5. Incontri e Scontri

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Lord Huron - The Night We Met

Il Greek aveva lo stesso odore degli hotel. Una volta avevo accompagnato Rose ad un convegno ed avevamo alloggiato in un tre stelle. Fu la cosa più simile ad una vacanza che facemmo insieme. Ciò che mi rimase impresso però, non furono le ore passate a leggere o fare zapping con la tv via cavo, rotolandomi sui cuscini più morbidi della mia vita. Ma l'odore di nuovo che c'era in ogni angolo. Ora, avevo la stessa sensazione dell'epoca.
Feci capolino nella sala comune, ma come aveva detto Aiden sembrava non esserci nessuno in giro.
Cosí quando raggiunsi la mia camera e la trovai occupata, restai di sasso. Istintivamente pensai di aver sbagliato. Uscii e rientrai per controllare che il corridoio fosse quello giusto, così come il pianerottolo.«Ehm. Scusa?» dissi fingendo un colpo di tosse. La ragazza seduta sul mio letto stava sfogliando con noncuranza le pagine di una rivista. Capii un minuto dopo che non avrebbe potuto mai sentirmi. Sollevò lo sguardo distrattamente su di me e si sfilò gli auricolari dalle orecchie.Aveva i capelli rosa fluo, dal taglio corto e sfumato, gli occhi azzurri risaltavano con il nero dell'ombretto. La carnagione era molto pallida e il rossetto fucsia rendeva i lineamenti del viso accentuati.
«È stato Aiden a dirmi che questa fosse la mia stanza. Ma se c'è stato un errore io...» iniziai a dire, ma lei mi bloccò prima che terminassi la frase e si alzò dal letto per venirmi incontro.
«Oh. No.No. Nessun errore. Sta' tranquilla» scosse leggermente la testa e mi offrì la mano.«Sono Alex Whisper.»
Contraccambiai la stretta un po' a disagio «Sono Meghan Wond...»
«So chi sei. Tutti qui al campus parlano di te» esclamò scrollando una spalla.
«Oh. Bhe. Sì. Già. Ma non è come si dice in giro. Non so chi abbia sparso questa stupida voce. Io ed Aiden...»
La ragazza fu più veloce e mi bloccò di nuovo «Non devi giustificarti. Conosco Aiden come le mie tasche. So che ti ha dato solamente una mano.Ti consiglio di lasciar perdere i pettegolezzi. Qui alla Fox capita di continuo. Alla gente piace sempre creare storie assurde. Tra un paio di giorni, vedrai che se ne saranno tutti dimenticati.»
Mi strinsi nelle spalle «Credo che tu sia la prima persona che incontro a pensarla così.»
«Sai» disse Alex nascondendo le mani dietro la schiena.«Mi dispiace esser piombata qui all'improvviso. Ma ero davvero curiosa di conoscerti. Non capita spesso di avere una nuova coinquilina qui al Greek.»
Portava una maglietta nera un po' sgualcita a maniche corte, l'occhio mi cadde sul tatuaggio di una stella all'interno dell'avambraccio. Alex seguì il mio sguardo e sorrise «Oh. Di sicuro l'avrai visto anche su Aiden. Diciamo che è una specie di promemoria. Un po' scontato, sì. Ma ha pur sempre il suo fascino. L'abbiamo fatto quando eravamo al primo anno. Ed è quello che succede quando ti stai divertendo così tanto da assecondare le idee brillanti dei tuoi amici.»
Fu in quel momento che mi ricordai di lei durante l'incontro con le matricole.«Così anche tu sei una Stella.»
Alex annuì tenendosi il braccio con una mano «Sì, ma tutto il campus crede che ci siamo tatuati solo perchè è stata la Fox a chiamarci in questo modo.E mi dà sui nervi quando le cose vengono banalizzate. Come nel caso tuo e di Aiden.La gente vuole vederci sempre quello che è più facile da vedere.»
Strinsi le labbra e sospirai «Non parlarmene...Sono sulla bocca di tutti solo per non esser stata capace di trovare il dormitorio!»
Fece una risatina gentile «Ecco.Vedi?Proprio quello che ti dicevo. Noi siamo amici. Siamo migliori amici. Viviamo da quattro anni in questa casa enorme. Siamo legati. A me piace vederci come una grande famiglia un po' stramba. Quando i tuoi genitori passano più tempo su un volo aereo in giro per il mondo che a cena con te, sei tu a dover scegliere che tipo di famiglia vuoi nella tua vita. Stando più o meno tutti sulla stessa barca, abbiamo scelto questa. Ha senso, secondo te?» Mi guardò inclinando il viso, in attesa che dicessi qualcosa.
«In verità, lo trovo molto bello» esclamai sinceramente.
Lei mi studiò incuriosita per un po', poi spalancò le braccia. «Bhe! Che dire! Benvenuta a bordo, allora!Non mi dispiace affatto avere un viso nuovo da queste parti! A dirla tutta, era proprio quello che ci voleva! I ragazzi ultimamente mi stavano annoiando a morte con la storia che questo sarebbe stato il nostro ultimo anno insieme e blablabla» terminò agitando una mano in aria.
«Sono sollevata. Spero andremo d'accordo» dissi stringendomi lo zaino in spalla. Alex mi stupì lanciandomi scherzosamente una pacca sulla schiena «Ma certo che sì!»
«Nel weekend daremo una festa. Sarebbe l'occasione ideale per presentarti anche gli altri. Ogni anno, la prima settimana siamo tutti così impegnati con orari diversi che non riusciamo mai a vederci. Ma, ehi. Sono sicura che piacerai anche al resto del gruppo.»
«Non so se sia una buona idea» borbottai puntando un piede sul pavimento.«Non è che vada pazza per le feste.»
«Cosa? Non ci credo!» sbarrò gli occhi azzurri.«Sicuramente perchè non sei mai stata alle nostre di feste! Oh! Sarà grandioso!Già lo so.»
Non mi andava di spegnerle l'entusiasmo confessandole che le avevo appena mentito. Non avevo mai partecipato ad una vera e propria festa.
«Molto bene. Piacere di aver fatto la tua conoscenza, Meg» concluse imitando un saluto militare portandosi una mano sulla fronte e dirigendosi verso la porta.
Mentre usciva mi informò «Le casse bluetooth sulla scrivania sono arrivate oggi per te. Le forniscono a tutte le matricole già sintonizzate sulla radio della Fox. Ascoltala, le notizie che danno sono sempre molto interessanti. Ci si vede!»
 
Me ne stavo sdraiata sull'erba, sotto l'albero di limoni. Mi piaceva quell'angolo all'ombra. Avevo seguito il consiglio di Aiden e mi ero concessa di prendere un po' di sole, prima dell'inizio delle lezioni del giorno dopo. Non indossavo il costume, ma una camicetta crema con un paio di pantaloncini di jeans. Le cicale cantavano ancora, nonostante la stagione stesse scivolando via. Nelle cuffie i Lord Huron suonavano The Night We Met. Avevo gli occhi chiusi, ma percepivo il calore del sole scavalcare le fessure tra i rami e scaldarmi la pelle. I piedi dondolavano al ritmo della canzone. Avevo abbandonato il mio nuovo romanzo sulla pancia. Non mi accorsi subito dell'ombra che mi si stagliò davanti e del freddo che mi pizzicò il viso. Capii dopo che il sole non era stato ricoperto da nessuna nuvola ma c'era qualcuno davanti a me ed era già troppo tardi.
Aggrottai la fronte e mi sollevai di scatto «Tu.»
«Sei nel mio giardino» disse Ash ed io scattai subito in piedi. «Sono nel tuo giardino. E allora?» esclamai incrociando le braccia al petto.«Aspetta un secondo. Che significa? Che diavolo ci fai tu, qui?»
I suoi occhi venivano colpiti dai raggi del sole ed erano di un grigio disarmante. Uno più scuro. L'altro più chiaro. Si passò una mano tra i capelli «Secondo te? Si dal caso che sia anche il mio giardino.»
Sbattei le palpebre e farfugliai «Cosa?»
Infilò le mani nelle tasche dei pantaloni «Sei sorda, per caso? Io vivo qui, ragazzina. Piuttosto, la domanda è. Tu che ci fai?»
Agitai una mano in aria «Sveglia!Anch'io vivo qui.»
La sua mascella si irrigidì, così come le spalle «E da quando?»
«Da ieri, esattamente. Non è una notizia incredibile?»
Avevo completamente dimenticato che Ash fosse una Stella. La sua reazione mi stupì. Girò sui tacchi, sbrigandosi ad entrare in casa. Raccolsi il libro che era rimasto sul prato e lo seguii.«Non sta accadendo veramente » lo ascoltai borbottare.
«Sì, invece» gli gridai da dietro.
Mentre saliva le scale due alla volta si girò a sibilare «Devi andartene.»
«E perchè, mai? Mi piace questo posto.»
«Ah. Ma davvero? Allora troverò un modo per rispedirti via.»
Mi strinsi al corrimano «Non sono un pacco postale, per tua informazione. Tu non puoi...Rispedirmi via.»
«Scommettiamo?»
Arrivammo al primo piano e lui svoltò verso il mio pianerottolo.«Bhe, staremo a vedere» dissi con aria di sfida.
«Bene!»
«Bene!» ripetei stringendo i pugni. «Ehi, quella è la mia...» Mi interruppi quando vidi che si fermò oltre. Precisamente davanti alla stanza dove avevo sentito suonare Chopin. «Tu. Sei il mio vicino di stanza? Non posso crederci.»
Lui mi rivolse un sorriso maligno mentre afferrava la maniglia della porta.«Suppongo che ora siamo uno a zero per me.» Entrò ed io rimasi lì ferma nel corridoio. Sperando che il mio bell'inizio, non si trasformasse in un incubo a causa sua.
 
Quella notte. Fu una notte difficile. Non so se urlai, se l'ho fatto non me lo ricordo. Spero almeno che non mi abbia sentita nessuno. Ma se così non fosse, i miei coinquilini non se ne lamentarono mai il giorno seguente.
Tre immagini mi ossessionavano ogni volta che spegnevo la luce. Il vuoto allo stomaco, una macchina che sbandava, l'acqua che tentava di annegarmi. Il resto, l'avevo rimosso.
Ed è davvero brutto quando il tuo cervello elimina un fatto accaduto. Perchè non ti offre la possibilità di superarlo. Per cui, tutto quello che mi restava da fare, era rimanere ossessionata da quelle tre immagini che mi spingevano sempre più affondo.
Amavo la luce ed avevo paura del buio. Ma perchè dovevo temere qualcosa che poteva in un certo senso, nascondermi? Di un posto in cui potevo rifugiarmi? La luce illuminava ma metteva allo scoperto anche i confini che tracciavo. Di notte, quei confini non si vedevano. Le mura che costruivo, non potevo riconoscerle. Senza luce, i mostri ero in grado di sconfiggerli, confondendoli con i brutti sogni, come se non fossero mai realmente esistiti.
Era sempre stata una questione di interruttori. Lo so.
A volte, anche il più piccolo ostacolo sembrava una montagna insormontabile e la salita, troppo lunga. Da bambini, quando si fa un viaggio, tutti chiedono “Quanto manca”?, poi si inventa un gioco per passare il tempo. A me, piaceva sdraiarmi sul sedile posteriore della macchina e guardare il cielo. Cercavo con gli occhi un punto fisso mentre Rose guidava. La mia scelta, ricadeva quasi sempre sulla luna. Quello che dovevo fare era non lasciarmela sfuggire. Forse, all'epoca, ero ancora la stessa bambina. Continuavo a tenere strette le cose, anche quando non potevo più vederle. Anche quando poi, quella montagna l'ho scalata, gli occhi sono rimasti rivolti verso il cielo.
 
«Ehi, Meg! Tutto bene?»
Aiden era seduto in cucina, stava sorseggiando qualcosa da una tazza verde con il suo nome scritto sopra. Molto probabilmente si trattava di una di quelle che avevo visto il primo giorno. Ero appena scesa dalle scale con lo zaino in spalla.«Sì. Ma sono di fretta. Ansia da primo giorno. Hai presente?» gli dissi, corrucciando la fronte.
«Mmh» mugugnò lui serio.«No, a dire il vero.È una vita che non mi ammalo.»
Mi venne da sorridere ed il nervoso si affievolì.
«Ti ho fatta ridere. Forte» esclamò allungando un dito verso di me. Poi diede dei colpetti sullo sgabello accanto al suo.«Perchè non ti fermi a prendere una tazza di caffè? Sono già tutti usciti.»
Lo guardai storcendo il naso «Non eri tu a dire che alla Fox avevano il caffè migliore del mondo? Se non ricordo male.»
«Ppf» sbuffò.«Il migliore del mondo è decisamente quello che preparo io.»
«Ho cinque minuti contati» dissi prendendo posto accanto a lui.
«Basteranno.»Aiden tirò fuori una tazza rossa da uno sportello sotto la penisola  e mi versò un po' di caffè già pronto. «Giornata importante oggi, eh?»
Sospirai «Decisamente...Con l'orario di questa settimana salto la pausa pranzo di almeno un'ora.»
«Ma sì. Insomma. A che serve mangiare?» disse lui in tono buffo.«Con i tuoi orari, suppongo che dovrò aspettare sabato per presentarti il resto del gruppo.»
Avvolsi le dita intorno alla tazza facendo girare il contenuto all'interno «Ho conosciuto Alex.»
Aiden fece una faccia assorta «Alex. Oh. Sì. Mi sembra di conoscerla. Capelli rosa. Un po' fuori di testa. Ho presente.»
Lo spintonai braccio contro braccio.«Sembra simpatica.»
«Lo è. Lo è davvero. Lo sono tutti in realtà. Forse Charlotte ti darà del filo da torcere. Ma... Nah. Se ne farà una ragione. Spero. Lei è tipo un serpente. Adorabile.Sibila un sacco, ma non morde mai.»
Strinsi le labbra in una linea sottile «Molto incoraggiante da parte tua.» Mandai giù tutto il caffè in una volta sola.  «Ok. Ora. Devo proprio andare.»
Ripresi lo zaino a mi avviai fuori dalla cucina.«Ehi, matricola! Troverò qualche scusa per romperti le scatole fino al weekend. A te sta bene?» mi gridò mentre ero sulla porta.
«Certo che sì!A patto che tu mi prepari ancora quel tuo caffè migliore del mondo!»
 
 

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora