31. Un buon inizio

243 28 26
                                    

“𝐇𝐨𝐥𝐝𝐢𝐧' 𝐦𝐞 𝐛𝐚𝐜𝐤, 𝐠𝐫𝐚𝐯𝐢𝐭𝐲'𝐬 𝐡𝐨𝐥𝐝𝐢𝐧' 𝐦𝐞 𝐛𝐚𝐜𝐤,
𝐈 𝐰𝐚𝐧𝐭 𝐲𝐨𝐮 𝐭𝐨 𝐡𝐨𝐥𝐝 𝐨𝐮𝐭 𝐭𝐡𝐞 𝐩𝐚𝐥𝐦 𝐨𝐟 𝐲𝐨𝐮𝐫 𝐡𝐚𝐧𝐝,
𝐰𝐡𝐲 𝐝𝐨𝐧'𝐭 𝐰𝐞 𝐥𝐞𝐚𝐯𝐞 𝐢𝐭 𝐚𝐭 𝐭𝐡𝐚𝐭?
𝐍𝐨𝐭𝐡𝐢𝐧' 𝐭𝐨 𝐬𝐚𝐲, 𝐰𝐡𝐞𝐧 𝐞𝐯𝐞𝐫𝐲𝐭𝐡𝐢𝐧𝐠 𝐠𝐞𝐭𝐬 𝐢𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐰𝐚𝐲, 𝐬𝐞𝐞𝐦𝐬 𝐲𝐨𝐮 𝐜𝐚𝐧𝐧𝐨𝐭 𝐛𝐞 𝐫𝐞𝐩𝐥𝐚𝐜𝐞𝐝
𝐚𝐧𝐝 𝐈'𝐦 𝐭𝐡𝐞 𝐨𝐧𝐞 𝐰𝐡𝐨 𝐰𝐢𝐥𝐥 𝐬𝐭𝐚𝐲, 𝐨𝐡.
𝐈𝐧 𝐭𝐡𝐢𝐬 𝐰𝐨𝐫𝐥𝐝, 𝐢𝐭'𝐬 𝐣𝐮𝐬𝐭 𝐮𝐬,
𝐲𝐨𝐮 𝐤𝐧𝐨𝐰 𝐢𝐭'𝐬 𝐧𝐨𝐭 𝐭𝐡𝐞 𝐬𝐚𝐦𝐞 𝐚𝐬 𝐢𝐭 𝐰𝐚𝐬.”

I bambini erano a scuola da circa un paio d'ore ed io fissavo la pioggia picchiettare contro la finestra del soggiorno da almeno altrettanto tempo

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

I bambini erano a scuola da circa un paio d'ore ed io fissavo la pioggia picchiettare contro la finestra del soggiorno da almeno altrettanto tempo.

Ci avevo provato, ad andare avanti.
Sì, avevo provato a svegliarmi al mattino senza pensare a lui e a vivere come se quella stessa vita lui non me l'avesse cambiata. Però non riuscivo a farlo, non riuscivo a mentire a me stessa.
Era passato un mese e mezzo, all'incirca, era ormai novembre e le giornate soleggiate condivise insieme erano state sostituite dai tipici nuvoloni grigi inglesi, dal freddo e da giornate in cui, al mio fianco, lui non c'era.
Un mese e mezzo e di lui non sapevo nulla, non aveva mai risposto ad una mia chiamata, o ad un messaggio.
Avevo chiesto anche a Jonny se l'avesse sentito, ma escludendo una chiamata a pochi giorni dall'incidente, anche lui ne aveva perso ogni traccia.
Ero preoccupata, e più passavano i giorni, più me lo si leggeva in faccia, mi svegliavo con le palpitazioni e andavo a letto nelle stesse condizioni, passando la notte in bianco gran parte delle volte.
Avevo bisogno di sapere che fosse tutto okay, che lui stesse bene, non riuscire a contattarlo in alcun modo non mi rendeva affatto tranquilla e non riuscivo a fare a meno di pensare al peggio.
La sola idea mi faceva mancare l'aria.

E, ancora una volta quella mattina, afferrai il mio cellulare ed aprii la chat con lui, riascoltando l'audio che Gabriel e Makayla mi avevano supplicato di mandargli qualche notte prima—era Gabs a parlare.

“Dai, Harry, vogliamo darti la buonanotte!”, diceva, perché entrambi mi avevano confessato più volte quanto gli mancasse sentirlo, parlare con lui e ricevere la sua buonanotte.
Io li rassicuravo, dicevo sempre loro che Harry aveva tanti impegni e che, sicuramente, un giorno saremmo riusciti a fare una videochiamata con lui, ma la verità è che non potevo mantenere quella promessa, non avevo idea di dove Harry fosse, o come stesse.

Ed io mi sentivo sola.
Lia era ancora in Thailandia, sarebbe tornata il giorno successivo ed io non vedevo l'ora, ma ero grata si stesse godendo del tempo da sola in totale relax, l'aveva sognato per anni e finalmente l'aveva ottenuto.
Io, d'altro canto, non avevo fatto molto in quell'ultimo periodo, avevo provato a scrivere e mi ero tenuta impegnata con i preparativi per il compleanno di Makayla, che avrebbe festeggiato il suo sesto compleanno all'inizio di dicembre, quindi a breve.
E, a proposito, avevo una torta da prenotare in pasticceria e delle decorazioni da cercare in un negozietto nella zona del porto.
Certo, il meteo non era del tutto ideale per una passeggiata, ma avrei preso l'auto e se la pioggia mi avesse dato una tregua, mi sarei concessa anche di fare due passi.
Di una cosa ero certa, però, non potevo restare in casa o l'ansia mi avrebbe mangiata viva.

𝐋𝐞𝐭 𝐈𝐭 𝐁𝐞 𝐌𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora