gli avevano rivolto un cenno cordiale di saluto ed a volte anche parecchio affettuoso, come se lo conoscessero affondo. Per contro, io ero stata completamente ignorata. Non c'era niente di strano, visto che l'invisibilità era un super potere che avevo sempre voluto.
Immense ville a schiera si stagliavano sulle pendici di una collina, Aiden mi indicò l'ultima, situata sulla punta più dolce. Quello sarebbe stato il mio dormitorio.
La villetta da fuori era davvero carina. Lo steccato bianco, l'erba curata, il porticato in mattoncini con un dondolo esterno, le finestre con i vetri a specchio, le colonne in stile greco che sorreggevano il peso dei balconi sovrastanti. Non avrei potuto desiderare di meglio.
Ma avevo come l'impressione che quel posto fosse più nello stile di una confraternita, invece che un vero e proprio dormitorio. Nella mia mente, l'avevo immaginato come un edificio qualunque con camere qualunque disposte una accanto all'altra, perimetrate da corridoi sempre affollati e molto rumorosi.
Aiden sbuffò e si asciugò il sudore con la manica della camicia, mentre con l'altra mano poggiava a terra la mia valigia davanti alla porta d'ingresso «Direi che ci siamo.»
«Avresti dovuto lasciare che la portassi io» borbottai un po' dispiaciuta per la fatica che aveva fatto. Le ruote non giravano bene ed era parecchio pesante.
«Scherzi? E perdermi un po' di allenamento gratis? A cosa serve avere i muscoli se non puoi utilizzarli per trasportare valigie qua e là per la Fox?Dovrei essere io a ringraziarti. Anzi, mi hai dato una bella idea, sai? Dovremmo proprio incaricare qualcuno per il servizio di facchinaggio.»
«In tal caso, mi assicurerò di lasciare una bella recensione» dissi facendo l'occhiolino.
Aiden incrociò le braccia al petto «Molto gentile da parte tua, matricola.»
Accanto allo stipite, c'era inciso il nome del dormitorio, sopra una lastra di marmo bianchissimo. Passai le dita sull'insenatura della scritta, ancora incredula di essere lì. Dove per la prima volta il mio cuore voleva essere.
Aiden si sporse dietro un vaso di magnolie e tirò fuori una chiave, la infilò nella serratura facendola scattare. «Trucchi del mestiere» esclamò soddisfatto passandomi accanto.
«Ehi, un momento! Aspetta!» provai a dirgli, ma era già entrato.
Fu più forte di me. Mi voltai prima di procedere, per godere del panorama alle mie spalle. Ai lati del vialetto c'era un sentiero fatto di fiori blu e viola. Il loro profumo era così prepotente da farmi arricciare il naso. Dei tavoli da esterno erano posizionati sulla destra, con le sedie messe un po' alla rinfusa, come se venissero utilizzate spesso. Qualcuno aveva dimenticato un libro aperto e le pagine giravano da sole una dopo l'altra. Adoravo già quel posto prima ancora di averci messo piede. Stava superando di gran lunga ogni mia aspettativa.
La villa all'interno era arredata in stile moderno ma molto essenziale. Aiden lasciò la mia valigia nel corridoio d'ingresso, accanto ad un mobile con sopra un mazzo di tulipani gialli. Mi mostrò la sala comune, una camera ampia con delle vetrate che davano direttamente sul giardino. I divani in pelle nera erano disposti ad angolo, il pavimento era di marmo lucido bianco. C'era un tavolo da biliardo nel mezzo ed un proiettore richiuso su se stesso, appeso al muro. Un maxi televisore se ne stava spento al bordo di una parete e varie console erano esposte una dopo l'altra. C'era persino un camino per l'inverno in mattoncini chiari. Mi vidi lì accanto al fuoco, seduta a leggere uno dei miei romanzi preferiti, con una coperta calda sulle gambe e una tazza di cioccolata fondente tra le mani. Era sul serio l'occasione giusta per costruirmi ricordi felici ed avrei fatto in modo che le cose andassero secondo i piani.
Arrivammo in cucina, ideata nello stesso stile della stanza precedente. Gli ultimi modelli degli elettrodomestici avrebbero fatto impazzire di gioia Rose se fosse stata lì con me. Frigo, lavastoviglie e forno erano così giganteschi che avrebbero potuto essere utilizzati per cucinare ad un intero esercito. Erano così nuovi e puliti da sembrare che nessuno li avesse mai accesi prima. I fornelli del gas erano disposti su vetri lucidi color carbone e persino la lunga tavolata scura sembrava fatta dello stesso materiale. Credenze e sportelli erano invece in legno chiaro, liscio al tatto. Sopra un ripiano erano disposte sei tazze colorate ed accanto la macchina del caffè era ancora accesa, segno che qualcuno doveva essere uscito da poco.
«Hai sete?Posso offrirti qualcosa da bere?» mi chiese Aiden poggiandosi in avanti su un pianale e reggendosi la testa sulle mani.«Abbiamo acqua, caffè, succhi in abbondanza, qualcosa di vegetale che non so nemmeno pronunciare, anche se devo ammettere che è davvero buono! Dimmi tu.»
Inarcai un sopracciglio «Fermo un secondo. Tu vivi qui? E no, comunque. Non ho voglia di niente. Sono apposto così.»
Aiden non rispose subito, si voltò, prese un bicchiere dallo scaffale, tirò fuori dal frigo la brocca dell'acqua e se ne versò un goccio abbondante.«Cosa te lo fa pensare?» disse ridendo.
«Avresti potuto informarmi subito!» lo rimproverai un po' piccata.«Non avrei fatto così tante storie se avessi saputo che saremmo stati coinquilini.»
«E perdermi la tua faccia quando te l'ho detto?Mi piace l'espressione che hai in questo momento» esclamò inclinando la testa da una parte. Poggiò il bicchiere nel lavello e mi fece cenno di seguirlo.«Datti una mossa matricola, qui le giornate finiscono in fretta! Ti faccio vedere la tua stanza che è proprio accanto alla mia. Sarà un segno del destino? Tu che dici?»
Lo osservai caricarsi in spalla la mia valigia ed iniziare a salire le scale in legno di ciliegio «Non credo al destino, mi dispiace deluderti.»
«Nessuna delusione, non ci credo nemmeno io. Però, se hai bisogno di qualunque cosa, non esitare a chiamarmi. La tua stanza è tra le più grandi. Sapevamo che saresti arrivata oggi, per cui lenzuola ed asciugami puliti, li troverai sopra il tuo letto. La presentazione con le matricole sarà tra circa...» si interruppe per controllare l'orologio al polso.«Un'ora. Direi che puoi farcela. Hai tutto il tempo per cambiarti e sistemare le tue cose. Non troverai nessuno in giro per la casa perchè abbiamo tutti un incontro formale questa mattina. Ritieniti fortunata. Quando siamo al completo è davvero divertente, ma finisco sempre per avere grandi mal di testa» sorrise tirando le labbra in modo ironico.
Arrivammo al primo piano. C'erano solamente tre stanze ed Aiden indicò con un cenno del viso la seconda stanza nel mezzo. «Quella è la tua. Ah! Dimenticavo.Siccome il dormitorio come avrai notato dista parecchio dalle facoltà, la Fox ci mette a disposizione delle bici per quando nessuno ha voglia di camminare. Le troverai parcheggiate sul retro. Puoi prendere quella che vuoi.» Ci fermammo davanti alla porta. Aiden si grattò il collo con una mano dietro la testa «Bhe.Il mio compito qui è finito. Ti lascio fare le tue cose.»
Annuii stringendo le labbra. Lui si voltò di spalle e fece per andarsene.«Ehi Aiden!»
Con una mezza giravolta tornò a guardarmi «Sì?»
Mi strinsi le spalle «Grazie per oggi.»
«Tranquilla, matricola. Aspetto la tua recensione.»
Quando entrai nella mia stanza, la prima cosa che mi colpì, fu la luce. Amavo la luce. Amavo il suo tepore. Amavo vedere le cose illuminate. Amavo vedere il buono nelle persone. Ed amavo, nonostante la vita con me non l'avesse fatto, cercare il meglio in loro.
Il sole spargeva i suoi raggi caldi ovunque, sul letto matrimoniale con le lenzuola panna, sui muri lilla pastello, si rifletteva contro la specchiera rettangolare vicino all'armadio, bagnava la scrivania ad un angolo e la libreria vuota nel lato opposto. C'era odore di nuovo, di bucato appena fatto, di lavanda. Profumi che da quel momento in poi avrei dovuto chiamare casa. Spalancai la vetrata del balcone che affacciava sul giardino, notando che il dormitorio era dotato anche di una piscina. Disfeci la valigia, sistemando i vestiti nell'armadio e qualche libro che mi ero portata dietro sulle mensole della libreria. Collegai finalmente il cellulare al caricatore e mi ritrovai varie chiamate perse da Rose. Sapevo si sarebbe preoccupata troppo presto. Composi il numero e rispose al primo squillo. «Cosa ti salta in mente, Meg? Sparire per tutto questo tempo?Vuoi per caso farmi prendere un colpo?» si affannò con voce preoccupata.
«Sì, hai ragione. Cioè no. So che avrei dovuto chiamarti non appena sarei arrivata. Non l'ho dimenticato. È solo che il telefono si è spento all'improvviso. E poi ho perso tempo perchè non avevo la minima idea di come arrivare al dormitorio.È tutto così grande qui che è un po' difficile orientarsi.»
«Ti sei cosa?» fece lei con un urletto isterico.«Scusa. Ma non sei già alla Fox?»
Presi un bel respiro «Sono alla Fox. Ed è tutto bellissimo, te l'assicuro. Ho conosciuto uno dei coinquilini che mi ha dato una mano con la storia del dormitorio.»
Rose buttò fuori l'aria e tornò più calma.«Santo cielo!Ero così in pensiero per te! La mia bambina che diventa grande da un giorno all'altro» disse tirando su con il naso.
«Non è poi così tanto da un giorno all'altro.Ho diciotto anni, zia!» Cercai di ricordarle.«Sapevi che prima o poi, sarebbe successo.»
«Sì. Sì. Ma è così difficile non averti qui con me...» esclamò con voce sottile.«Ok. No, io...Io...Sono felice per te, Meggie.È un traguardo davvero importante che hai raggiunto con i tuoi sforzi e te lo meriti, sul serio. Non posso farci niente, in fin dei conti. Sai che ti voglio bene, vero?»
«Certo che sì, Rose» sorrisi.«Ti voglio bene, anch'io. Sei la mia zia preferita.»
Sbuffò ed immaginai che stesse trattenendo qualche lacrima. «Sono la tua unica. Zia.»
«Oh» mi venne da ridere.«Giusto.Ma non è per quello!»
«Ascolta, Meggie. Volevo dirti» incalzò con un tono un po' stridulo e poi sospirò. «Sono molto fiera di te, tesoro. Non volevo disturbarti. Ero solamente preoccupata. In fondo, non siamo mai state lontane noi due. Ma credo che dovrò farci l'abitudine. Non è così?»
Le sue parole mi entrarono dentro e sciolsero un po' del freddo che per anni avevo provato, a causa della morte dei miei genitori. Rose aveva vissuto con me ogni singolo momento che aveva perforato il cuore ad entrambe. La differenza era che lei ad un certo punto aveva iniziato a reagire, io no.
Ricevere una borsa di studio per la Fox, una delle migliori università del Paese, era la mia opportunità di rivincita e lei lo sapeva bene. Finalmente stavo per fare qualcosa per me stessa. Rose mi aveva cresciuta come se davvero fossi sua figlia. Avevamo pianto non so quante volte insieme, sorriso insieme, sofferto insieme, molti tagli sul cuore, combaciavano perfettamente tra noi. Quella, come aveva appena detto, era la prima volta che mi allontanavo da casa. Non avevo mai partecipato a nessun campo estivo o gita scolastica, a nessun evento che mi avvicinasse particolarmente alle persone. Mi ero tenuta alla larga perchè aver perso qualcuno all'improvviso mi aveva indotta a pensare che meno legami stringessi, meno avrebbe sofferto il mio cuore se si fossero spezzati. L'incidente mi aveva resa fragile. Rose mi spronava a superare le mie paure, io cercavo invece di dimenticarle. Ma la paura, più fingi che non esista, più torna a cercarti e a soffocarti. Avevo trascorso anni dentro una campana scintillante che mi aveva protetta dal mondo reale. Era stata costruita dalle mia mani e sapevo bene che solo io ero in grado di distruggerla pezzo dopo pezzo. Il primo passo era avvenuto proprio grazie all'ammissione alla Fox.
Lasciare Rose per un po', significava portarmi tanti bei ricordi dietro per tenermi al caldo quando mi sarebbe mancata. Lei, i suoi thè, le sue vaschette di gelato, i film strappalacrime che amavamo guardare rannicchiate sul divano, i suoi uomini sbagliati, le sue tele per dipingere che riempivano la casa, i suoi buffi attrezzi per il giardinaggio, i suoi abbracci, i suoi colorati e bizzarri abiti, i suoi occhi che avevano lo stesso colore dei miei.
Rose era la sorella minore di mia madre, ma la maggior parte delle persone che le aveva conosciute prima dell'incidente, aveva sempre creduto fossero gemelle. Mia zia aveva avuto sin da piccola, una tempra un po' ribelle che non sfociava solo nel cambiare continuamente colore stravagante ai capelli. Nel corso degli anni e per prendersi cura di una bambina di sei anni, aveva dovuto limare molti lati del suo carattere, crescendo di colpo. Rose amava viaggiare per il mondo e la sensazione di libertà che offriva farlo. Ma da quando ero entrata io nella sua vita, aveva accantonato tutti i suoi sogni dentro uno scatolone per mettersi a fare l'avvocato divorzista. Litigare con le persone per difenderle era uno dei suoi punti forti. Diceva sempre che le permetteva di sfogarsi.
Era una donna magra, fisico asciutto e snello, piuttosto alta e senza ancora nessuna ruga a ricordarle lo scorrere del tempo. Non che questo le importasse molto. Aveva il viso scavato, lunghi capelli che amava portare arricciati e sciolti. Parlava velocemente, così come era molto brava a cambiare in fretta argomento. Apriva bocca per dire tutto quello che le passava per la testa e almeno in questo, eravamo molto simili. Preferiva la verità anche quando era dura ed insolente.
Rose era un tipo giovanile, molto alla moda e per lo più cordiale con chiunque incontrasse. E nonostante avesse un carattere decisamente più forte del mio, era capace di rilasciare, con chi voleva, un calore smisurato e di sciogliersi come la neve al sole. Cosa che, io, non sapevo se sarei mai stata in grado di fare.
Le ultime parole prima che riagganciasse furono «Goditi questo viaggio, bambina mia. Sono certa che ti piacerà.»
STAI LEGGENDO
C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )
ChickLitCOMPLETA.Il vecchio titolo era Favole di Carta. Meghan parte per il college con i suoi sogni in mano, i ricordi persi e tanta voglia di ricominciare. Ma non appena varca le porte della Fox,si imbatte nel Bianconiglio, il ragazzo più popolare di tutt...