32. Alice e il Cappellaio

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Birdy - Skinny Love

Vi siete mai sentiti un manichino? Soli in mezzo a così tanta gente da scoppiare. Sembra impossibile, eppure capita spesso. Più sei immerso nel rumore e più attorno a te, resta solo il silenzio. A volte è una buona cosa, altre pesa così tanto che sembra che ti abbiano disegnato apposta un sorriso da mantenere. Basterebbe qualcuno a chiederci come stai e capirebbe che dalle nostre labbra non uscirebbe nessun suono. E a volte invece, basterebbe il tocco di una magia per ricominciare a sentire che il cuore batte. Perché lo fa sempre, anche quando pensiamo che abbia smesso. Perché quando ci sentiamo imbambolati negli eventi, prima o poi arriva la scossa a svegliarci. E allora poi ti domandi se hai dormito tutto il tempo o quello è solo un altro sogno. E allora basterebbe sedersi accanto a tanto calore da sentirsi sciogliere. E rendersi conto che se ci avviciniamo a qualcuno è per sentirci come burro. E che per quanto vogliamo sembrare duri, alla fine, abbiamo solo bisogno di sentirci consumati. Perché consumare, non vuol dire buttare, ma è un po' come sciare sulla neve fresca. Dall'alto la vista è magnifica, hai paura della velocità, ma poi quando raggiungi la valle e ti guardi indietro, puoi vedere quanta strada hai fatto. E cosa ti serviva? Un po' di coraggio e qualcuno che dicesse che ce l'avresti fatta. Sarebbe bastato anche che quel qualcuno, semplicemente, fosse te stessa.
Fu una settimana burrascosa.
Avevo perso sia la voglia di studiare che la concentrazione, ma ci provai lo stesso.
Gli esami andarono bene, nonostante la mia testa fosse sospesa tra le nuvole.
Ash non si presentò a lezione di filosofia e nemmeno la sua musica uscì più dalla stanza.Ne sentii la mancanza.
Adoravo quando l'accendeva, mi faceva sentire meno sola e sapevo che a dividerci c'era solamente un muro e nient'altro.
Alex tornò ad essere quella di sempre, come se sia i suoi sentimenti per Ash, sia quello che era successo durante il gioco, non fosse mai accaduto.
Sorrideva e scherzava, ma non capivo se tutto quel sorridere e scherzare, fosse solo una maschera per coprire quello che realmente provava.
Tentai di chiederglielo, ma mi liquidò dicendo di non preoccuparmi. Più si comportava in quel modo, però, più non riuscivo a smettere di farlo.
Cercai di mantenere la promessa che avevo fatto ad Aiden e starmene ben lontana da suo fratello.
Avevo il cuore strappato, ma non aveva molta importanza. In quel momento, contava più quello degli altri che il mio.
Erano così tante le cose che avevo rinnegato. Erano così tante le cose mi avevano svuotata ancora una volta.
Avrei voluto tornare indietro nel tempo, afferrarlo per la maglia e dirgli di aspettare, di non correre veloce perché altrimenti non ce l'avrei mai fatta a raggiungerlo.
Io ed i miei desideri inespressi.Io ed i miei stupidi desideri che finivano per perdersi.
Aiden aveva ragione, Rose aveva ragione, persino lo stesso Ash, aveva ragione. Prima o poi, il mio cuore si sarebbe distrutto ed io avrei dovuto farci i conti.
L'avevo saputo sin dall'inizio, eppure non mi ero tirata indietro.
 
Arrivò il primo dicembre. Arrivò il freddo, il cappotto, il cielo grigio e le nuvole cariche di pioggia. Arrivò il mio compleanno.
Quella mattina, mi svegliai di soprassalto perché feci un brutto sogno che però faticai a ricordare. Probabilmente era sempre legato alla mia paura dell'acqua. Mi rimase addosso solo la sensazione di annegare.
Alle prime luci dell'alba, avevo avuto la sensazione che qualcuno mi stesse stringendo la mano, ma poi non appena avevo aperto gli occhi, era scivolata via.
Controllando il cellulare, mi accorsi che Rose come ogni anno, era stata la prima a farmi gli auguri.Mi aveva inviato un messaggio a mezzanotte ma quando furono le otto  chiamò ugualmente. Non appena chiese come stessero procedendo le cose, le rifilai una scusa sbrigandomi ad attaccare.
Pregai che il resto del mondo dimenticasse il mio compleanno, anche se ero piuttosto sicura che nessuno ne fosse a conoscenza.
Mi pesò parecchio camminare e fingere che il punto che mi faceva più male, non fosse il cuore. Così come mi pesò non ammettere che non aver attorno Ash, mi stesse annientando. Avrei continuato a dire che andava tutto bene anche se non era vero.
Me lo meritavo. Nonostante le schegge continuavano a conficcarsi da qualche parte, dentro un'emozione che avevo ripudiato e rinchiuso in una valigia su cui mi ostinavo a saltare sopra.
Ash mi aveva chiamata Alice. Forse ne avevo capito il motivo. Come mi avevano avvisata più volte, io con quel mondo non c'entravo niente. Mi ero avventurata nella tana del Bianconiglio per caso e alla fine ne ero rimasta incastrata.
Passai alla Bakery House, ero uscita piuttosto presto, prima che le Stelle si svegliassero e mi costringessero a dire cosa quel giorno significasse per me.
Salutai Jimmy che volle offrirmi a tutti i costi un pasticcino con sopra una candelina. L'aveva scoperto per via del lavoro che avevo svolto nel suo locale.
«Avanti!Esprimi un desiderio!»disse appoggiando le braccia al bancone.
Chiusi gli occhi, ma non pensai a niente.
 
Andai a lezione e passai il tempo tentando di ricordare una delle mie frasi preferite di Hemingway.
«Ma di cosa sei fatta,tu?»
«Di quello che ami.Più l'acciaio.»
Ed eravamo fatti veramente tutti d'acciaio. Ma Ash era quello che ci si avvicinava maggiormente. Se non fosse che ogni volta che venivamo toccati da qualcosa più grande di noi, finivamo per bruciare come pezzi di carta.
Quando misi piede fuori dalla facoltà, iniziò a piovere. E la pioggia era un promemoria di un Ash che manteneva le promesse e che mi aspettava sotto il diluvio.
Attesi che smettesse seduta sui gradini.
Dopo un po', persi la speranza e mi riparai sotto ad un vecchio quaderno, mentre correvo a perdifiato su per la collina del Greek.
Trovai le chiavi nel solito posto, dietro al vaso di magnolie.Spalancai la porta e poggiai la borsa a terra, sbuffando. Ero zuppa dalla testa ai piedi.
Avrei dovuto cambiarmi il prima possibile se non volessi fare la fine di Ash e beccarmi un'influenza.
Feci capolino nella sala comune, solamente per assicurarmi che non ci fosse nessuno e per poco non mi venne un colpo.
«Sorpresaa!» gridarono in coro le Stelle.
Avevano addobbato la sala con palloncini neri e dorati, preparato dolci e stuzzichini che riempivano lo spazio sul tavolino in mogano, la scritta Buon Compleanno svolazzava da una parete all'altra.
«Credevi che l'avessimo dimenticato, eh?» disse Zion, cingendomi le spalle.
Deglutii a fatica «Oh, ragazzi!Non dovevate!Davvero!»
Non potevo trattenere anche quell'emozione che mi aveva assalita, perciò li abbracciai uno dopo l'altro.
C'erano tutti. Tutti a parte Ash.
Ed un po' ci rimasi male, ma cercai di non darlo a vedere, godendomi quello che avevano organizzato per me.
Filai un secondo in bagno per darmi un'asciugata ed una ripulita, Alex mi offrì un cambio d'abiti che accettai con piacere.
Tornai di là e mi spiegarono come avessero ideato quella festicciola in tutta fretta. Era stata Charlotte, lavorando per l'amministrazione degli studenti, a scoprire quale fosse il giorno del mio compleanno. Mi stupì non poco che fosse proprio lei l'artefice.
«Buon compleanno, matricola» esordì Aiden schioccandomi con un bacio dolce sulla testa. Ero sollevata nel vedere che era tornato quello di sempre.
«E questo è un piccolo pensiero da parte nostra» esclamò Nathe tenendo tra le mani una scatola rosa confetto.Profumava di fiori.
Prima di scartarla, li ringraziai profondamente. Poi con estrema delicatezza sciolsi il nastro che teneva chiuso il pacchetto.
Era una tazza. Ma non una qualsiasi. Mi avevano appena regalato la stessa che possedevano anche loro in cucina, con il mio nome scritto sopra in una grafia ordinata ed elegante. Avevo gli occhi lucidi, perché sapevo cosa significava.
«É magnifica!» trillai tutta emozionata.
 
Restammo insieme per l'intero pomeriggio. Parlammo un po' di tutto. Di una festa in piscina che volevano organizzare lo stesso nonostante fosse inverno, di Zion che quella mattina aveva svegliato Charlotte infilandole un serpente finto tra le lenzuola, di Nathe che avrebbe avuto un congresso informatico a gennaio, di Alex a cui era venuta un'improvvisa voglia di sciare e di Aiden che di lì a breve, sarebbe dovuto tornare da suo padre.
Mi raccontarono che tutto quello che avevamo mangiato, era stato preparato da Betty delle tavola calda. Scoprii che anche alle Stelle piaceva quel posto e mi chiesero di tornarci nuovamente insieme.
Avevano pensato proprio a tutto. La torta la portò Zion con un bel sorrisone sul viso. Le candeline formavano due ali ed era di un bianco candido e soffice. Questa volta, non mi tirai indietro ed un desiderio da esprimere lo trovai.
Cara Meg. Ti auguro di accedere la radio e trovarci sempre la tua canzone preferita. Ti auguro di dimenticare le chiavi di casa e passare la notte più bella della tua vita. Ti auguro di non portare mai la giacca perché avrai qualcuno che si toglierà la sua per scaldarti dentro e fuori. Ti auguro qualcuno che ti porti a vedere il mare e che non ti scatti foto mentre lo guardi, perché preso ad innamorarsi di te. Ti auguro l'odore dei dolci nel forno. E qualcuno che suoni all'improvviso alla porta, con la colazione in mano. Ti auguro di avere tanti amici e poter scegliere ogni giorno con chi passare il tuo tempo. Ti auguro di tornare bambini e dimenticare i motivi dei litigi. Ti auguro giornate di pioggia quando non vuoi uscire. Ti auguro giornate di sole quando ti senti sola. Ti auguro di aver paura e trovare il coraggio per affrontarla. Ti auguro di incatenarti ai ricordi ma solo quelli che ti lasciano un sorriso malinconico. Ti auguro di non tormentarti con chi non ti capisce e ti auguro di aggrapparti a chi una mano te la offre. Ti auguro di restare accanto a chi sa di casa e ti auguro di ritrovare te stessa mentre stai affondando. Ti auguro milioni di mattoni per ricostruire ed armi affilate per combattere le battaglie in cui credi. Ti auguro di viaggiare per scoprire il mondo, per perderti nel mondo e poi capire che dai problemi non si scappa. Ti auguro di non dimenticarti chi sei. Ti auguro di non smettere di credere nelle persone. Ti auguro di affrontare il dolore se verrà e trasformarlo in gradini. Ti auguro vuoti d'aria, mai vuoti dentro. Ti auguro di non chiudere a chiave il cuore. Ti auguro di spalancare sempre le finestre. Ti auguro la felicità. Quella che cerchi con la testardaggine di chi cerca una monetina nella sabbia. Ti auguro di essere prepotente. Di non essere egoista. Che va bene piangere. Che va bene non essere perfetta. Che va bene prendersi del tempo. Che va bene sbagliare e tornare indietro. Ti auguro di sentirti viva. Perché la vita è così bella, così complicata, così maledettamente imprevedibile. Giura a te stessa. Giura a te stessa che augurarti cose belle, non significa smettere di crescere. Giura a te stessa che scegliere cosa meritare o meno. Non è un peccato. É libertà.
Me lo auguro. Me lo auguro da sola.”
Non notai subito il pacchetto sopra il mio letto. Me ne accorsi più tardi, dopo aver cercato di riordinare la camera, quando mi poggiai sulle lenzuola e la confezione rotolò tra le mie mani. Il cuore tornò a battere istantaneamente. Come se qualcuno avesse premuto un pulsante di nascosto.
Era una scatola dai contorni morbidi e azzurri, abbastanza grande da scatenare la mia curiosità.La scartai come se fosse una caramella, senza tener troppo conto di non romperla.
All'interno c'era un libro rilegato.
Era il mio libro.
Il titolo era scritto in grande al centro di una pagina bianca C'era una volta,Alice.
Lo sfogliai. Dentro, erano raccolti tutti gli scritti che avevo perso. Tutti quei fogli spariti, erano là. Tutto quel tempo passato a struggermi, si accartocciò su se stesso. Le lacrime iniziarono a scendere. E non capii se era il cuore a farmi così tanto male o la felicità.
Non cʼera il mio nome ad indicarne lʼautore ma uno pseudonimo La Scrittrice Scarlatta.
E sulla seconda pagina, scritta a mano, una dedica:
E così il Cappellaio si rese conto che Alice era riuscita a vedere il mondo come lo vedeva lui e attraverso i suoi occhi adesso, poteva ammirare le calde giornate d'estate, la magia dei fuochi d'artificio, le pagine bianche riempite da una penna, la musica della neve, il calore di due mani strette. E il Cappellaio non era più solo. Non aspettava più di essere salvato. Così smise di cercare il senso delle cose, smise di annegare, smise persino di pensare. Il Cappellaio adesso era leggero. Il Cappellaio adesso era vero. E non perché il Alice le aveva rubato il cuore. Ma perché dopo tanto tempo, si era ricordato di averne uno anche lui. E quello batteva, e pulsava, e stonava, ed era bello così. Era bello guardare attraverso. Era bello viaggiare accanto ad un universo e non sentirsi maledettamente perso. E lasciarlo andare. E lasciarlo fare. E lasciarlo entrare.
Ash.
Ps: una copia è stata consegnata anche al Professor Turner, che ha apprezzato molto e ti vuole nel suo corso a partire dal secondo semestre.
 
Sopra il cuscino, invece trovai una confezione trasparente con sei biscotti al cioccolato e la scritta Fatti a mano.
Io per Ash profumavo di biscotti...
Mollai tutto e mi diressi a bussare alla sua porta. La spalancai ma lui dentro non cʼera. Ebbi il presentimento di andare a controllare sul tetto, dove tutto era cominciato. Salii le scale, ingoiando aria ad ogni gradino. Dovevo vederlo, dovevo parlargli. E poi eccolo.
Nella stessa posizione di quella notte. La notte delle meteore. Sdraiato, con le braccia incrociate dietro la testa e un mozzicone di sigaretta tra le labbra, che sputava il fumo sotto il cielo stellato. Il cappellino blu a coprirgli gli occhi.
«Ash!» gli urlai contro «Eri tu. Sei sempre stato tu» gli dissi a pieni polmoni. «Hai rubato quello che ho scritto per farci un libro? Mi hai sul serio regalato un libro? Il mio libro?»
«Buon compleanno, Meghan» mormorò.
Restai ferma, bloccata vicino la porta «Stai scherzando, spero» tremai nel dirlo. «É il regalo più bello che abbia mai ricevuto in tutta la mia vita. E ti odio per questo.»
«Addirittura mi odi? Siamo davvero tornati all'inizio, allora» borbottò, coprendosi di più gli occhi con la visiera.
«Ti odio perché mi hai spinta tu, a tutto questo. Ti odio perché non ce la faccio a non vederti. Ti odio perché prima discutiamo e poi di nuovo, eccoci qua. Ti odio perché ho voglia di averti intorno e perché mi sei entrato in testa. E non faccio altro che sentire la tua voce che mi irrita, prendermi in giro. Ti odio perché non ti odio. Nonostante tutti i nonostante...»
«E con ciò?» si tirò su e mi guardò profondamente come se stesse aspettando che continuassi.
«Solo per stasera... Solo per stasera, possiamo ancora fingere che non sia tutto perso, tra noi. Ti concedo questo.Una notte. Dopo di che, domani mattina, le cose torneranno al loro posto. Oggi è il mio compleanno e quello che vorrei veramente... É passarlo qui con te.» Parlai in affanno come se ogni parola fosse una liberazione.«A te piace il tempo, Ash. Puoi far finta che sia un altro sogno.»
Mugolò un versetto «E tu ci riusciresti?»Si voltò di nuovo e chiuse gli occhi.
«Non lo so... Perché quando sto con te... Non so più niente.»
«Non dovremmo farlo. Dovresti tornare indietro e andartene» sentenziò con prepotenza nella voce.
«No, non voglio.»
«Non puoi cambiarmi, Meg. Tu vuoi farlo a tutti i costi e non capisco questa tua voglia di trasformarmi in una persona diversa. Una che non sono. Io sono un buco nero e non è vero che i buchi neri sono belli. Smettila di raccontare favole!» ruggì, togliendosi il cappello e passandosi una mano tra i capelli.
«Non è una favola questa!» tentai di spiegarmi. Ma Ash iniziò a parlarmi sopra «Sì che lo è. O almeno, è quello che credi tu. E questa cosa che fai... Quest'indecisione che hai... Mi fa imbestialire... Vai da Aiden, stai con me, poi litighi con me, ti fai consolare da lui... Poi vieni qui e mi chiedi di far tornare le cose a com'erano prima di quella sera... Per che cosa, poi? Per solo una notte?»
«Tu hai iniziato questa cosa!» gli urlai.
«No, io non ho iniziato un bel niente. Hai fatto tutto da sola. Dal primo giorno che ci siamo incontrati in segreteria» mi rimbeccò nervosamente.
«Stai mentendo... Ash, perché mi stai dicendo questo? Perché vuoi che litighiamo proprio oggi?».
Ash non si voltò a guardarmi. «Ash... Ti prego» sussurrai.
Poi sbottai «Perché ho promesso! Ho promesso a tuo fratello, che ti sarei stata lontana! » strillai spalancando le braccia, esasperata.
« Tu...Hai promesso... Cosa? » mi guardò torvo.
«É la cosa giusta da fare.Per tutti e due.»
«É la cosa giusta per chi? Per gli altri... Non di certo per noi» scosse la testa spazientito.
«Sai che Alex ha una cotta per te? Me l'aveva anche confessato... Ed io sono stata così egoista da non dirle niente.»
«A me non interessa Alex» si sbrigò a dire.
«Ma per è importante! É importante la sua amicizia... Così come è importante Aiden!»
Ash si tolse il cappello, mi guardò con gli occhi più tristi che gli avessi mai visto «Ed io? Io sono importante, per te? »
Seguii i battiti del mio cuore, lo raggiunsi e mi lasciai cadere in ginocchio. Stringendolo più forte che potevo. Non servivano parole a quel momento.
Lui le aveva fatto capire cosa volesse dire tenere a qualcuno. Tenerlo dentro. Tenerlo aggrappato. Lui le aveva fatto capire che la paura era solo una scusa inumidita. Meg, non doveva scappare. Doveva restare. Sapeva benissimo che se avesse chiuso gli occhi, anche solo per un istante, avrebbe sentito sempre riecheggiare la sua risata o l'avrebbe disegnato con quegli occhi diversi che la rendevano prigioniera, con quel sorriso così raro che gli ballava sul viso. Lui era un labirinto. Di parole, di profumi, di sapori, di note che le facevano rabbrividire la pelle. Qualcosa che ogni volta la riportava a casa.
Gli presi il viso tra le mani «Ti odio perché quando sto con te, mi sento la persona più felice e debole dell'universo» sembrò che parlassi a me stessa. Ash affondò la faccia sul mio collo, respirò il mio profumo. «Non sei la sola» schioccò con la lingua in un sussurro.
Lo afferrai per il collo della maglietta e lo tirai verso di me fino a guardarlo dalla bocca agli occhi. Sfiorai con le labbra il suo mento, lasciandogli un brivido a rincorrerlo. Ash prese il mio lobo tra i denti e iniziò a morderlo e a succhiare. «Oh, Meg» sibilò, assaggiando il mio collo «Non immagini cosa mi fai dentro.»
Mi agguantò per il retro delle cosce, sollevandomi da terra e posizionandomi sopra di lui.Fece scorrere le sue dita sul collo, sulla clavicola, fino ad alzarmi il vestito per premere direttamente contro la pelle nuda. Iniziò a spingersi sempre più forte mentre impigliava le mani tra i miei capelli e ansimava. Un tremito mi fece abbandonare la testa allʼindietro. Le nostre bocche si univano, staccandosi solo per riprendere fiato. Quei baci consapevoli e vogliosi lʼuno dellʼaltra. Le lingue giocavano a rincorrersi sui nostri corpi. Lo lasciai abbandonare il viso sulla spalla, mentre gli avvolgevo le mani dietro il collo, pregandolo di stringermi ancora di più. Ash sibilò il mio nome parecchie volte. E quanto mi piaceva sentirlo ripetere da lui. Avrei voluto che lo gridasse contro il cielo. Mi guardò negli occhi, come se stesse chiedendo il permesso, annuii e lui scese con la mano ad accarezzandomi il seno, mordendosi il labbro.
Poi tornò su e mi mormorò nellʼorecchio «Tu sei lo sbaglio più bello della mia vita.»
Mi sentii esplodere«Ash...»
E vidi le sue guance arrossarsi. Si tolse la maglietta ed io seguii i contorni del suo tatuaggio sul fianco. Ci staccammo solo per guardarci negli occhi, per attraversarci ancora e ancora e poi ricominciare subito dopo.
 
«Ash» sussurrai alzando gli occhi verso il cielo «Hai mai contato le stelle?»
Lui non distolse lo sguardo da me neanche per un secondo, continuò fissarmi con il mento in su«Non me ne frega niente delle stelle.»
Immerse le sue dita nei miei capelli scarlatti «Tu sei la mia luna Meg, cosa me ne faccio di tutte queste luci appese.»
Ascoltando quelle parole, lo baciai di nuovo, cogliendolo alla sprovvista.
Poggiai la mano contro il suo cuore, per sentirlo battere ancora una volta e lui fece lo stesso.
Mi sentivo viva e reale e sapevo che quello, non sarebbe stato altro che un ricordo felice. O un altro sogno.
Resta pure qui, Ash.
Resta pure qui, quanto vuoi.
Appoggiati a me.
Cuore contro cuore.
E lei legò l'anima alla sua.
Perché il cuore era il suo cuore.
E i suoi respiri divennero quelli di lui.
E lui legò l'anima alla sua,
perché il cuore era il suo cuore.
E i suoi incubi si erano trasformati
nel viso di lei.
E il fuoco iniziò a sciogliere il ghiaccio.
E il ghiaccio iniziò a scacciare le calde paure.
E i ricordi insieme,
mutarono in un'ancora che li avrebbe salvati entrambi.
E così li avrebbe tenuti insieme.
Siamo nel posto giusto, solo quando incontriamo qualcuno che ci fa capire questo: puoi avere tutto il disordine che vuoi, tutte le sconfitte accumulate, tutte le cicatrici ancora aperte, ci sarò io, a rimetterti a posto, a farti vincere una guerra, a curarti il sangue tra gli squali. Ci sarò io, a fare l'amore con le parti di te che non accetti e con quelle che nascondi. Ci sarò io. Ci sarò io, sempre, per te.
È questo vivere?
Sentirsi eternamente spezzati?
Ash chiuse gli occhi «Sarà il nostro piccolo segreto, Meg.»
Mi addormentai tra le sue braccia e il mattino dopo, mi sarei di nuovo svegliata nel mio letto. Questa volta sola. Ash non era rimasto. E mi chiesi se avrei più avuto modo, di sentirlo respirare accanto a me.
 

C'era una volta Alice ( Favole Di Carta )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora