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Il giorno dopo l'annuncio, in un momento di grande euforia, Nathan aveva deciso che avremmo dovuto goderci un weekend insieme per celebrare la lieta novella. E dopo due settimane credo che sia arrivato finalmente il momento di farlo.

Inizialmente, la sua idea era quella di festeggiare nel luogo in cui ci siamo conosciuti. Sarebbe, però, stato impossibile dal momento che il destino ci ha fatti incontrare, o meglio rincontrare, in ospedale.

Tuttavia, mi è venuto un lampo di genio, forse.

«Amore, che ne dici se domani andiamo a fare un picnic a Central Park e poi la domenica rimaniamo a casa a coccolarci?», chiedo guardandolo dal basso mentre gli afferro le mani per stringergliele.

«Non ci avevo pensato», mormora prima di mordersi leggermente il labbro inferiore. «Però non sarebbe l'ideale con queste temperature gelide, non credi?», mi domanda a sua volta regalandomi, comunque, un enorme sorriso.

«Hai ragione», sussurro ragionandoci ancora un po' su. «Allora potremmo limitarci a una passeggiata mano nella mano», suggerisco.

«Per me va benissimo, ma tu te la senti? Voglio dire, sei incinta non di uno ma di ben due bambini. Non ti stancheresti subito?», la sua domanda mi porta subito a sorridere dalla premura che dimostra di avere nei nostri confronti.

Non lo dà molto a vedere, ma in realtà è terrorizzato che possa succederci qualunque cosa. In questi giorni non voleva nemmeno che andassi in bagno da sola.

«Sono incinta di quasi tre mesi. I nostri figli sono ancora piccoli e non troppo pesanti, non devi preoccuparti, ok?», lo rassicuro portando una mano al suo viso per accarezzarglielo dolcemente prima di rubargli un bacio sulle labbra. «Nel caso in cui mi dovessi stancare, potremmo sederci su una panchina. Saresti più tranquillo così?», gli propongo.

«Decisamente», afferma sempre con un sorriso smagliante, che a distanza di qualche mese mi fa ancora sentire le farfalle nello stomaco.

«E comunque non sono una bomba ad orologeria. Lo sai meglio di me, dottore», stresso l'ultima parola divertita, cosa che lo porta a ridere teneramente.

Vivo per i suoi sorrisi e le sue risate. Hanno il potere di spazzare via qualsiasi pensiero negativo che mi naviga per la testa.

«Sono un cardiochirurgo, non un ginecologo», si difende prima di appoggiare la testa nell'incavo del mio collo, dove lascia un leggero bacio che mi fa rabbrividire.

«Però il corpo umano lo hai studiato tutto a medicina, no?», ribatto ridacchiando mentre lo accolgo volentieri fra le mie braccia.

Sono questi i momenti che amo, quando mio marito finalmente si libera dalla sua maschera da uomo freddo e scorbutico per lasciare posto al suo vero sé, dolce e tenero.

«Certo, ma vengo a saperne sempre di più ogni volta che sei sotto di me», sussurra sensuale al mio orecchio.

«Nathan Wood, sei un essere spregevole!», esclamo allontanandolo da me con fare scherzoso.

Tuttavia, le mie guance si colorano subito di rosso.

La verità è che, nonostante ormai lui conosca il mio corpo a memoria e mi abbia visto più e più volte nuda, mi imbarazzo lo stesso a parlare dei nostri momenti di intimità.

«Sei bellissima quando arrossisci», ammette prima di avvicinarmi di nuovo a lui prendendomi per i fianchi. «Mi hai fottuto completamente il cervello. Te ne rendi conto, vero?», sussurra dolcemente sulle mie labbra che, in pochi secondi, fa sue baciandomi.

«È la mia arma segreta per farti fare tutto ciò che voglio», mormoro lasciandomi andare a una risata divertita che, però, si trasforma in un piccolo urlo quando Nathan mi solleva per farmi sedere sull'isola della cucina.

Legame di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora