18. Fiori di ciliegio

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The Weekend - Call out my name

Credo di aver avuto un tasto dentro per molto tempo. Un tasto che mettesse in pausa i miei sentimenti. A volte non ho ricordi, a volte ho paura di ricordare. A volte ho paura di sentire, a volte ho paura di non sentire niente. Però sarebbe bello. Poter scegliere cosa provare e quando provarlo. Peccato, che in mezzo a tutto questo,  abbia dimenticato dove ho nascosto quel tasto.

«Meg?» la voce di Aiden mi riportò alla realtà.«Scommetto che non hai ascoltato nemmeno una parola di quello che ho detto.Vero?»
Aveva ragione, non potevo dargli torto. Ero rimasta con la testa ancora davanti alla cassa di quel negozio. Alex non si sarebbe mai fatta alcun problema a dirmi che mi aveva regalato un vestito e Charlotte non sarebbe mai arrivata a tanto, vista la rivalità che provava nei miei confronti. La scelta era piuttosto ovvia e ricadeva su uno dei fratelli Storm. Se avessi chiesto ad Ash, ero certa che mi avrebbe mentito. Se invece avessi fatto lo stesso con Aiden ma poi non fosse stato lui a comprarlo, non avrei saputo cosa inventare per motivare il fatto che suo fratello aveva compiuto un gesto simile. Ero assorta in questo intreccio di pensieri, più ci ragionavo sopra, più non capivo. Sospirai e decisi che non mi restava altro da fare se non andare oltre la questione e lasciar perdere. «Scusa, Aiden. Stavi dicendo?»
Eravamo appena tornati dal centro commerciale, gli altri si erano fermati nella sala comune mentre noi due stavamo salendo insieme le scale per andare nelle nostre rispettive stanze.
Lui guardò davanti a sè.«Mi chiedevo se domani sera ti andasse di fare qualcosa insieme. Che ne dici?» Si sfiorò con le dita la stella tatuata sul collo.
«Sì» risposi senza esitare e forse con troppa fretta.«Certo che mi va.»
Aiden sorrise fino agli occhi verdi «Ok. Fantastico!»
«Com'è stato il film?» chiesi per trovare un argomento diverso da quello che aveva tutta l'aria di essere l'invito ad un appuntamento. Mi sentivo sprofondare dall'imbarazzo e non volevo che se ne accorgesse.
Aiden scrollò le spalle «Divertente. Ma se fossimo stati tutti insieme sarebbe stato molto meglio. A te, sarebbe sicuramente piaciuto.Ne sono sicuro.»
«Sarà per la prossima volta, suppongo» dissi stringendo le labbra in una linea sottile.
«A meno che, tu non voglia tornarci nuovamente con me.»
«Oh!Mi piacerebbe» dissi sinceramente.«Ma tu l'hai già visto, quindi non avrebbe senso. Sarebbe una noia mortale per te.»
«Ehi, matricola» esclamò dandomi un buffetto sul naso.«Non credere di sapere cosa penso sia noioso oppure no. Lo farei volentieri. Sì, insomma io vado matto per i film della Marvel.»
«Lo so!»
Aiden si stuzzicò l'interno della guancia «Non è mai noioso passare del tempo con te.»
Abbassai lo sguardo «Bhe, grazie...»
Ora ci trovavamo davanti alla porta della mia stanza.«Ci vediamo domani, allora» lo salutai sorridendo.
«Ehi, Meg» mi chiamò. E non ricordai se fosse la prima volta che lo faceva utilizzando il mio vero nome.
«Sì?» dissi bloccandomi a guardarlo.
Aiden sbattè le mani lungo i fianchi «Volevo che tu sapessi...Riguardo all'altra sera...Io non ti ho rifiutata. Non lo farei mai.»
Mi strinsi nelle spalle«Oh, bhe. Non so cosa dire, Aiden. Forse sono solo stata un po' troppo precipitosa e...»
«Tu mi piaci» disse lui tutto d'un fiato ed io mi sentii quasi svenire.«Cosa?» riuscii a far uscire dalla mia bocca ma fu solo un soffio.
«Tu mi piaci, matricola. E mi piacerebbe sul serio passare più tempo insieme a te.» Si portò una mano sui capelli e poi la lasciò scivolare fin dietro al collo.«Ma prima ho bisogno di risolvere una questione.Voglio andarci piano. E voglio fare le cose nel modo giusto.»
Il mio cuore palpitava all'impazzata «Ok...»
Sospirò come se si fosse tolto un peso dentro «Non ho nessun'altra in testa. Se me lo permetterai, un giorno ti spiegherò ogni cosa. E spero che tu...»
Aggrottai la fronte «Speri che?»
«Niente» sorrise.«Spero che non cambi idea su di me, nel frattempo.»
«Lo trovo difficile» esclamai entrando nella mia stanza e camminando sulle nuvole.
Oggi so come sarebbe terminata quella frase, spera che tu, mi perdonerai.
 
Il pomeriggio seguente, prima dell'appuntamento con Aiden, bussai due volte alla porta del bagno per controllare che non ci fosse nessuno all'interno. In una casa senza chiavi, mi stavo abituando ad andare con i piedi di piombo, qualsiasi cosa facessi. La doccia fu rilassante come sempre e mi lasciai avvolgere dal vapore dell'acqua calda. Quando girai la manopola ed uscii dalla cabina, stringendomi l'asciugamano addosso mi ritrovai davanti agli occhi più taglianti che avessi mai visto in tutta la mia vita. «Ah. Eri tu, quindi»  disse Ash con un sorrisetto dispettoso.«Ero convinto fosse Zion. Quando le ragazze occupano il bagno sopra, scende sempre a fare la doccia nel nostro.»
«Esci fuori immediatamente!» gridai indietreggiando. In realtà volevo spingerlo fuori io stessa ma avendo solo l'asciugamano addosso non mi sembrò una grande idea.
«Calmati, ragazzina» rispose lui lentamente aprendo i palmi delle mani.«Vuoi che ci senta tutto il resto della casa?»
«E che ci sentissero pure!Cosa pensi me ne importi? Tu sei qui e io sono nuda. Vattene subito!»
Ash era a petto nudo, con i capelli ribelli che gli ombravano il viso. I muscoli delle spalle si gonfiavano mentre respirava, i jeans scendevano sotto le linee dritte degli addominali. Vidi per la prima volta i suoi tatuaggi. Sulla parte destra del fianco aveva un lupo, sotto l'avambraccio la stella, mentre sopra la spalla lo spazio era occupato da quello che sembrava un tulipano stilizzato. Erano così perfetti che mi venne voglia di toccarli.
Portai le mani sui fianchi «Dì la verità. Tu l'hai fatto apposta.»
«Fatto cosa?» disse lui con un'espressione da bambino.
«Oh. Non mentirmi. Tu sapevi bene chi c'era in bagno. E sei venuto di proposito.»
Ash incrociò le braccia al petto ed inclinò il viso di lato «Mi dispiace deluderti. Ma il mio mondo non ruota attorno a te.»
«No, certo che no» risposi accaldata.«Lo fa solo quando cerchi di mettermi i bastoni tra le ruote.Ti diverte così tanto farlo che non puoi proprio farne a meno.»
Sollevò le labbra in un ghigno crudele «Credi davvero che a me interessi ciò che fai?»
Scrollai le spalle soddisfatta. Volevo metterlo all'angolo.«Non sono Zion. Perciò sì, lo credo.»
Ma tutta la mia spavalderia durò poco. Sorrise di nuovo avvicinandosi ed io mi ritrovai ad indietreggiare, sbattendo la schiena contro il muro. Volevo scappare. Ma volevo anche restare a vedere ciò che sarebbe successo se non l'avessi fatto. Qualcosa si oscurò sul viso di Ash. I suoi occhi divennero più gelidi e lontani, tremolavano come la fiammella di una candela. Passò l'indice sulla mia spalla ed io rabbrividii per il suo tocco freddo. Fece scorrere il dito fino a fermarsi appena sotto il lobo dell'orecchio. Avevo la pelle che formicolava in tutto il corpo. Ero così vicina da riuscire ad ascoltare il suo respiro, che usciva leggermente più forte del solito.«Non dovrei avvicinarmi a te. Non dovrei far niente di tutto questo.Non finirebbero bene le cose. E porterebbe un dolore incredibile ad entrambi...»
Non capivo quello che stava dicendo, era completamente senza senso. Mi girava le testa e le gambe stavano per cedermi.«Ti...Ti sbagli.»
«Tu. Tu vuoi che mi importi, non è così?» sussurrò ma la sua voce si era già irradiata su tutta la mia pelle. Osservai le sue labbra accostarsi al collo e bloccarsi ad un millimetro di distanza. Chiusi gli occhi fino a quando non lo percepii allontanarsi e scoppiare in una risata perfida. «Oh. Ma guarda. Pensavi facessi sul serio. È davvero così facile ingannarti?»
Ero stata una stupida ad esserci cascata. Mi guardai arrossire nello specchio e fu proprio come se fossi appena andata a fuoco. Mi sbrigai a rassettare tutte le mie cose per andarmene via di lì.«Non.È. Divertente.Ash.»
Riuscii a malapena a mettere un piede dietro l'altro, poi i vestiti mi caddero a terra e con loro, caddi anche io.
 
Mi svegliai ma non nella mia stanza. Potevo ascoltare la stessa musica del mio primo giorno alla Fox, Chopin sinfonia numero nove. Avevo sempre pensato che fosse una ninnananna per ciò che era andato perduto. Ma che cosa poteva aver mai perso Ash di così importante? Riconobbi il nero dell'arredamento e quel senso di trovarsi al posto giusto nel momento sbagliato. Riconobbi l'aria gelida ed il profumo aspro del limone. Strabuzzai gli occhi fino a che non ricaddero sull'unica ombra appoggiata al muro.
«Stai bene» disse con una voce un po' cupa e lo sguardo assorto.«Sei svenuta» si sbrigò a precisare.«Ti ho portata qui, perchè volevo controllare che stessi bene veramente.»
Si stava preoccupando per me? Aprì l'armadio e tirò fuori una delle sue magliette, gettandola sul letto.«Metti questa o prenderai freddo» borbottò puntando in basso.
«G-grazie...» farfugliai un po' stupita. Mi resi conto di aver addosso ancora solo l'asciugamano.«Tu...Hai per caso...» arrossii al solo pensiero.
Ash arricciò il naso «Se mi stai chiedendo se ti ho vista nuda. La risposta è no. Ti ho presa prima che cadessi a terra e ti ho portata in braccio fino alla mia stanza.»
Lo studiai per un po' ma la sua espressione seria mi disse che aveva appena detto la verità.
Presi la maglietta e la nascosi sotto le coperte.«Potresti voltarti?» domandai a disagio.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile ma obbedì. Mi infilai sotto al lenzuolo ed indossai la t-shirt nera. Venni investita completamente dal suo odore. Mi concessi di annusarla per un minuto mentre era ancora girato verso la parete.«Ho fatto...» dissi poi ravviandomi una ciocca di capelli ancora bagnati dietro l'orecchio.
Ash sbuffò e si infilò le mani nelle tasche.«Dovresti riposare di più.Non fa bene correre continuamente da un posto all'altro.»
«Chi dice che io non riposi abbastanza?»
«Hai appena perso i sensi nel bagno!Non credevo fossi così sprovveduta.»
«Non dormo bene la notte» gli rivelai, non perchè volessi, ma perchè non riuscii a controllarmi e tenere la bocca chiusa.
Sbattè le palpebre e la sua mascella si irrigidì. Il mio sguardo si distolse da lui e vagò verso la finestra.«Perchè hai una scala che porta al tetto là fuori?»
Lui si sbrigò ad andare a chiudere le tende scure «Non sono affari tuoi.»
«Voglio saperlo» mi impuntai.«Avanti. Non è una domanda inopportuna.»
Arricciò il naso tornando a voltarsi verso di me.«Mi piace andare sul tetto. Mi piacciono i posti alti.»
«Sei quasi come un gatto, Ash» esclamai sorridendo.«Ami stare da solo, ti piace l'altezza, non stai bene in mezzo a tante persone, ami il freddo ma cerchi un posto caldo, non lasci il cuore a nessuno se non a chi scegli tu, pensi a te stesso e non appena ti senti minacciato, attacchi per primo. Potresti benissimo essere un gatto.»
«E questo dovrebbe essere cosa, un complimento?»
«Una costatazione.»
Tirò fuori l'aria dal petto «Credi sempre di sapere tutto ed invece non sai un bel niente.»
«Perchè la musica classica?» domandai perchè mi incuriosiva ascoltare la risposta che avrebbe dato.
«Perchè tutte queste domande? All'improvviso vuoi conoscermi meglio?Ti ho già detto come la penso.»
Alzai una spalla e strinsi un po' più forte le coperte.«Conosco la sinfonia che ascolti sempre. Quand'ero piccola avevo un carillon che la suonava. Il carillon nella parte superiore aveva la riproduzione in vetro di un paesaggio di montagna innevato, con un lupo nel centro. Rose lo scuoteva e la neve scendeva. Lo poggiava sul comodino della mia stanza e girava la chiave per far partire la musica. Lo faceva tutte le notti per farmi addormentare. Senza, non riuscivo a farlo.»
«Perchè?» chiese incurvando le sopracciglia.«Perchè non riesci a dormire?»
«Ho gli incubi. Ce l'ho sempre avuti. A volte è solo un po' difficile combatterli e mandarli via» dissi mentre le labbra diventavano una linea sottile e poi tornavano giù.
«Anche tu?» borbottò, ma parlò così piano che pensai di aver capito male.
«Cosa vuol dire, anche? Anche tu hai gli incubi, Ash?»
«Dovresti andartene.Ora» ruggì indicandomi la porta e voltandosi di spalle.
L'orologio della torre centrale rintoccò ed allora mi ricordai che avevo un appuntamento con Aiden.«Hai ragione, devo scappare. Bella chiacchierata.»
Mi abbassai la maglietta sulle cosce e sgattaiolai via, lasciando lì un Ash che forse si stava leccando quelle ferite, di cui non parlava mai. Mi sarebbe piaciuto scoprirle?
 
Non sapevo di essere così tanto in ritardo fino a quando non controllai che diavolo di ore fossero sul cellulare. Abbandonai la t-shirt di Ash sul letto e mi sbrigai ad indossare un paio di jeans comodi ed una blusa verde militare. Non ci pensai troppo come accadeva spesso. Dopo poco, bussò Aiden alla porta della mia stanza e ringraziai il cielo per aver fatto in tempo. Prendemmo la Jeep e mentre le luci dei lampioni scorrevano sul finestrino, tornai a pensare a ciò che era sfuggito dalla bocca di Ash poco prima che me ne andassi. Aveva gli incubi, così mi chiesi quanto fossero simili ai miei e che tipo di forma avessero. Aiden lasciò che fluttuassi nella mia bolla come se capisse il casino che avevo dentro la testa.
Ci fermammo a prendere del cibo d'asporto in un fast food e non avevo la benchè minima idea su dove eravamo diretti, visto che Aiden aveva tenuto la bocca chiusa e fatto in modo che la musica costruisse una barriera tra noi. Mi stava lasciando spazio e lo apprezzavo, ma non volevo nemmeno che si ingigantisse fino ad allontanarci. Risalimmo con la macchina una collina, fino a raggiungere uno spiazzale alberato in mattoncini. Capii dopo cosa Aiden avesse in serbo per me.
Cenammo sul tetto della Jeep, tra scatoloni, patatine piene di salse e hamburger troppo unti ma dal sapore squisito. Sopra la nostra testa c'era il cielo stellato, davanti, avevamo una vista panoramica su tutto il campus e parte della città.
«Hai mai avuto gli incubi, Aiden?» dissi, ma poi mi morsi la lingua per avergli fatto una domanda così idiota durante quello che doveva essere un appuntamento.
Restò un po' spiazzato e sollevò gli occhi in alto come per pensarci su.«Domanda interessante, matricola...Li facevo da bambino, come credo faccia ogni bambino di questo mondo che ha paura del buio. Ad esser sincero, però è una vita che non mi capita. Ma non riesco nemmeno a ricordare i sogni per cui... Anzi, sono quasi certo che non sogno nemmeno più.»
«Impossibile.Tutti sognano.»
«Se hai qualcosa da sognare. Ma dimmi, a te capita spesso?» chiese portandosi un ginocchio al petto. Notai come avesse rigirato subito la domanda su di me e mi venne il dubbio che ci fosse dell'altro, di cui però non voleva parlare. Lo accettai, non me la sentivo di insistere con lui.«Dipende cosa intendi con spesso. Gli incubi vanno a periodi. Ultimamente sono aumentati. Sai, i miei sono morti in un incidente quando avevo sei anni. Non so se te ne ho mai parlato.Mi capita di vedere delle immagini o provare delle sensazioni collegate a quello che è successo.»
Aiden si rabbuiò «Deve essere tremendo.»
«Impari ad affrontarlo con il tempo. Ed io ancora non ci sono riuscita del tutto» dissi addentando il mio panino.«Ma, ehi. Non voglio angosciarti con i miei discorsi tristi» parlai con la bocca un po' impastata.
Il suo cipiglio si fece più duro «Puoi parlarmene quando vuoi, lo sai, vero?»
«È una bella offerta. Lo apprezzo.»
Mi sdraiai del tutto distendendo le gambe «Piuttosto, come credi ci si innamori di qualcuno?»
Lui finse di soffocarsi e battè un pugno al petto «Ah, matricola. Capisco. Deve essere la tua serata filosofica.»
Gli tirai un calcetto scherzoso sul piede «Non prendermi in giro. Voglio fare la scrittrice da grande. Devo essere filosofica, o sbaglio?»
Aiden rispose imitando il mio gesto di poco prima «No, hai assolutamente ragione.»
«Seriamente. Voglio sapere come la pensi. Come credi che succeda? Come iniziano le storie d'amore?»
Sorrise e alzò una spalla.«Perchè sei innamorata di qualcuno?»
Arrossii ma pensai che con tutto il buio che avevamo attorno, non ci facesse caso.«Rispondi e basta, ragazzo uscito dai libri. Sono solo curiosa.»
«Mmh. Questa è difficile» commentò passandosi una mano sotto la mascella.«Quando perdi il controllo sul tuo cuore. Quando ti schianti all'improvviso. E secondo te, scrittrice?»
«Perdendo l'aria.»
Ci fu un minuto lunghissimo in cui nessuno dei due parlò. Poi Aiden mi rubò una patatina e tornai a sedermi accanto a lui.«Ti sei ma innamorato?»
«Oh. Ho avuto qualche cotta ma niente di importante.»
Mi uscì una risatina che dovetti trattenere «Ciò significa che avrai sicuramente spezzato almeno un milione di cuori.»
«Lo stai chiedendo alla persona sbagliata, matricola.» Mi strinsi le spalle e lui notò il gesto.«Hai freddo?» Si tolse la giacca con lo stemma della Fox senza aspettare che rispondessi e me la poggiò delicatamente sulle spalle.
«Grazie. Ma adesso sarai tu a prendere il raffreddore» esclamai facendo un cenno alla sua camicia.
Mi aggiustò il colletto ed era così vicino che spalancai gli occhi. «Non preoccuparti. La mia pelle è sempre bollente. Tienila pure, a me non serve.»
«Non ho mai visto la tua stanza» constatai mentre venivo inebriata dal profumo di Aiden che sapeva di mare e spazi aperti in cui naufragare.
Lui giocherellò con un'altra patatina «Non ti perdi niente.È solo un ammasso di libri, fumetti e cose da nerd.»
«Bhe, mi piacerebbe vederla lo stesso» proposi sfilandogli la patatina dalle dita e mettendola in bocca.«E mi piacerebbe anche leggere un fumetto.Non ne ho mai letto uno.»
Aiden sorrise intrigato «Sul serio? Ricordami di prestartelo quando torniamo. Ma ti avviso. Una volta che hai iniziato non puoi smettere.»
«Affare fatto!»
«Hai della maionese, proprio qui» mi sfiorò l'angolo della bocca con un dito. Restai imbambolata dentro i suoi occhi. Volevo che quel tocco durasse di più e che fosse interminabile. Anche lui sembrava confuso come se volesse avvicinarsi ma ne aveva paura. Si schiarì la voce e alzò in piedi «Ecco, fatto. Sei apposto. Dovremmo andare ora. C'è ancora un posto in cui voglio portarti.»
 
Eravamo in città. Venni colta impreparata dai lunghi semafori e dalle insegne luminose al neon tutte colorate. La gente per la strada sembrava spensierata e pronta a far festa. Lasciai scivolare il dito sul vetro del finestrino provando a disegnare qualcosa che cancellai un minuto dopo.«Che stai facendo, matricola?»
Mi sentivo una bambina ma era una cosa che facevo spesso anche quando era Rose a guidare.«Ti lascio qualche ricordo in giro.»
Pensavo si arrabbiasse, invece lo ascoltai sorridere e scuotere la testa. «È proprio una risposta da te.»
«Quando sarai triste...Aspetta, cosa?» Il petto mi si strinse all'improvviso. Avevo appena detto una frase che non mi apparteneva affatto. Ogni volta che sei triste puoi chiudere gli occhi e tornare qui. Erano le parole del bambino nel mio ricordo.Perchè adesso? Mi portai una mano alla testa e cercai di sgranare nella mente la sua immagine distorta. Ma più ci provavo, più aumentava il senso di nausea.
Aiden accostò la macchina«Ehi, che ti prende?Tutto bene?» disse sfilandosi la cintura e sfiorandomi il braccio.
«Sì...Ho avuto solo un capogiro, credo» mentii. Non volevo sembrare sempre la ragazza strana.
«Meg, possiamo tornare indietro se vuoi.»
Mi aveva appena chiamata per nome. Il che voleva dire che era seriamente preoccupato per me. Sorrisi tirando le labbra il più possibile «È tutto ok. Davvero. Sto bene, credimi.»
Parcheggiamo proprio davanti a quello che aveva l'aria di essere un museo. Non appena scendemmo dalla macchina Aiden mi passò alle spalle, oscurandomi con una mano sugli occhi, la visuale.«Vietato leggere dove siamo.È una sorpresa.»
Percepivo il suo petto contro la mia schiena e le sue gambe che mi spingevano in avanti. Desideravo così tanto che mi abbracciasse che camminai più lentamente solo per il gusto di rimanergli ancora un po' vicino.
Lasciò ricadere il braccio una volta varcata l'entrata. C'era un piccolo gabbiotto di legno con un uomo all'interno che abbozzò un inchino cortese verso Aiden. «È bello vederla di nuovo qui, Signor Storm. Come ha richiesto, la sala è pronta.»
Aiden abbassò la testa per ringraziarlo «Perfetto, Richard. E scusa per essere piombato qui all'improvviso.»
«Sa benissimo che questo posto appartiene a lei di diritto, Signor Storm. Può venire in qualsiasi momento desidera.»
Fu Aiden a prendermi per primo la mano e ne restai sorpresa, perchè proprio non me l'aspettavo.«Vieni con me, Meg» sussurrò con una voce dolce quanto il miele. L'avrei seguito ovunque.
Attraversammo un lungo corridoio profumato con piccole candele accese che ne delineavano i bordi. Le luci erano soffuse ed oltre le pareti scure che ci avvolgevano non c'era nient'altro. Al termine del tunnel, ci trovammo davanti ad una porta in ferro battutto. Aiden la spinse avanti con una spalla. Piombai dentro lo spettacolo più bello che avessi mai visto in tutta la mia vita. Eravamo in uno spazio gigantesco adibito a giardino giapponese, con piccoli fiumiciattoli artificiali e alberi di ciliegio in fiore. Doveva essere qualcosa di simile ad una serra o ad un piccolo parco personale. Era tutto così realistico che per un attimo mi sembrò di venir catapultata dall'altra parte del mondo. Il rosa era il colore predominante su ogni cosa. Gli alberi erano così fitti da ricoprire il soffitto. I rami tremolavano colpiti da qualche brezza e dei petali svolazzavano nell'aria. Se fossi stata capace di dipingere, mi sarei seduta a terra per farlo così da non poterlo più dimenticare.
«Che ne dici?Passeggiamo un po'?» mi propose Aiden porgendomi il braccio. Fui felice di aggrapparmi a lui «Più che volentieri.»  Ci inoltrammo in una delle tante stradine con i fiori di ciliegio che sonnecchiavano ai bordi dei marciapiedi.«Che posto è mai questo?Non ho mai visto niente del genere. Non credevo nemmeno fosse possibile ricreare in modo così realistico un parco.»
Aiden strinse le labbra «Bhe, a dire il vero...Era da un po' che non ci mettevo piede. Era il posto preferito di mia madre.»
«È davvero stupendo.»
Annuì sommessamente «Lo face costruire mio padre per lei. Ma dopo che...» si bloccò e fece lungo sospiro.«Hai mai sentito parlare della leggenda sui fiori di ciliegio?»
«Ne esiste una?»
«C'era un bosco dove tutti gli alberi erano rigogliosi e pieni di fiori, tranne uno. Quell'unico albero non aveva mai visto crescere niente sopra i suoi rami. La ninfa che abitava lì, ebbe così tanta pietà di lui che gli propose un patto. Avrebbe potuto trasformarsi in uomo ogni volta che avrebbe desiderato per vent'anni. Ma se al termine del tempo ancora non avesse avuto nemmeno un fiore, sarebbe morto. L'albero accettò di buon grado ma quando scoprì che il mondo degli uomini non era altro che dolore e sofferenza, la speranza iniziò piano piano a spegnersi dentro di lui. Un bel giorno, incontrò una ragazza di nome Sakura. Inizialmente la osservò e basta, fino a quando non prese coraggio e si tramutò in un uomo chiamato Yohiro per parlarle. Lei aveva un animo gentile ed il tempo che cominciarono a  trascorrere insieme, sembrò volare per entrambi. Il cuore di Yohiro si riempì così tanto che non tornò più ad essere un albero. Quando i vent'anni finirono, lui le raccontò del patto che aveva stretto. Ma Sakura era innamorata a tal punto che quando la stessa ninfa le offrì di trasformarsi con Yohiro, accettò all'istante. I due amanti si unirono per l'eternità e quell'albero che non aveva mai conosciuto nient'altro che l'aridità si riempì di fiori di ciliegio.»
Mi sentivo gli occhi spalancati e gonfi. Avevo la sensazione che quella storia l'avessi vissuta anch'io. Ma era impossibile.
Aiden si fermò e puntò i piedi, inclinando il viso «Perchè stai piangendo,Meg?»
Mi toccai le guance bagnate con le dita «No...Io non sto...Oh.Non me ne ero accorta.»
Lui sorrise dolcemente, raccogliendo una lacrima con l'indice «Sul serio.Non te l'ho raccontata per farti piangere. Ora mi sento in colpa.»
«Ma no. Deve essere stata l'aria che c'è qui. O un po' d'allergia. Non so» dissi stringendomi nelle spalle.«É una storia davvero molto bella.»
Le sue braccia scesero sulle mie spalle «Torniamo a casa?»
«Torniamo a casa.» Casa. Era una parola così importante che suonava ancora strana.
Mi tormentava questo. Perchè quello stupido albero così solo e che non aveva mai conosciuto l'amore, a me faceva pensare ad un'unica persona.
Ash.
 
Dopo che Aiden mi aveva riaccompagnata al Greek, credevo che la mia serata si concludesse così. Di certo non mi aspettavo di non riuscire a chiudere occhio e passarla girandomi da una parte all'altra del letto. Ero al buio, nella mia stanza e la luna faceva quel poco di luce perchè non fossi del tutto inghiottita dalle ombre. Era stato un bell'appuntamento, Aiden riusciva sempre a sorprendermi. Aveva scelto di mostrarmi quel posto meraviglioso che apparteneva a sua madre e che quindi doveva sicuramente avere un valore immenso per lui. Chissà se lei aveva la stessa gentilezza di Aiden, la sua stessa esuberanza, i suoi stessi capelli d'oro... O gli stessi occhi diversi di Ash.
Ecco, forse un bel bicchiere d'acqua per mandare giù quel pensiero era proprio quello che mi ci voleva. Mi alzai, uscii dalla camera e presi le scale in pigiama. Prima di entrare in cucina mi colpì il rumore della televisione ancora accesa nella sala comune. Immaginai che i ragazzi fossero lì ancora una volta a giocare, così mi affacciai per dar loro la buonanotte.
Quando vidi Ash disteso sul divano, con le braccia incrociate dietro la testa e il cappellino blu sopra gli occhi, girai i tacchi e feci per andarmene subito. Poi ci ripensai. Magari visto che a quanto sembrava si era addormentato, avrei dovuto spegnere la televisione al posto suo. Sospirai e tornai indietro. Odiavo il mio senso del dovere. Era inopportuno e fin troppo ingannevole. Sbirciai che Ash non mi stesse prendendo in giro e il suo respiro profondo, confermò che non avevo preso un abbaglio. Credo che la mia testa a volte funzioni al contrario, così invece di tornarmene nel mio letto, mi accomodai sul divano accanto al suo. Visto da dove mi trovavo Ash aveva una piccola cicatrice sulla guancia e delle lentiggini rossastre appena sul naso. Allungai il braccio e scostai il cappello. Gli riportai indietro un ciuffo che gli era sfuggito sulla fronte. Toccarlo mi diede una scossa che vorticò su se stessa. Ma che stavo facendo?
Mi morsi il labbro, in onda c'era una serie tv. Una di quelle che danno a notte fonda e che ti tengono incollato allo schermo. Non ricordo quando di preciso mi addormentai, so solo che il giorno seguente, Ash mi aveva riaccompagnata nella mia stanza.
Non l'avrei comunque mai ringraziato.

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora