Lacrime

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Maggio è stato un susseguirsi di eventi.
Sono distrutta emotivamente negli ultimi giorni grazie ad un album. Il tutto è avvenuto con una sola notifica di Spotify: "Harry's finally home. Listen to Harry Styles' long-awaited new album 'Harry's house' now". Ammetto che mi ero scordata del suo lancio.

Ero di ritorno qualche giorno fa da Roma, tornavo da una conferenza e mentre mi ero trovata un posto in treno, vedendo questo avviso, ho deciso di sentire la scaletta delle varie canzoni. Inizialmente ci sono state quelle vivaci, orecchiabili e alle quali puoi dimenarti senza fine. Poi sono toccate a quelle dai testi e significati sofferenti. Mi ero dimenticata di come la musica potesse scombussolarci e renderci suscettibili, solo grazie ad una base o a dei ritornelli. Love of my life mi ha stesa con un cazzotto al cuore, facendomi provare sentimenti contrastanti e riflettere ad un individuo che ancora non si sbriga ad arrivare nella mia vita, e tutto ciò che mi rimane è idealizzarlo.

Mi sono scordata anche di scrivere sul cambio del mio look. Ho tagliato i capelli e non sono più così lunghi. Avevo chiesto a mio fratello di tagliarmeli, dato che, se la cava, e stando al verde non posso permettermi di andare spesso dalla parrucchiera, mi è sembrato di ritornare ai tempi del primo lockdown, in cui tutti per non impazzire si tosavano o accorciavano i capelli in casa. Io ho optato per una cosa più cheap e mi sono arrangiata con lui. Glieli avevo chiesti di scalarli mantenendo però più o meno la stessa lunghezza. Inutile dire che è stato peggio rispetto ai parrucchieri che sfoltiscono più del dovuto, perchè mi ha tolto 20cm dalla chioma lunga che avevo. Pace ai miei capelli, con il mio taglio nuovo e medio, ho l'aria di essere Monica Geller, che neanche era tra i miei propositi di quest'anno. Senza offesa a Monica, che di stile da vendere ne ha sempre avuto in Friends. Devo dire che è strano sentirsi la testa alleggerita, è l'unico pro di questa svista, e menomale che lo avevo avvisato di voler conservare la lunghezza.

Ho perciò tagliato i capelli lunghi dopo un anno. "Una donna che si taglia i capelli, è una donna che sta per cambiar vita". Non so sinceramente cosa starà per cambiare, ma l'unica cosa che cambia in modo altalenante è il mio umore. Sono solo capace di piangere come una bambina in questi giorni e non solo per merito della musica, ma anche per opera di mia madre, che è partita insieme a nonna e mio fratello. Sono partiti tutti, e sono rimasta a casa da sola, mia cognata va presto a lavoro e torna tardi; quindi, sono sola comunque durante la giornata. Sono sola proprio nel momento in cui non vorrei esserlo, così provo a trovarmi qualcosa da fare quando torno a casa, tra vari elaborati da scrivere e riassunti, la mia giornata passa così davanti allo schermo del pc, non so nemmeno più come si sta fuori e cosa si combina nel mio paesino.

Sì, è un periodo di ripresa il mio, lo sento, ma allo stesso tempo sto pensando a ciò che mi aspetta nei mesi a venire, ovvero, la sessione estiva e da dove iniziare con gli esami, che sono rimasti arretrati con il passare del tempo. Non ho idea di come fare, ma qualcosa toccherà inventarmi. Il primo requisito, se non quello più importante c'è, la concentrazione.

Sento una sensazione pesante al petto ora che ci penso, per via della fine di quest'anno accademico, una certa malinconia avvolgente attorno al cuore. E poi sono successe un po' di cose da ottobre e ora siamo a fine maggio. Ho recuperato in questi mesi, ciò che mi sono persa in due anni. C'è stata un'apertura che pensavo di non vedere mai, ho conosciuto un paio di persone, ne ho persa qualcuna strada facendo, anche se avrei voluto mi accompagnasse lungo questo cammino travagliato. Senza farmi mancare niente, è capitato di discutere in modo acceso a causa di un malinteso e sono stata male per questo, piangendo di nuovo anche qui. Ho però visitato anche vari posti, sono andata a dei convegni, ho preso parte ad un progetto, visitato mostre, e tutto ciò nel giro di un mese. In realtà da marzo in poi sono stata leggermente carica, anche dal punto di vista accademico, studiandomi un piano per poter ripartire con gli esami dopo un blocco micidiale, che mi ha resa anche ignorante a mio parere, e me ne vergogno.

L'apice della sofferenza l'ho raggiunto con l'ultima lezione di letteratura russa. Potevo anche non andare. Mi sono comunque recata, anche se ero già demoralizzata di mio; infatti, quelle due ore di lezione non hanno fatto altro che infierire sul mio umore traballante. Come mai? È la prima volta credo che mi dispiace veramente per la fine di un corso che ho sempre seguito e non era mai successo, neanche in DAD, non c'era nulla di speciale in quella modalità. Non sono stata così interessata ad una materia da tempo, da anni e ora è finito tutto. Partecipavo a lezione alzando la mano e intervenivo anche, scambiando pareri, grazie al fatto che ho testimonianze in famiglia, e io non intervengo mai a nessuna lezione generalmente. Non parlavo ad una lezione dalle elementari. Mi sono resa conto così, che ho raggiunto un altro traguardo, io che non voglio essere vista e sono quasi sempre riservata, con la conseguenza di parlare anche con persone che non conoscevo, solo grazie ai miei interventi.

Il momento in cui il pianto stava per giungere al culmine coincideva con il discorso fatto dal mio professore per concludere il corso così:

"Il '91 frammentò la storia in due grandi blocchi lasciando il popolo agente in un mondo nuovo, catapultati in un mondo nuovo. La frattura nel libro è di generazioni, che avevano vissuto l'utopia, che avevano vissuto allontanamenti, dolori, lasciando una fetta di popolazione come stranieri nella propria patria, che dovevano affrontare l'instabilità. Aleksievič dà voce senza filtri alla varietà umana al panorama di individui, che si trovano ad affrontare l'imminente frammentazione di quella che percepivano come la loro casa. Viene data voce alle microstorie quotidiane a chi visse in prima persona questa instabilità. Questo romanzo è un flusso di coscienza di un popolo spaesato, in cerca di un nuovo senso identitario, di una nuova utopia. Storie private, di illusioni, di separazioni, di grandi illusioni che la grande storia avrebbe offerto".

Udire tutto ciò non ha generato che una commozione incontrollabile, la quale ho gestito facendo finta di smanettare al pc prendendo appunti, in modo da distrarmi anche. Quindi ignorando. Di per sé non sarà stato speciale per gli altri studenti presenti, che erano tranquilli, mentre io ero pervasa da emozioni discrepanti, causate dal pensiero che andava verso mia madre in quel momento. Pensavo a come avesse dovuto lottare per continuare a vivere e come si fosse trovata costretta a lasciare la sua, la mia patria, e quella di tutta la mia famiglia. Moltissimi come noi, hanno dovuto affidarsi ad un piano B e cambiare completamente vita. A dirla tutta, mi mancava mamma in quel momento, ed era stato anche il suo compleanno il giorno prima. È stata la prima volta che non abbiamo potuto festeggiarlo insieme da quando ci siamo ricongiunte, mentre ora siamo a 2340km di distanza. Inoltre, è nata lo stesso giorno dell'autrice alla quale si accenna in quel discorso, che coincidenza strana.

Avrei voluto tanto avere coraggio di andare a salutare il nostro docente, poiché ha fatto un ottimo lavoro, ma ero di nuovo ad un pelo dal piangere. Con quella lezione finiva anche il mio primo anno da fuoricorso, evento che mi ricordava come fosse passato il tempo e questo alimentava ancora lo sconforto.

Sì, ero molto, tanto, altamente emotiva. Ho perso il conto di quante volte mi sia dovuta asciugare gli occhi in treno, mentre ero circondata da gente ed ero di ritorno per l'ultima volta da lezione. Per (s)fortuna la mascherina copriva la mia triste espressione, ma poco mi avrebbe importato se mi avessero vista in quelle condizioni, avevo le mie ragioni. Ero e sono un'umana che piangeva perchè si sentiva viva dopo tanto tempo, perchè provava finalmente pathos dopo un prolungato periodo di apatia. Ho pensato a lungo all'uso di un defibrillatore, pur di sentire uno scossone. E per quanto possa essere stata tosta la voglia di piangere, sapevo bene di essermi sbloccata dall'inerzia, che mi costringeva ad una passività fino a farmi sembrare la vita sciapa.

Ho avuto un nodo alla gola accompagnato dagli occhi lucidi per l'intero viaggio, e non sapevo come controllarmi più, se non evitando di ascoltare musica strappalacrime, o qualsiasi altra cosa che mi ricordasse il passato. Ho perciò iniziato a pensare a tutte le piccole gioie vissute da marzo in poi. Ero viva alla fine, ma non sapevo più come reggere le emozioni e mi sarei dovuta riabituare come una volta, e non me lo aspettavo proprio. Ho poi controllato l'app che gestisce il mio ciclo mestruale, e ad aggiungersi erano un po' anche gli ormoni.

Sono tornata a casa e sono scoppiata in un pianto liberatorio, che avevo intrappolato per un anno, ma sapevo benissimo di essermi finalmente riappropriata del mio cuore e di me stessa.

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