30. Aprire il mio barattolo di lucciole

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Luw – Like me better

Chissà perché se penso all'aria, penso poi subito all'amore. Forse perché pesa quanto ossigeno offrirti, e quanto toglierti dai polmoni. In misura uguale e contraria, a quanto quel qualcuno ti si è schiantato nel cuore. Mi piace la parola Aria. Se potessi scegliere un nuovo nome, sarebbe questo. Perché l'aria è ovunque e da nessuna parte. Aprire le mani per intrappolarne più possibile e poi non sapere se l'hai catturata veramente. Perché ne hai sempre poca, quando invece ti manca. Ne hai sempre troppa, quando non la desideri più. E c'è aria nei vuoti, nelle tegole che utilizzi per coprirli, tra le crepe dei tuoi sogni, tra i buchi di casa tua quando lasci entrare tutto, invece di chiuderti a chiave. Aria. Serve per tante cose. Per ridere fino ad avere il mal di pancia, per fare l'amore, per mandare a quel paese il passato, per soffiare sopra le cose, per sentirti leggera e in grado di volare. Serve aria per prendersi cura di un fiore, serve un uragano per smuoverti e prendere in mano la tua vita. E l'aria è fresca, è dolce. Come quando è estate e devi portarti dietro una felpa. Perché sono sempre i posti dove ne tira troppa, a fregarti. Perché la colpa è solo la loro, se poi ti ritrovi a pensare, a quanto ti manca quel vento così forte. Aria. Che bella parola. Anche da sola, sembra una poesia. Mi piacerebbe poterla scrivere. E se fossi capace di disegnare, prenderei la matita e scarabocchierei una nuvola. E non vorremmo tutti essere questo? Non vorremmo tutti qualcuno che ci chiedesse di restare? Perché senza, gli mancherebbe il fiato.
 
Aria. Avevo sempre avuto un rapporto difficile e complicato con lei. Però non smettevo mai di cercarla, di volerla, di amarla. Anche quando mi faceva paura.
In quel periodo, mi sembrò che mi mancasse in continuazione. Il lunedì, ci fu un disguido sugli orari e gli insegnanti prolungarono le lezioni fino a sera. Arrivai stanca morta al Greek e non riuscii ad incrociare nessuno.
Martedì non mi ricordai che avessi impostato la sveglia così presto e quando aprii gli occhi, mi ritrovai Ash a dormirmi accanto. Non ne restai particolarmente sorpresa, perché durante la notte avevo assimilato la presenza di qualcuno ed ero sicura, si trattasse proprio della sua.
Mi piaceva restare a fissarlo quando non se ne accorgeva. Non stavo facendo niente di male, in fondo. E mi venne in mente una cosa. Avevo letto da qualche parte, che quando osservavi qualcuno dormire, con addosso quella sensazione che in quel letto, provavo io, eri innamorata. Non avevo le farfalle nello stomaco, o per lo meno, non le avrei chiamate così. Piuttosto sentivo le vertigini che mi avvolgevano, facendomi sentire come se mi trovassi al centro di uragano.
Mi accorsi, che la verità era una sola, che non aveva più tante sfumature. Che quello che cercavamo tutti ogni giorno, era qualcuno per cui essere imbattibili. Volevamo che ci ricordasse e si ricordasse di noi in mezzo alla pioggia. Eravamo cresciuti, scegliendo le nostre cose preferite. Il gusto del gelato, la pizza, un colore, un fiore, una canzone, un vestito che tenevamo ancora per l'occasione giusta. Ma poi volevamo che fossimo proprio noi, la parte preferita nella vita delle altre persone. Volevamo essere scelti. Ed era la stessa sensazione di quando eravamo bambini e si facevano le squadre per giocare. Aspettavamo di essere i primi, aspettavamo che quel qualcuno ci guardasse tra tutti con gli stessi occhi di quando arrivava la mattina di Natale. Così come aveva fatto con me quel bambino dei miei ricordi.
Volevamo togliere il fiato, ma essere anche l'aria che avrebbe riempito i polmoni.
Non ero innamorata di Ash. O piano piano, stava accadendo senza che riuscissi a fermarlo? Senza che potessi reprimerlo in nessun modo?
Una ciocca di capelli, gli coprì lo sguardo rilassato, la bocca era leggermente distesa, stava respirando profondamente. Il suo odore era entrato tra le mie lenzuola. E non volevo scacciarlo via.
«Non fissarmi in quel modo» sospirò, ancora con gli occhi chiusi. Ascoltare la sua voce da quella distanza, fu come una canzone.
Restai sbigottita e portai la stoffa del tessuto sopra il volto «In quale modo, precisamente?»
Sollevò le palprebe «Come se volessi qualcosa da me che non posso darti. Come se avessi bisogno di me.»
Risi piano, ma istericamente, mossi i piedi nel letto. «Non ho bisogno di te.»
Ash fece scivolare la gamba sopra il mio polpaccio «Sono io ad aver bisogno di te. Proprio adesso.»Mi voltò di lato, avvicinando la schiena al suo petto e affondando il mento nel mio collo.
«Come hai fatto ad entrare? Non me ne sono nemmeno accorta...»Parlai morbidamente, come per non turbarlo.
Sorrise di sbieco «Non ci sono chiavi delle stanze... E poi, dormo bene accanto a te.»
Quel complimento mi fece piacere, particolarmente. Non lo presi alla leggera, perché avevo capito quanta fatica gli costassero gli incubi che faceva. Ero felice che si sentisse sollevato nella mia stanza, che per lui quello, fosse un luogo dove sentirsi al sicuro.
«Hai messo tu la sveglia così presto? Non ricordavo di averlo fatto» gli chiesi, aspettando una sua risposta che mi stupisse.
«Già. Voglio un altro appuntamento con te. L'ultimo... Diciamo che non mi è bastato» spifferò con sincerità ed io non seppi bene se mi stesse prendendo in giro o meno.
Mi rigirai per guardarlo in faccia «Ieri mi hai abbandonata al locale.»
«Touché...» si posò una mano sul petto. «Sono arrivati gli altri e non avevo nessuna voglia di vederli.Me la sono svignata.»
«Questa cosa che vuoi tenere nascosta...Sai che prima o poi, finirà per ritorcersi contro di noi?» Sperai che capisse. Anzi, quello che volevo sentirmi dire era che non dovessi più nascondere niente a nessuno.
Restò infastidito, perché si spinse giù dal letto per alzarsi.
«Oggi saltiamo le lezioni» sentenziò con voce decisa. «Tutti e due.»
«Ash, non posso saltare niente o i miei voti caleranno a dismisura!»
«Oh, per un giorno non succederà niente di male» abbaiò lui, mentre si rivestiva.Fissai il suo corpo, snello, slanciato, perfettamente disegnato.
Scivolai con i piedi a terra «Per te, anche se ci fosse la fine del mondo, non succederebbe niente di male.»
«Dai vestiti, su!» mi ordinò con impazienza nella voce. Mi coprii vergognosemente e mi diressi verso l'armadio.
«Puoi toglierti le braccia da davanti, non c'è niente che non abbia già visto.Dovresti esserci abituata» soffocò una risatina maliziosa.
Gonfiai le guance, ma non tolsi le mani, presi i vestiti puliti e li indossai restandogli di spalle. Non appena mi voltai, fece dondolare delle chiavi di un'auto a pochi centimetri dal mio viso, con un'espressione soddisfatta.
«Non sei serio vero?» corrucciai lo sguardo.  «A chi hai rubato la macchina?»
Sfoggiò un sorriso intrigante e dannato «Ci facciamo un giro sulla Jeep e torniamo prima che se ne accorga.»
 «Ash!» esclamai contrariata. «Vorresti farlo arrabbiare a tutti i costi?»
Scrollò le spalle «Aiden è impegnato tutto il giorno con l'università, non avrà nemmeno il tempo di pensare Ehi, dov'è la mia Jeep? Che le ritroverà dove le ha lasciate.»
Scossi la testa, sperando di mostrargli la mia riluttanza, ma tanto già sapevo che non avrebbe cambiato idea.
Dieci minuti dopo, eravamo nel parcheggio del campus, Ash si guardava attorno disinvolto e fiero. Lo feci anch'io, ma completamente nel panico rispetto a lui, con la speranza di riuscire a sfuggire a qualsiasi occhio indiscreto che potesse scoprirci. Appena partì, accese l'aria condizionata e la musica più alta del comprensibile. Guidò sfrecciando per le vie della Fox, più rapido di come guidava la moto. Mi tenni stretta al sedile e gli avrei anche chiesto di rallentare, se solo fosse riuscito a sentirmi. Non appena cercavo di abbassare il volume, lui dal volante, lo rialzava. Non appena cambiavo canzone, lui rimetteva la precedente. Alzai le mani, arrendendomi e lo lasciai fare. Vicino al cambio, trovò gli occhiali da sole di Aiden e li indossò «Mi stanno    bene?»
«Non dovresti toccare le sue cose» corrucciai la fronte.
«Oh, andiamo! Rilassati!» sbuffò. «Abbiamo preso in prestito l'auto di mio fratello.Non l'abbiamo mica rubata.»
«Per me è indifferente. Perché l'hai fatto solo per il gusto di farlo e... » guardai davanti la strada, gli lanciai un buffetto sulla spalla. «Potresti rallentare e abbassare la musica, per favore?»
Ash alzò gli occhi al cielo «Non sei divertente quando fai la maestrina.»
«Dovrei essere a studiare, adesso. Dovrei preoccuparmi di mantenere i voti alti per la borsa di studio. Non stare con te, a fare chissà cosa...» sbottai, spalancando le braccia e studiai il suo viso. Sorrise con un angolo della bocca un po' amaramente, ma fu pur sempre affascinante.
«Chissà cosa...» ripetè come se l'avessi offeso. «Detto così, suona male.»
«No...Intendevo...» farfugliai, spostandomi i capelli dal collo.
«Per caso, sei nervosa? Ti tocchi sempre i capelli quando lo sei.» Scosse la testa ed il profumo di agrumi si espanse per tutta l'auto.«Sei agitata, non è vero? Quando siamo insieme vai sempre in confusione»
«Sai tante cose di me... Ed io non so quasi nulla di te» strofinai le mani sulle ginocchia. Volevo che mi parlasse, volevo che si aprisse. Volevo mordergli l'anima e sapere che gusto avesse. Anche se sapevo che poi ne sarei stata dipendente. Come, in fondo, lo ero già diventata dei suoi occhi. «Ash, perché non mi parli un po' di te.Perché non mi racconti qualcosa che non so.»
«Non ho molto dire» si sbrigò a rispondere. Voleva come sempre chiudere in fretta il discorso.
«A me piacerebbe ascoltare anche quel poco che hai da dire.»
Riuscire a tirargli fuori le parole di bocca, era piuttosto complicato, quando spuntavano fuori le spine.
«C'era una persona con cui giocavo spesso da bambino» se ne uscì all'improvviso, quando ormai pensavo che avrei dovuto rinunciarci. Mi stupii di avercela fatta.
«Per varie cose, mio padre, mi portava spesso da lei.»
Ash fissò la strada, ma a me sembrò trovarsi altrove «All'epoca, stavamo quasi sempre insieme. Una volta, addirittura, provammo a costruire una casa sull'albero ma fu un totale fiasco...» disse sorridendo e scosse la testa. «Voleva che facessi come diceva lei, che seguissi le regole. A me piaceva infrangerle, lei le rispettava. E così finivamo per battibeccare. Quando giocavamo con gli altri, voleva che non la salvassi perché diceva che ce l'avrebbe fatta da sola. Ma poi si offendeva se fingevo di non farlo. L'avrei salvata sempre, quella lì. Anche quando sapevo si sarebbe infuriata. Le piaceva ascoltare le favole che raccontavo.Non sapeva andare in bicicletta per cui finiva sempre per venirmi dietro. Provai una volta a spiegarle come fare. Ma pianse come una disperata quando cadde con il sedere a terra» sorrise ancora con malinconia. «Era la persona più testarda che avessi mai conosciuto.»
Ascoltarlo, mentre cercava di farmi entrare nei suoi ricordi, per me fu disarmante. Avrei voluto starlo a sentire per ore, non mi sarei mai stancata. Un po' invidiai quella persona che aveva occupato il cuore, di un Ash ancora bambino, di un Ash che ancora non aveva quello sguardo affilato e solo.
«Doveva essere davvero speciale questa persona... Per te... » dissi piano, sperando non si fermasse o non esplodesse un qualche litigio. I suoi occhi si allungarono, guardando lontano come se la rivedesse un'altra volta nella sua mente «Già.»
«É la prima volta che parli di qualcuno in questo modo.»
Ash tamburellò le dita sul volante «É la prima volta che ne parlo.»
«Ed Aiden dov'era? Non era con te?» chiesi, perché non l'aveva ancora menzionato.
Ash s'incupì e mi accorsi di aver sbagliato qualcosa «Aiden. Fu in quel periodo che il nostro rapporto si incrinò.Mio padre non faceva altro che rimproverarmi, dirmi che non andava bene niente di quello che facevo. Se invece Aiden, prendeva un bel voto a scuola si festeggiava per giorni.» Inspirò l'aria «Era piuttosto ingiusta come cosa. Eppure alla fine, l'accettai. Da una parte, lasciare mio fratello lontano dagli artigli di mio padre, fu un sollievo. Dall'altra, sapevo che mi avrebbe prima o poi guardato come faceva lui. Come quello che non ha un posto, che non gli importa di niente, che non fa altro che rovinare le cose. E non posso dargli torto. Perché è la verità.»
« Oh, Ash... » poggiai la testa sulla sua spalla. Ma un dubbio si insinuò nella mia testa. Non aveva detto che era stato poco con suo padre?Non aveva detto che si era sentito abbandonato? Quale parte della sua storia non tornava? Se l'avessi interrotto, non mi avrebbe parlato più di sè.
Quel momento, fu più intimo che fare l'amore. Non aveva nessun prezzo. Volevo capirlo,prenderlo per mano. Dirgli che da adesso in poi, se me lo avesse permesso, ci sarei stata io. Non sarebbe stato più solo.
Dentro quella macchina, mi parlò di parecchie cose. Parlò di quando Aiden alle medie, veniva preso in giro da alcuni bulli a scuola e quando Ash lo scoprì, li minacciò, finendo in una rissa. Non gliel'aveva mai confessato. Alla fine quei bulli, smisero di importunare suo fratello ma lui si beccò una settimana in punizione. Mi parlò di come quando mentre era ancora al liceo, avesse lavorato come cameriere per comprarsi la moto, perché non voleva contare sulle finanze della sua famiglia. Mi raccontò che i giorni più belli erano rimasti quelli che aveva vissuto con quella persona da bambino. Mi disse che era lui a prendersi sempre la colpa per Aiden, anche quando non aveva fatto niente. Amava l'inverno, odiava il caldo. Il lupo sul fianco, se l'era fatto tatuare il giorno che aveva compiuto sedici anni. Mi raccontò che sarebbe voluto scappare tante volte, ma non era mai riuscito a farlo.
Sapere tutte quelle cose di Ash, fu come venire investiti da una pioggia di grandine. I sassolini di ghiaccio mentre scendevano, si trasformavano in neve. La stessa neve che avevamo visto insieme. Lui pensava potessero far male. Ma su di me, scendevano soffici e delicati. Ed avevo paura persino a toccarli, per non vederli sparire.
Mi sentii più vicina. Avevo appena capito una parte del puzzle.
Ash mi parve un cucciolo di lupo pieno di graffi e cicatrici, che non ululava altro, che qualcuno si prendesse cura di lui.
Giungemmo in un prato, Ash fermò la macchina sul ciglio della strada «Dobbiamo scendere» mi informò, come se fosse non fosse un'informazione ma un ordine.
Mi affacciai dal finestrino, intorno a noi, non c'era niente. Aprii lo sportello e puntai i piedi a terra. Scese anche Ash dalla macchina e chiuse la portiera «Guardati attorno.»
Non so perché non mi fossi soffermata subito sul paesaggio, gli avevo dato un'occhiata di sfuggita, con superficialità.
Ci trovavamo davanti ad una distesa di tulipani gialli. Non ne era periodo, lo sapevo perché Rose cercava di piantarli ogni anno.  E non avevo idea  nemmeno  di come avessero fatto a crescere in quel luogo. Ma ne restai estasiata. L' infinita vallata gialla, mi si incatenò dentro.
Ash conosceva il significato di quel fiore? Sapeva a cosa facesse riferimento? Me lo chiesi e rimase sulla punta della lingua la voglia chiederglielo.
L'erba era alta fino alle caviglie e quel mare verde pieno di piccole lucine gialle che danzavano nel vento, sembrò...sembrò... Una distesa di lucciole?
Mi portai una mano sulla testa. No impossibile, mi dissi subito. Eppure l'immagine nei miei ricordi e quella che vedevo lì di fronte, si sovrapposero. Diedi subito la colpa al troppo stress che avevo accumulato. Ma a me, quel paesaggio era familiare.
Perché Ash mi aveva portata in quel campo? Per i fiori?
Mi tese la mano e io la strinsi, come se fosse un'ancora. Mi sorrise dolcemente e si incamminò in mezzo al prato. I tulipani gialli erano l'espressione più pura di un amore disperato. Ma non dovevo di certo pensarle, certe cose. Ash mi dava l'idea di uno, che non ne sapesse niente di fiori.Eppure, era tutto così azzeccato.
Camminammo un po', fin quando non vidi Ash, distendersi sull'erba ed io lo imitai. Non capivo perché mi avesse portata proprio lì, così cercai di lasciare che la situazione si facesse chiara da sola.
«Perchè mi sembra di essere già stata qui?» domandai, più a me stessa che a lui. 
Ash mi osservò posando il mento sulla sua spalla «Lo chiamano déjà-vu. Capita spesso a molte persone.Pensano di aver fatto qualcosa che invece non è mai successa.»
«So cos'è un déjà-vu , ma non credo sia questo il caso.Penso di aver già visto questo posto»cercai di spiegarmi meglio.
Ash strappò un tulipano e ci giocherellò con le dita «Credo tu sia troppo suscettibile, Meghan» disse scrollando le spalle. «Rilassati. »
Sospirai «Forse hai ragione... »
Lisciai la terra con la mano e mentre ero distratta, Ash mi ravviò una ciocca di capelli dietro le orecchie. Spostandoli indietro, ci appoggiò anche il fiore che un momento prima era nella sua mano. Sorrisi con gli occhi e lui quasi arrossì.
«Che ore sono?» mi chiese all'improvviso.
«Non so. Mezzogiorno, forse?» tirai fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni e controllai. Mancava appena qualche minuto.
«Bene, siamo in tempo» disse con aria soddisfatta.
«Per che cosa?»
Quando si comportava in maniera misteriosa, era ancora più intrigante.
«Vuoi vedere una magia, Meghan?» sorrise beffardamente, inclinando la testa.
Annuii, ma rimasi colpita dalle parole che aveva utilizzato.
«Chiudi gli occhi» mi impose con decisione. Lo fissai ironica «Non prendermi in giro, Ash.»
«Chiudi gli occhi» ripetè, ma questa volta più serio. Feci come aveva detto e attesi.
«Tre...Due...Uno... » iniziò a contare fino a quando una folata di vento, non mi arrivò sulla schiena e mi sospinse in avanti. «Puoi riaprirli, ora» disse.
Quando sollevai le palpebre, vidi una cascata di petali gialli volare nell'aria. E quell'aria mi sembrò quasi che suonasse una melodia e che quei fiori, fossero le note che la componevano. Volavano, si avvicinavano, si allontanavano, ballavano insieme e poi scappavano. Il forte vento, evidentemente, smuovendo i tulipani, aveva staccato qualche petalo. E poi lo aveva lasciato a mezz'aria, in un turbinio che si muoveva come uno di quegli stormi di rondini che si vedevano d'estate nel cielo. Oppure come le lucciole di quel bambino.
Era una coincidenza assurda, che però lasciò una strana sensazione. Come se mi mancasse qualcosa. Forse era solo la mia mente che si era ostinata nel voler collegare il ricordo di quel bambino, a qualsiasi costo.
«Ogni giorno, alla stessa ora, il vento tira da quel punto» indicò con un dito verso nord. «Creando questa cosa. Bella, vero?»
«Oh, non è solo bella. Io direi che è straordinaria!» esclamai affascinata e rapita dalla bellezza di quel campo.«Sarà una sciocchezza. Ma nei miei ricordi c'è un bambino. E quando quell'immagine mi appare, fa proprio quello che hai fatto tu e dice una cosa simile a quella che hai detto adesso. A volta penso sia solo un sogno... Eppure a me sembra sempre così reale» gli confidai con un po' di malinconia nella voce.
Ash emise un versetto come se stesse per ridere «Hai presente il serpente che si morde la coda?»
«Certo...»
Ash prese il pacchetto di sigarette dalla tasca e se ne accese una «Dicono che sia il simbolo dell'infinito, ma non è ironico? Un serpente che cerca all'infinito di farsi del male. E se lo guardi bene, c'è un piccolo spazio d'aria tra la bocca e la coda, come se ancora non l'avesse morsa. Nell'attimo in cui sta per mordersi... Secondo te, che cosa pensa?»
Lo osservai intrigata «Non sa che sta per farsi del male.»
Lui restò un secondo in silenzio e poi continuò «No, ti sbagli. Io credo che lo sappia perfettamente. Eppure non riesce a farne a meno», si girò a guardarmi e aprì la bocca come se volesse continuare. Poi ci ripensò, puntò gli occhi verso il basso «I déjà-vu non esistono, Meg. Il tuo è un flas...»
Venimmo interrotti dalla suoneria del mio cellulare che squillò ininterrottamente. Controllai chi fosse, era Alex che mi chiedeva dove mi fossi cacciata.
Mentii ancora, gli raccontai che mi ero presa un giorno libero per andare a trovare Rose e che sarei ritornata nel pomeriggio. Non appena attaccai, Ash già stava tornando alla macchina. La magia, era appena finita. Ma questa volta, pregai di non dimenticarla ancora.
Nel viaggio di ritorno non parlammo molto. Ad un certo punto provai a chiedergli cosa stesse per dirmi prima che la mia suoneria ci interrompesse. Ma lui divagò subito e provò ad indovinare quale fosse il mio fiore preferito.
Non ci volle molto per arrivarci, alla fine glielo dissi quasi io, il bucaneve.
 

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora