«Ora e per sempre, lascia che sia io.»
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Ad undici anni di distanza, Matilda realizza di essere ancora smarrita nello stesso, maledetto, labirinto.
Dopo essere fuggita dalla famiglia che l'ha costretta a...
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«Non prendiamo nulla?» chiesi lanciando un'occhiata ad Harry mentre scendeva dal van, dal lato del guidatore. Il riccio mi rivolse un sorriso e poi annuì.
«Soffri tanto il freddo?» domandò, al che corrugai la fronte confusa, lui allungò un braccio verso il retro del veicolo ed io mi avvicinai, tentando di capire cosa stesse cercando.
«Un po', ma dipende dalla situazione, immagino.» Affermai facendo capolino oltre la sua spalla.
«Allora prendiamo un paio di felpe e una coperta,» tirò tutto fuori e me li porse, poi tornò a frugare all'interno del van, «questa mattina ho lavato e tagliato un po' di frutta, dovrebbe bastare fino all'alba.» E in quel momento capii.
Ci eravamo spostati verso Malibu quella stessa mattina, dopo aver lasciato l'Hollywood Roosevelt – hotel maestoso, ma decisamente meno inquietante del previsto. Fino all'ora di pranzo avevamo girato per la città, visitato la villa Getty, scattato foto al molo e passeggiato lungo lo Zuma Canyon. Quest'ultima attività ci aveva sfiancati più di quanto ci aspettassimo, così alla fine ci eravamo fermati a pranzare al Malibu Farm Restaurant, un ristorante di cucina americana moderna dall'arredamento rustico e accogliente. Il cibo era ottimo e non c'era troppa gente, così ne approfittammo per trattenerci un po' più del dovuto. Una volta usciti di lì chiamammo Julia e trascorremmo almeno un paio d'ore in videochiamata con lei e i bambini, per poi concederci un'oretta di riposo nel van.
Ed ora, a qualche minuto dal tramonto e con le facce ancora assonnate, cercavamo di decidere come trascorrere il resto della giornata. E capii che, con due felpe calde, una coperta e della frutta, Harry aveva intenzione di restare in spiaggia fino al mattino successivo. Non avevo mai dormito in spiaggia prima, né ci avevo passato l'intera notte, nonostante vivessi a pochi passi dal mare. E mi sembrava assurdo. Così non potei che essere entusiasta della sua idea.
«Dormiamo in spiaggia?»
«uh-huh,» sorrise chiudendo il van, «e sono sicuro che l'amerai. Questo posto è surreale.» Affermò recuperando le felpe e la coperta dalle mie braccia, scambiandole invece con i tre contenitori di frutta.
«Dove siamo?» domandai. Avevamo parcheggiato in cima ad un'alta scogliera e, dal punto in cui eravamo, non riuscivo a vedere la spiaggia.