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Avete presente quella sensazione di gravosità che vi opprime quando vi sentite in colpa per un qualcosa che, in realtà, non dovrebbe minimamente toccarvi? Come se aveste un peso sul petto e sullo stomaco con la stessa forza di abbattervi di un wrestler professionista?

Ecco, io sto provando esattamente la stessa cosa.

È da un paio di minuti che Victoria parla senza interruzioni, ma io non la sto propriamente ascoltando.

Il suono che esce dalle sue labbra è ovattato, lontano.

La sento blaterare in continuazione, mentre con la coda dell'occhio la vedo gesticolare come una furia. In realtà, però, non sto assolutamente prestando attenzione alle parole che escono dalla sua bocca né la sto guardando con l'intenzione di capirci qualcosa.

L'unica cosa, o meglio persona, con la quale la mia mente sta avendo la mia attenzione in questo momento è Nathan.

I miei occhi, invece, rimangono fissi sul mucchio di vestiti bagnati che lui ha lasciato a terra. La divisa blu, infatti, giace immobile a pochi passi dal mio armadietto, proprio vicino alla cesta all'interno della quale solitamente noi studenti lasciamo le nostre divise sporche.

Mi chiedo che cosa si sia messo addosso se quella era l'unica cosa che aveva prima che... beh, sappiamo tutti cosa è successo.

Abbiamo fatto l'amore, di nuovo.

Mi ha sedotta, di nuovo.

Mi sono lasciata sedurre, di nuovo.

Avrei potuto dire no o spingerlo via, e invece l'ho accolto tutt'altro che lamentandomi.

Ho lasciato che mi facesse sua, e mi è anche piaciuto proprio come l'altra sera.

Il suo profumo mi inebria.

I suoi occhi verdi come smeraldi mi fanno sentire le farfalle nello stomaco quando mi guardano.

Le sue mani grandi sul mio corpo mi fanno sentire cose che nemmeno io so spiegarmi, percorrendomi come se mi conoscesse da secoli.

Il potere che ha su di me è forte. Mi sembra quasi di essere sotto una sorta di suo incantesimo. Non saprei come spiegarmi tutto ciò, altrimenti.

Forse sono nei guai.

Togliamo il forse. Sono nei guai.

Credo di provare qualcosa per Nathan, e questa non è affatto una buona notizia.

«Olivia? Ma mi hai sentito?», la mia migliore amica sta sventolando la mano davanti ai miei occhi da quelli che credo essere cinque buoni minuti.

La sua espressione non può essere da meno.

«No, scusa», ammetto ritornando alla realtà, anche se la sensazione di soffocare e andare giù come se stessi affogando nell'oceano non accenna ad abbandonare il mio corpo.

Solo adesso che rivolgo completamente lo sguardo verso Victoria noto che il suo viso si è fatto decisamente più colorito. Le sue guance, infatti, mi ricordano le mie in inverno quando, dal freddo, diventano tutte rosse.

«Quindi quello che ti ho detto ti è entrato da un orecchio e ti è subito uscito dall'altro, giusto? Anzi, che dico, nemmeno ti è entrato nella testa!», esclama dandomi un colpetto sulla fronte, come ad indicarne la durezza.

È un messaggio in codice che grida "Olivia, sei una testa di rapa!" in mille lingue diverse. Come darle torto.

«Ora dimmi, cosa ti è passato per la testa quando hai deciso di andare nel suo letto?», mi chiede a denti stretti. «È il nostro capo, Olivia! Lo sai che non sono ammesse relazioni tra colleghi. Ti licenzieranno non appena lo verranno a sapere, ti rendi conto? Dovete ringraziare che ci fossi solo io qui dentro, entrambi», continua a parlare mentre cammina frenetica da una parte all'altra. Lo fa sempre quando è su di giri.

Legame di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora