24 aprile 2022
Mi è arrivata una mail sull'indirizzo istituzionale, che ho aperto con molta nonchalance e che stavo quasi per ignorare, ma ho in seguito letto il contenuto che enuncia tale messaggio:
"Care ragazze,
cari ragazzi,
[...] Sono giorni difficilissimi per quanti, come me e come voi, studiano con passione le culture slave. [...] Dopo aver riflettuto, ho deciso di dare forma a un progetto a cui lavoro da più di un anno, ri-pensandolo, a partire dalla drammatica realtà. Per questo progetto avrei bisogno della vostra collaborazione e mi permetto di chiedervi aiuto.
Vorrei pregarvi di darmi una mano a contattare studentesse e studenti che abbiano legami familiari con i mondi e le lingue slave, in particolare ucraina/bielorussa/russa, ma non solo, e che abbiano voglia di raccontare il loro legame con questi spazi, attraverso il racconto delle loro storie di famiglia. Se qualcuno di voi, dei vostri amici, compagni di corso, conoscenti è interessato può scrivermi sulla posta elettronica.
Vi ringrazio di cuore fin da ora per qualsiasi aiuto potrete darmi
Un carissimo saluto,
BR."
Era da parte di una professoressa, la quale ho conosciuto tempo fa, e che ora ha contattato chiunque per testimoniare nel suo progetto, e in particolare, cercava studenti provenienti dall'est Europa, da poter dimostrare anche come vivessero i parenti all'estero la situazione della guerra ucraina. Nonostante la velocissima occhiata e con aria diffidente a questa mail per comprenderne meglio la sostanza, ho pensato che fosse grandiosa come idea, ma non ero attratta, come già detto dalle prime righe, stavo anche per ignorarla.
Il fato ha voluto che, la mia compagna di università e non che cara amica, mi mandasse addirittura lo screen di tale mail, cercando di spronarmi all'idea di prender parte a questo progetto, al quale non pensavo nemmeno di avere i requisiti adatti. Mi sono sentita scettica pensando se partecipare o meno, dato che di mio sono una persona molto riservata, talmente riservata che non saprei cosa offrire per quest'iniziativa, insomma, penso anche di avere meno informazioni di altri che sono più vicini alle zone della Russia. Avevo infine risposto alla mia amica con un semplice "Ci penserò, grazie per avermelo inviato", anche se la mail l'avevo già vista da un pezzo. Ogni tanto tra una lezione e l'altra di letteratura russa, in cui veniva spiegata la repressione staliniana, pensavo a mia cugina in Russia e a come una giovane come lei potesse vivere ora, sola soletta, tanto che l'ho contattata una volta dopo lezione perchè mi era venuta in mente.
Essere ritornati un pochino alla normalità, mi ha fatto riflettere sul fatto che sono una procrastinatrice seriale e che avrei dovuto approfittare di tante cose prima dei lockdown. Mi sono promessa quindi, di prendere al volo qualsiasi occasione pur di tornare attiva, mentalmente o fisicamente parlando e di vivere secondo quella filosofia del cosiddetto YOLO, 'you only live once', 'si vive una volta sola'. Chiamala come ti pare, ma era un acronimo usato e dal quale erano tutti ossessionati dieci anni fa. Ebbene è forse giunto il momento di provare a vivere secondo questa sigla.
Di conseguenza, la sorte ha voluto nuovamente mettermi alla prova e convincermi senza demordere, a contribuire al progetto.
Uno di questi giorni, mentre mi stavo incamminando verso l'uscita dell'università dopo lezione, il nostro professore di letteratura russa, un bel pezzo di strada più avanti a me, si gira dicendomi di essersi dimenticato di comunicarci un fatto importante e mi ordina di richiamare tutti, come se fossi un pastore che raduna il suo gregge di pecore. Una volta raccolti tutti i compagni di corso in mezzo al corridoio, ci parla del programma della sua collega, invitandoci a partecipare caldamente nel caso avessimo parenti nel mondo slavo. Alla domanda "Chi ha parenti in Russia?" nessuno ha riposto. Ero l'unica dell'est Europa lì in mezzo, perciò ho deciso di alzare la mano e di far uscire fuori dal guscio la nuova Maria. Era giunta l'ora. Dovrei prossimamente mandargli una mail per l'adesione.
Dopo essermi esposta, ho avuto un momento di pentimento, perchè forse è ciò che si prova quando si prova ad uscire dal proprio comfort zone no? È scocciante all'inizio e non si sa a cosa si andrà incontro, e poi, aggiungiamoci l'essere fuoricorso e doverlo condividere prima o poi con più persone. Pensare a queste cose mi procurava un po' di disagio. Farmi conoscere mi causa fastidio, eppure quando ero arrivata qui in Italia, ero una bambina vivace che parlava anche con le mattonelle per terra.
Voglio tenere fede alla parola che mi sono data. Mi impegnerò a questo progetto, anche se ciò implicherà esternarsi come persona. Eppure, è ironico, perchè chiusa in casa lo avrei fatto in un battito, mentre ora, vivo tra la tensione sessuale di voler essere vista e allo stesso tempo voler passare inosservata. Non passo comunque inosservata anche quando vorrei, per via del mio aspetto pallido e i capelli castano ramato, per alcuni è facile ricordarmi. Ma qui mi metto in gioco da sola e non penso verrò mangiata. Alla fine, è solo dover socializzare di nuovo, conoscendo altri studenti e altre figure istituzionali.
Non è facile per niente ripartire e provare a fare qualcosa che tiri fuori la personalità di ognuno di noi, dopo che si è stati al buio giorni interi, rivedere la luce in fondo al tunnel diventa quasi fastidioso perchè non si è abituati. Così, automaticamente si tende a pensare di essere inadatti e condividere l'esperienza al buio diventa la sfida più grande, ma farò in modo di contribuire senza dover parlare della pandemia.
Mi sento come se fossi stata spinta contro un muro, procurandomi un livido gigantesco su una parte del corpo, che non posso coprire al mondo esterno e cercassi di nascondere questo livido, perchè potrebbe essere visibile e considerato come segno di vulnerabilità. Sì, penso che la salute mentale sia considerata come una ferita di cui vergognarsi e no, non mi sono potuta nemmeno permettere uno psicologo. Solo ora sta uscendo il bonus psicologo, dopo che mi sono rimboccata pian piano le maniche, si è deciso di generarlo, dato che i giovani forse hanno patito la pandemia a livello mentale. Si sono accorti di noi. E ora, dopo i vari bonus, di cui quello per la bici; per il monopattino; per le vacanze, mi sarei beatamente asciugata il sudore, concedono finalmente quello per le sedute dallo psicologo. Che geni.
Potevamo benissimo lanciarci dalla vetta di una montagna tutti insieme appassionatamente, che avrebbero generato un altro bonus: per il triciclo.
È scomodo, disturbante, imbarazzante e faticoso dover ritornare in superficie alla luce, ma nessuno ti avvisa di questa seccatura, fin quando non la provi e non puoi fare altro che tentare. Ho pensato per un anno intero che le mura domestiche fossero diventate un luogo sicuro, anche se le destavo e lo faccio tutt'ora, ma la realtà è che la normalità di una volta mi spaventa, per quanto io dica di essere pronta a cogliere ogni tipo di opportunità. Riprendere le attività che una volta erano banali, come conoscere e socializzare con un intero collettivo. È un processo al quale mi dovrò riabituare insieme a tanti altri studenti.
Mi ritrovo a sottovalutare le potenzialità che potrei avere a causa della sindrome dell'impostore, la quale mi fa credere che ciò che ho ottenuto, sia da attribuire a fattori esterni come la fortuna o il tempismo. Mi è capitato nell'ultimo anno di soffrirne di più e di vivere questa condizione emotiva molto più intensamente. È incredibile come la mia mente cerchi di convincermi di avere bassi livelli di autostima e inadeguatezza da vendere. Ne soffrivo anche prima e forse ero brava a tenerla sotto controllo, ma con la pandemia si è accentuata. E se non avessi mai avuto le competenze di cui ero convinta e con la pandemia fosse uscita la vera versione di me? Vorrei tanto che arrivasse qualcuno a dirmi che mi sto sbagliando e basta. Invece devo essere io a scardinare tutti questi pensieri intrusivi.
Ho preso e come parte al progetto, mandando anche un'e-mail di conferma che mi sarei presentata il giorno previsto dall'ideatrice, la quale insieme al mio professore hanno accolto con molto entusiasmo l'adesione. Ci siamo ritrovati tutti in un'aula, seduti in cerchio come gli alcolisti anonimi, e per di più ci siamo dovuti presentare uno ad uno, parlando le nostre origini e rivelando qualcos'altro su di noi.
Ad essere sincera, me la sono cavata, forse perchè la vedevo come una sfida personale quella di conversare davanti a tutti, compresi i professori. L'artefice del progetto credo mi abbia simpatizzata, non perchè sia vanitosa, ma perchè aveva da subito imparato il nome rivolgendosi a me varie volte. Ho conosciuto studenti dall'Ucraina, dalla Russia e dalla Polonia ed eravamo aggregati lì per una buona causa, senza che lo scompiglio presente nella politica si rispecchiasse su di noi.
Tra il dire e il fare, c'è di mezzo il mare
Il mare che c'è in mezzo tra queste due azioni è la mia mente ancora turbata. Ma potrei fare come Mosè, e perchè no, attraversarlo questo mare.
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Due settimane in vacanza
Historical FictionLa mia voce, oltre a far parte dell'archivio sonoro di Roma, starà nell'inchiostro di queste ottantuno pagine di diario che vi dedico. Cover credit to model: Kiranjeet Gill