«Ora e per sempre, lascia che sia io.»
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Ad undici anni di distanza, Matilda realizza di essere ancora smarrita nello stesso, maledetto, labirinto.
Dopo essere fuggita dalla famiglia che l'ha costretta a...
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Ero certa di non aver mai provato una nausea così forte, prima di quel momento.
Avevo la testa poggiata contro il finestrino e, dal paesaggio, potevo vedere il confine tra Mississippi e Tennessee farsi sempre più vicino. Mancavano meno di due ore. Meno di due ore e sarei arrivata a casa di Jonny, meno di due ore ed avrei abbracciato Harry per l'ultima volta. Sentivo il cuore battermi all'impazzata ed il mio stato mentale cominciava a ripercuotersi sul mio stomaco, che non riusciva a smettere di brontolare in disappunto. Avevo la gola e la bocca secche, i denti mi tremavano ed il naso bruciava, respirare si faceva più difficile ad ogni secondo che passava. Avevo come la sensazione che qualcuno stesse risucchiando via la vita da me ed era terrificante, continuavo a ripetermi di resistere, che avrei pianto una volta rimasta sola, ma mi sentivo impallidire sempre di più e qualche lacrima sfuggiva ai miei occhi senza chiedere il permesso.
Per le ultime due ore io ed Harry avevamo trascorso il tragitto avvolti da un silenzio tombale. Nessuno sguardo, nessuna parola, nessun sorriso. Lo sentivo allontanarsi, nonostante fosse fisicamente ancora lì, e faceva male come poche altre cose al mondo.
Inspira, espira, Matilda.
Cercai di prendere il controllo della mia mente e la obbligai a pensare a qualcosa di bello e felice, qualcosa che avrebbe potuto distrarmi o tirarmi su—qualsiasi cosa, davvero. Allora mi dissi che di lì a poco avrei riabbracciato Jonny, che avrei trascorso qualche giorno con lui come ai vecchi tempi e ne avrei estrapolato il meglio per portarlo via con me. Mi dissi che mancavano soltanto pochi giorni e sarei tornata dai miei bambini, da Lia, sarei tornata alla mia vita. Immaginai come sarebbe stato aprire la porta di casa e vedere Makayla e Gabriel correre verso di me, stringerli tra le mie braccia e trascorrere l'intera giornata a coccolarli nel mio letto, alzarci soltanto in tarda sera per preparare dei cookies e guardare un film della Disney, falli restare a casa da scuola il giorno seguente per andare in spiaggia con Julia a raccogliere le conchiglie. Ci pensai, ci pensai con tutte le mie forze, con tutte le mie energie e per un paio di minuti funzionò, ma quella nube scura che aleggiava nel van stava crescendo a dismisura ed ero certa che ci avrebbe uccisi se avessimo continuato ad ignorarci in quel modo. E non era volontario, avrei voluto ridere e scherzare con Harry, ero certa che anche lui avrebbe voluto lo stesso, ma non era così facile e nessuno dei due riusciva a farlo.
Quando l'ennesimo cartello al di fuori del finestrino, Tupelo questa volta, indicó il nome della città e la distanza da Memphis, sentii realmente di non riuscire più a respirare ed il mio sguardo scattò sul riccio al mio fianco. I suoi occhi incontrarono i miei a metà strada e lo vidi serrare la mascella. Non disse nulla, ma svoltò bruscamente verso la prima uscita che portava al centro della città e si affrettò a cercare un posto in cui fermarsi. Per un paio di minuti io lo osservai confusa, incapace di tirar fuori abbastanza voce per chiedergli cos'avesse in mente. Soltanto quando trovò un posto nel parcheggio di un motel, capii esattamente che intenzioni avesse e non osai fiatare, perché se c'era un modo giusto – o perlomeno degno – per dirci addio, sapevamo entrambi quale fosse.