16. Non sarà mai solo un bacio

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“𝐆𝐫𝐞𝐞𝐧 𝐞𝐲𝐞𝐬, 𝐟𝐫𝐢𝐞𝐝 𝐫𝐢𝐜𝐞
𝐈 𝐜𝐨𝐮𝐥𝐝 𝐜𝐨𝐨𝐤 𝐚𝐧 𝐞𝐠𝐠 𝐨𝐧 𝐲𝐨𝐮.
𝐋𝐚𝐭𝐞 𝐧𝐢𝐠𝐡𝐭, 𝐠𝐚𝐦𝐞 𝐭𝐢𝐦𝐞,
𝐜𝐨𝐟𝐟𝐞𝐞 𝐨𝐧 𝐭𝐡𝐞 𝐬𝐭𝐨𝐯𝐞.
𝐘𝐨𝐮'𝐫𝐞 𝐬𝐰𝐞𝐞𝐭 𝐢𝐜𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐚𝐦,
𝐛𝐮𝐭 𝐲𝐨𝐮 𝐜𝐨𝐮𝐥𝐝 𝐮𝐬𝐞 𝐚 𝐅𝐥𝐚𝐤𝐞 𝐨𝐫 𝐭𝐰𝐨.”

La leggerezza di quella sera, fu qualcosa che mai avevo provato prima

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La leggerezza di quella sera, fu qualcosa che mai avevo provato prima.

Le strade di Chicago erano popolate da centinaia di persone, volti sconosciuti e storie da scoprire. Le luci della città già illuminavano l'asfalto, i marciapiedi e gli immensi grattacieli – quasi raggiungevano le nubi sparse sull'inizio del tramonto, che presto avrebbe messo a dormire quella giornata.
L'aria si era fatta più fresca, non eccessivamente da coprirsi, ma abbastanza da aver bisogno di un giacchino, una volta tramontato il sole.
Io indossavo un abitino magenta, con le spalline sottili e un'ampia scollatura a V, delineato sotto il seno e morbido sulle mie curve—lungo fino alle caviglie.

Il rumore dei tacchi a spillo neri riecheggiava alle mie spalle mentre passeggiavo e neppure me ne resi conto, ma non riuscivo a smettere di sorridere.
Era innegabile che la conversazione con Harry di due sere prima mi avesse fatto bene, ma non si trattava di quello.
Mi guardavo attorno e quella sensazione di pienezza e completezza mi inondava.
Era come se in quel momento, nella mia vita, non mancasse assolutamente nulla.
Certo, Lia e i bambini non erano presenti, ma nel quadro generale della mia vita c'erano. C'era ogni singola persona di cui avessi bisogno e non mi era mai accaduto prima.

Mancava sempre qualcosa, perfino quando mi sentivo discretamente, c'era qualcosa che mancava e che non riuscivo a trovare.
Ma lì, tra le ampie strade di una città sconosciuta, con la consapevolezza di avere accanto a me – vicine o lontane – tutte le persone che amavo, e con Harry al mio fianco... Io stavo davvero bene.
E non volevo che quella sensazione bruciasse senza che l'avessi prima vissuta a pieno.
Mi lasciai sfuggire un sospiro liberatorio e il mio sorriso crebbe, volsi il mio sguardo verso Harry – i cui occhi erano già su di me – e mi inumidii le labbra, incapace di dar voce alla marea di emozioni dentro me.

«Che c'è?» le fossette apparvero ai lati delle sue labbra e uno sciame di farfalle svolazzò potente all'interno del mio stomaco.

«Sono felice.» Risposi sinceramente, facendo spallucce. Harry spostò lo sguardo sulla strada davanti a noi e sospirò appena, strinse leggermente il suo labbro inferiore tra i denti – senza interrompere il sorriso – e scosse la testa.
Stavolta fui io a chiederlo, «che c'è?», ma a differenza di pochi istanti prima, non arrivò alcuna risposta. O almeno, non vocale.
Il sorriso svanì momentaneamente dalla mia bocca quando sentii le sue dita sfiorare le mie, allora il cuore prese a scalpitarmi con forza contro il petto, e lasciai che le nostre dita si intrecciassero.
Il riccio portò la mia mano verso le sue labbra e ne baciò il dorso, solleticandomi con l'accenno di barba che copriva il suo volto perfettamente curato.
Io rimasi a fissarlo, incapace di proferire parola, pensare o addirittura respirare.
Quella sera era bellissimo, era come se la sua bellezza fosse in un vortice di crescendo senza fine.
Indossava dei semplici jeans e una camicia a a manica corta tappezzata da scacchi colorati e disegni bizzarri – ad ogni scacco corrispondeva un cibo con indicate le proprie calorie – e delle Vans bianche.
Un outfit semplice, ma a lui stava bene qualsiasi cosa e mi era impossibile non ammirarlo.

𝐋𝐞𝐭 𝐈𝐭 𝐁𝐞 𝐌𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora