Se potessi, descriverei il 2020 come un incidente, violento. Ma violento perché mi sono sentita spinta contro un muro da forze esterne, e dopo mi sono dovuta riprendere da sola.
Quel che ricordo della vita normale di prima, è stare in qualche angolo del bar dell'università, a chiacchierare del più e del meno con un gruppo di ragazze, che poi non sono nemmeno una ragazza da gruppo, ma sono finalmente riuscita a fare parte di uno. A quanto pare chiuderanno l'università per un virus che si sta sempre più diffondendo anche qui in Italia, sembra surreale come cosa, ma quel che cerco di fare, è di godermi la compagnia di queste persone, forse per un'ultima volta.
Ciò che non sapeva la me illusa di allora, è che quella seduta tra di noi sarebbe stata l'ultima, perché non è stato possibile replicarla. Non mi sarei nemmeno immaginata cosa sarebbe potuto succedere in un paio di giorni dopo, l'inizio di un incubo, durato anche fin troppo. Il terrazzo della mia vecchia casa è stata una scappatoia durante il primo lockdown. Le giornate si susseguivano una uguale all'altra da marzo 2020, e per me sembrava potesse andar bene, c'erano dei vantaggi alla fine, svegliarsi con calma, poter stare in pigiama, preparare il pane con il lievito tanto ricercato nei supermercati, seguire i trend di TikTok in piena ascesa. Pensandoci ora, sembra spassoso.
"Passeremo anche questo e un l'indomani ne rideremo". Lo abbiamo pensato tutti, ne sono sicura.
Si suppone che in genere le mura domestiche siano la comfort zone di ognuno di noi, dove ci si sente protetti, un luogo indisturbato, in cui fai ciò che vuoi quando vuoi, in piena libertà. Mi sono ricreduta ma in peggio grazie a questa pandemia. Ho dovuto purtroppo traslocare, in una nuova casa, più piccola e senza terrazzo, inutile dire che l'ho vissuta come un lutto, e tutt'oggi odio questa casa. Ogni volta che varco il cancello mentre torno da qualche parte, la mia gioia fa spazio all'angoscia. Ma questa, è una delle conseguenze che ha lasciato la pandemia nella mia vita, non la più grave, non ricordo però di aver mai odiato stare a casa, non prima di tutto ciò, anzi, adoravo tornare a casa e starci.
Fu così che la casa per me si trasformò in un luogo in cui c'è confusione, non riesco a concentrarmi, lo trovo impossibile.
Dov'è finito quel senso di tranquillità che provavo in casa? Perché lo rivoglio indietro. Invece odio stare dentro queste quattro mura compatte, non si scinde il pubblico dal privato, non si fa niente se stare chiusi dentro, magari anche quando ci sono giornate splendenti. Ma anche se il sole non ci fosse, quanto fa schifo stare dentro casa. Per quanto riguarda i contatti dall'esterno, gli unici con cui si comunica oltre i propri familiari, sono gli amici, compagni di classe/corso e professori, da uno schermo però. Tramite uno schermo si flirta anche ormai, tanto per il contesto che viviamo, ce lo possiamo permettere, non per forza deve nascere qualcosa di serio, perché quando saremo liberi, si tornerà ognuno per le proprie strade facendo finta che non ci sia mai stata un'interazione, neanche dietro un telefono. Che noia.
"Passeremo anche questo e un l'indomani ne rideremo".
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Due settimane in vacanza
Historical FictionLa mia voce, oltre a far parte dell'archivio sonoro di Roma, starà nell'inchiostro di queste ottantuno pagine di diario che vi dedico. Cover credit to model: Kiranjeet Gill