3

3.2K 112 244
                                    

Alle sei del mattino New York è già sveglia e attiva. Lo stesso, però, non si può dire della sottoscritta.

Non vedo l'ora di prendere un bel caffè, anche perché se non lo facessi i miei organi potrebbero collassare da un momento all'altro. Se solo Victoria si sbrigasse ad uscire da quel bagno...

«Hai finito?», sbotto un po' impaziente da fuori, il viso vicino alla porta affinché possa sentirmi.

«Quasi», sento rispondere ma con poca convinzione. Infatti, passano altri dieci minuti prima che io possa finalmente entrare.

«Ce l'hai fatta!», esclamo già esausta. «Che sia chiaro, da domani vado prima io altrimenti ogni volta arriveremo in ritardo», affermo decisa guardandola feroce negli occhi, anche se sappiamo bene entrambe che è un fare scherzoso, il mio. Per ora.

Mi chiudo la porta alle spalle e, veloce come il vento, entro in doccia. Qui momentaneamente la mia preoccupazione si arresta, merito dell'acqua calda che fa miracoli. Per questo, riesco anche a godermi quei pochi minuti di relax prima di uscire dal box e avvolgermi in un asciugamano abbastanza grande da coprirmi interamente.

Mentre pettino con attenzione i miei capelli bagnati, mi osservo allo specchio e ritorno indietro nel tempo, pensando a quanto sia cambiata da quando ho iniziato a studiare medicina.

Il viso è sempre lo stesso, solo un po' più maturo. Sulla pelle, però, sono evidenti gli anni di fatica, accentuati dalle inevitabili occhiaie mattutine che sembrano non volersene mai andare.

Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi per poco, con la speranza di recuperare la concentrazione per superare senza problemi questa giornata. Poi, inizio a truccarmi leggermente e infine ad asciugare i miei lunghi capelli castani.

Una volta pronta, scappo in camera dove cerco qualcosa da indossare che sia comodo e, quando finalmente lo trovo, lo indosso.

Victoria ed io riusciamo ad uscire dall'appartamento all'incirca verso le sei e mezza, decise a fiondarci subito nel primo locale che troviamo per comprare un beverone di caffè, ma di quelli grandi.

Sul marciapiede ancora bagnato il rumore dei nostri passi si mescola a quello di tutti i mattinieri come noi.

«Secondo te ci basterà per tenerci sveglie fino a stasera?», mi chiede la coinquilina un po' scettica.

A lei piace solo Starbucks. Originale come sempre.

«Sì, Vic», mormoro scuotendo leggermente la testa alle sue parole. «Lo sai bene che effetto ti fa anche una sola goccia di caffeina», aggiungo accennando una risata.

«Hai ragione, è probabile che stasera non riesca nemmeno a chiudere occhio», ammette alzando un sopracciglio, come se nella sua testa avesse appena passato in rassegna ogni volta in cui ha trascorso la notte insonne per aver bevuto troppo caffè. Che personaggio bizzarro, questa ragazza.

Il tratto dal bar all'ospedale è relativamente veloce, e infatti non abbiamo avuto nemmeno il tempo di fare due chiacchiere come si deve che siamo già arrivate di fronte all'entrata, sempre enorme come l'abbiamo vista per la prima volta pochi giorni fa.

«Ho paura», esordisce Victoria mordendosi un labbro, gli occhi puntati sulla grande insegna che riporta il nome "Artemis General Hospital" con a fianco disegnato il simbolo del bastone di Esculapio, emblema della scienza medica.

«Anche io, ma ormai siamo qui e non possiamo più tirarci indietro», affermo con tono deciso, ma più per convincere me stessa che lei.

«Volendo, potrebbero cacciarci se facciamo schifo», mormora inclinando di poco la testa, quasi come se stesse prendendo in considerazione l'idea di farla grossa intenzionalmente per trovare una via d'uscita.

Legame di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora